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DONNE nella STORIA d'ITALIA/ Marisa Bellisaio, una donna nell'industria

  
di Martina VOGRIC

MARISA BELLISARIO, UNA DONNA NELL’INDUSTRIA

Donna molto graziosa, spesso molto bella, Marisa Bellisario rivelò nella sua autobiografia di avere un unico cruccio: non aver partecipato alle lotte femministe, avvenute negli anni in cui lei, prima all’estero, poi a Ivrea, era impegnata a far carriera, una carriera che è però divenuta simbolo del livello di emancipazione e successo a cui anche le donne possono giungere, nonostante i pregiudizi ancora presenti nel mondo del lavoro, in particolare nel mondo tradizionalmente maschilista della grande industria. Aveva quindi questo rimpianto, anche se si era resa conto, senza falsa modestia, che lei, la donna manager più famosa d’Italia, poteva essere portata ad esempio dell’eccellente lavoro femminile, spesso soffocato e nascosto. Ma il suo lavoro fu impossibile da tenere celato, a partire dal miracolo dell’Itatel, azienda di cui divenne responsabile a partire dal 1981, che in quegli anni attraversava un gravissimo periodo di crisi, che avrebbe portato sicuramente alla chiusura senza l’intervento mirato e ostinato della sua nuova responsabile che, contro i sindacati che non credevano alla ristrutturazione, contro la stampa che vedeva nella scelta dell’incarico di una donna un modo per rendere più soft la chiusura dell’intero complesso, con l’unico appoggio del Ministro Gianni De Michelis, che conosceva le sue capacità, riuscì a trasformare un complesso di fabbriche da rottamare in una moderna azienda elettronica; al timone di questa nuova iniziativa, Marisa Bellisario portò dignitosamente e coraggiosamente avanti il suo lavoro, cambia 180 dirigenti su 300 e avvia progetti innovativi.

Ma la sua carriera venne nuovamente messa in discussione da uomini che ancora non si trovavano a loro agio con una donna manager, al loro stesso livello di potere, ma probabilmente con una marcia in più, considerando l’evidente arretratezza culturale di alcuni uomini dell’ambiente: furono proprio questi pregiudizi a far saltare l’accordo che doveva far nascere la Telit, polo italiano delle telecomunicazioni, dalla fusione dell’Itatel, ente pubblico, con la Teletta, azienda Fiat del settore, poiché quest’ultima si ostinava a negare a Marisa l’incarico di amministratore delegato, per timore  dell’indipendenza di una donna che aveva dimostrato di ubbidire solo alle proprie convinzioni, oltre che per un pregiudizio antifemminile di base.

Ma la sua voglia di fare e la sua inesauribile forza di volontà si mostrano anche nel periodo più buio della sua vita , quando cioè Marisa scoprì una malattia irreversibile che la porterà a una morte prematura, nell’agosto del 1988; durante il lungo periodo di sofferenze Marisa, costretta nella sua casa, non rinunciò al proprio lavoro, e, finché la malattia glielo concesse, si prodigò a programmare il lavoro per telefono, a presiedere improvvisate riunioni, a coordinare dall’esterno i lavori del suo ufficio, dimostrando ulteriormente di essere una donna con lo guardo dolce ma il pugno di ferro.

 

 


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