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ARTE/ Affinità espressive
Le opere di Enzo Nenci e Teresa Noto in mostra al Palazzo Ducale di Revere

  
di Michele DE LUCA

Un inedito itinerario all’interno della pittura della “macchia”, volto a studiare con rinnovata attenzione il suo sfaccettato,

Nelle restaurate sale del Palazzo Ducale di Revere (Mantova), in un suggestivo itinerario espositivo, sono esposte le sculture di Enzo Nenci (Mirandola, 1903 – Virgilio, 1972) e le pitture di Teresa Noto, nuora del grande artista. La rassegna, dal significativo titolo “Assonanze”, curata da Vittorio Sgarbi, sottolinea la vicinaza estetica ed espressiva dei due autori, che, sebbene distanziati dal tempo e dalle diverse materie e tecniche esecutive, sono caratterizzate da un cimune afflato verso il trascendentale.

La mostra documenta le fasi del periodo mantovano dello scultore, che si configurano nelle famose “forme ribelli” (nudi maschili che si traducono in nodosi grumi di materia), nella serie degli “adolescenti”,  in quella degli “orientali”, in cui l’invenzione plastica raggiunge sempre più una sorta di affinamento spirituale, e nelle “stalattiti-stalagmiti”, apice di essenzialità formale che sfiora la pura astrazione.

Le pitture, estremamente affascinanti e coinvolgenti della Noto, testimoniano la maturità del suo lavoro creativo ed in particolare l’impegno degli anni Ottanta, carico, come scrive Sgarbi, “di spessori istintivi impregnati di succhi vitali quasi selvaggi, di corpi in pose e gesti statuari”; il suo ciclo “Cattedrali” si caratterizza per “quella geometria dello spirito che sembra scandire i ritmi e le pulsioni di una spiritualità riletta alla luce della tensione ideale”.

L’opera di Nenci è oramai sicuramente collocata criticamente nella storia dell’arte, come esito tra i più significativi ed originali della creatività scultorea del secolo appena archiviato. Piace, quindi, soffermarsi di più sul lavoro della nuora pittrice, la cui sperimentazione comincia assai precocemente; dal 1978 impiega la pittura ad olio, che rimane per quasi un trentennio la sua naturale forma di espressione artistica. Gli inizi sono all’insegna della figurazione, sospesa tra colte citazioni, che con voli pindarici abbracciano esperienze tra loro diverse e remote: da Michelangelo a Fussli, dalle correnti tardo-romantiche tedesche alla pittura dell’inconscio e all’espressionismo.

La ricerca della Noto si svolge in un’evoluzione che trova uno dei momenti più significativi nel ciclo delle “Mitologie”, caratterizzato da impasti brucianti e ori neoklimtiani, in cui il tema del principio femminino viene reinventato in una sorta di rapporto dialettico tra autoidentificazione e trascrizione mitica e surreale. Delle “Cattedrali” si è detto; ma giova riportare un sintetico giudizio di Mauro Corradini, quando dice: “Teresa Noto ha ormai scalato le altezze e rende conto di una conquista del cielo con una pittura tessuta nella luce”.

 

 


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