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ARTE/ Tesori nascosti dell’Ottocento
In mostra a Piacenza la quadreria di un sensibile e raffinato collezionista

  
di Michele DE LUCA

Un inedito itinerario all’interno della pittura della “macchia”, volto a studiare con rinnovata attenzione il suo sfaccettato,

Tra i tanti motivi di interesse culturale e di richiamo turistico che offre la città di Piacenza un posto di sicuro rilievo occupa la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, costituita dalla competenza e dal gusto di un mecenate – Giuseppe, nato nel 1868 e scomparso nel 1937) – che dai primi anni del Novecento riunì una vasta collezione di dipinti, sculture ed opere grafiche allo scopo di comporre una raccolta organica che andasse dall’Ottocento romantico fino ai suoi contemporanei. Nel 1924 egli donò tutta la sua collezione, comprendente oltre quattrocento pezzi, alla città natale, facendo anche costruire a sue spese l’edificio destinato ad ospitarla, su progetto gratuito dell’architetto piacentino Giulio Ulisse Arata; l’inaugurazione della galleria si tenne nel 1931, assente il donatore, troppo schivo per partecipare alla cerimonia, alla presenza dei principi Maria Josè ed Umberto di Savoia.

Si tratta di un’istituzione davvero singolare non solo per la qualità delle opere che vi si conservano (basti pensare alla impressionante serie dei dipinti di Antonio Fontanesi, a quella non meno rilevante di Antonio Mancini, oppure ai capolavori di Boldini, Zandomeneghi, Medardo Rosso, Michetti, Sartorio, Boccioni, Nomellini, Carena, Casorati e De Pisis), ma ancora di più per la coerenza e le scelte del collezionista che consentono un ideale viaggio all’interno delle arti figurative tra il primo Ottocento e la prima metà del Novecento.

In una struttura che deve tutto (raccolte e contenitore) ad un grande collezionista come Ricci Oddi, è apparso narturale, quasi un “debito” nei confronti del fondatore, programmare una serie di mostre dedicate a quadrerie private, che, oltre al grande merito di farci scoprire tesori nascosti nelle residenze dei collezionisti, invitino a farci riflettere sul tema del collezionismo, sulla competenza e sensibilità di autentici appassionati, cui si deve non solo la conservazione ma spesso la “scoperta” stessa di tante ed importanti opere d’arte. La prima di queste, “Un altro ‘800. Gusto e cultura in una quadreria oltrepadana” (catalogo Skira), curata dal direttore della galleria Stefano Fugazza con Alda Guarnaschielli e Paul Nicholls, presenta una cinquantina di opere di straordinaria qualità, raccolte negli ultimi vent’anni, tra cui alcuni capolavori, come l’intenso Ritratto di donna del romano Antonio Mancini, I cantastorie del veneto Pietro Pajetta, Fiore reciso di Pellizza da Volpedo (opera ritenuta superiore alla versione conservata al Museo d’Orsay, per l’atmosfera astratta ed irreale che vi si coglie), Millbank Road di Aristide Sartorio.

L’allestimento della mostra nell’ambito di una galleria, connotata dall’impronta indelebile di un collezionista come Ricci Oddi, induce a chiedersi se vi siano affinità nellle caratteristiche delle due collezioni che in qualche modo vengono messe a confronto in un identico contesto espositivo. Sicuramente vi è il dato cronologico che le accomuna; ma c’è di più. Come ci dice Fugazza, “un’altra affinità stringente tra le due raccolte è data dalle modalità con cui esse si sono costituite, sulla base di una lunga, appassionata e testarda ricerca, finalizzata a trovare, per i singoli artisti, le opere migliori, le più significative. Da questo punto di vista, però, va registrata una differenza tra le scelte da loro operate. Ricci Oddi aveva in animo di documentare lo sviluppo delle arti figurative in Italia dall’Ottocento ai suoi tempi, con l’obiettivo di fornire un quadro ampio e organico in cui fossero documentate le varie scuole regionali e gli artisti figurassero con opere ben esemplificative delle loro modalità espressive. Il collezionista oltrepadano, invece non ha tra le sue finalità la completezza della raccolta e, soprattutto, non è interessato a rintracciare opere che corrispondano pienamente alla maniera del singolo artista”. Anzi l’anonimo collezionista (peccato che non si sveli il nome del fortunato ed invidiabile proprietario di tanti bei quadri) è orientato a ricercare dipinti che “si distinguano per la loro originalità anche all’interno di un percorso artistico, al punto che talora si direbbero poco compatibili con il resto dell’opera con la quale l’artista ha conquistato visibilità e notorietà”.

Come a dire che il suo lavoro di ricerca è stimolato dalla curiosità di scoprire (e di farci scoprire, in rare occasioni come queste) che esiste un “altro” Ottocento, come suggerisce il titolo della mostra, e che si possono rintracciare con indagini che non si adagino in comode ed assodate catalogazioni, facce meno consuete o meno note del lavoro di tanti artisti (come Borsa, Canella, Carcano, Conconi, Ferraguti, Gignous, Marzi, Sanquirico e diversi altri) che stimolano ad andare oltre con lo studio e a ripensare criticamente, nel suo complesso, un intero secolo di arte figurativa nel nostro paese.

 

 

 


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