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La partita per il sindaco
  
di Giuseppe FLORIO

LA PARTITA PER IL SINDACO

 

“L’Amministratore ha complessivamente deviato dalla natura imprescindibile di educatore civico, assumendo cattive propensioni e quindi offrendo il cattivo exemplum al cittadino”

Il fronte che si è aperto a Mesagne nelle settimane passate per decidere il prossimo candidato Sindaco del Centro-sinistra, è stato in realtà una doppia partita: una che si è giocata con l’attuale Sindaco, Mario Sconosciuto, ed una che egli stesso giocherà. Innanzitutto partiamo da un bilancio quasi definitivo della legislatura che ormai volge alla fine: l’Amministrazione Sconosciuto ha vivacchiato, mediamente non brillando né peccando quanto alla gestione della cosa pubblica; ha però il merito di aver dissipato il clima di viscosi sospetti, poi rivelatisi infondati, che aleggiava nel precedente quinquennio; ha infine la responsabilità di aver elevato alcune usanze scadenti a inedito sistema di regolazioni istituzionali e private. Guardando a ciascun settore amministrato e poi al governo della Città nella sua interezza, ci si rende facilmente conto di come il decennio delle Giunte Faggiano e Franco, comunemente considerato della Primavera mesagnese, abbia subito una battuta d’arresto in termini di stagnazione della qualità e di propulsione dell’etica pubblica; e ciò per cause diverse.

Interessa specificare, tuttavia, che se l’attuale non sarà ricordato come un buon Governo, non potrà neanche essere definito cattivo: piuttosto, le notazioni negative deriveranno oltre che dalla mancata realizzazione di alcuni punti programmatici caratterizzanti (tra tutti svetta la penosa paralisi del piano regolatore, mancato volàno dell’economia locale), da alcuni comportamenti obliqui, doppi, meschini, di chiusura mentale, ristrettezza culturale e lassismo morale che hanno ben presto dilagato, assurgendo a costumi predefiniti ed esclusivi. Ne elenchiamo succintamente alcuni, augurandoci di vederli sepolti prestamente, sotto una spessa coltre di sostanziosa sobrietà e di silenzioso attaccamento alle Istituzioni: l’ossessione di comunicare il poco fatto o l’irrealizzabile nulla; la predilezione per le scorciatoie e per le vie traverse; il progressivo depotenziamento del Consiglio Comunale; le riunioni di maggioranza ritenute una iattura; l’utilizzo di corridoi, stanze claustrofobiche, sagrestie per confabulazioni multilaterali e irrituali; l’assoluta assenza di riservatezza; la mancata assunzione di responsabilità; la parola data e infine tradita. In buona sostanza, l’Amministratore ha complessivamente deviato dalla natura imprescindibile di educatore civico, assumendo cattive propensioni e quindi offrendo il cattivo exemplum al cittadino. Volendo rintracciare almeno le responsabilità portanti di questa vicenda, se ne enucleano un paio: una attribuibile al disfacimento della struttura e della natura stessa dei partiti politici – che ha causato vari epifenomeni, come l’impazzimento del sistema di valori di riferimento – e una all’interpretazione fallace della nuova legge di elezione diretta del Primo cittadino.

La mediocre risultanza dell’Amministrazione in carica è in linea di massima frutto del combinato disposto di partiti allo sbando (alcuni impossibilitati a ben funzionare per non aver saputo allevare una nuova giovane classe dirigente, altri per averne allevate di clamorosamente inadeguate, tutti insieme privi di opportune bussole ideali) e di un Sindaco che non ha voluto farsi forte della sua originaria autorevolezza  morale e che non ha saputo intercettare lo spirito della legge che gli chiedeva di avvalersi del rapporto diretto con il corpo votante, senza farraginose intermediazioni con le segreterie politiche. A ciò dobbiamo aggiungere le emergenze cadute come tegole sulla testa degli amministratori, a partire dall’enormità di una vicenda giudiziaria sgonfiatasi proprio in questi giorni nel modo eclatante in cui si era avviata, e proseguendo con l’alluvione che ha analogamente segnato i destini psicologici già fragili di Assessori e Sindaco. Il fatto incredibile accade, a sorpresa, all’inizio dell’anno, quando, inaugurando un modo nuovo di fare il Sindaco e parlando un linguaggio a cui non era aduso, Mario Sconosciuto annuncia alla Città di non volersi ricandidare: direttamente alla Città, e senza averne mai parlato ufficialmente nelle sedi opportune! La notizia, anziché suscitare lo scalpore dovuto, cade come un grano di piombo su un letto di bambagia, a dispetto dei fuorisciti di A Sinistra che provano ad esaltarne la portata. Uno sfogo? Un’operazione tattica spregiudicata? Intanto un modo di aprire la questione, tutta interna al centrosinistra, data l’essenziale inconsistenza delle opzioni dello schieramento delle destre. Entro l’estate e comunque non dopo Settembre, si affronterà il paradosso di dover affermare che la candidatura migliore rimane comunque quella di Sconosciuto; egli stesso, se accetterà, dovrà necessariamente porre ineludibili condizioni che ne rinsaldino la caratterizzazione politica; i partiti, se accetteranno, dovranno a loro volta pretendere il rispetto di regole finora tralasciate, di impegni tuttora ignoti; e tutti insieme serrare le fila di un rassemblement rinnovato, trasparente, motivato e soprattutto scevro da commistioni innaturali con profughi opportunisti provenienti da altre esperienze, pronti come al solito a saltare sul carro dell’annunciato vincitore.

 

 

 


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