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ARTE/ Affinità espressive |
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Nelle restaurate sale del
Palazzo Ducale di Revere (Mantova), in un suggestivo itinerario espositivo,
sono esposte le sculture di Enzo Nenci (Mirandola, 1903 – Virgilio, 1972) e le
pitture di Teresa Noto, nuora del grande artista. La rassegna, dal
significativo titolo “Assonanze”, curata da Vittorio Sgarbi, sottolinea la
vicinaza estetica ed espressiva dei due autori, che, sebbene distanziati dal
tempo e dalle diverse materie e tecniche esecutive, sono caratterizzate da un
cimune afflato verso il trascendentale. La mostra documenta le fasi del
periodo mantovano dello scultore, che si configurano nelle famose “forme
ribelli” (nudi maschili che si traducono in nodosi grumi di materia), nella
serie degli “adolescenti”, in quella
degli “orientali”, in cui l’invenzione plastica raggiunge sempre più una sorta
di affinamento spirituale, e nelle “stalattiti-stalagmiti”, apice di essenzialità
formale che sfiora la pura astrazione. Le pitture, estremamente
affascinanti e coinvolgenti della Noto, testimoniano la maturità del suo lavoro
creativo ed in particolare l’impegno degli anni Ottanta, carico, come scrive
Sgarbi, “di spessori istintivi impregnati di succhi vitali quasi selvaggi, di
corpi in pose e gesti statuari”; il suo ciclo “Cattedrali” si caratterizza per
“quella geometria dello spirito che sembra scandire i ritmi e le pulsioni di
una spiritualità riletta alla luce della tensione ideale”. L’opera di Nenci è oramai sicuramente
collocata criticamente nella storia dell’arte, come esito tra i più
significativi ed originali della creatività scultorea del secolo appena
archiviato. Piace, quindi, soffermarsi di più sul lavoro della nuora pittrice,
la cui sperimentazione comincia assai precocemente; dal 1978 impiega la pittura
ad olio, che rimane per quasi un trentennio la sua naturale forma di
espressione artistica. Gli inizi sono all’insegna della figurazione, sospesa
tra colte citazioni, che con voli pindarici abbracciano esperienze tra loro
diverse e remote: da Michelangelo a Fussli, dalle correnti tardo-romantiche
tedesche alla pittura dell’inconscio e all’espressionismo. La ricerca della Noto si svolge
in un’evoluzione che trova uno dei momenti più significativi nel ciclo delle
“Mitologie”, caratterizzato da impasti brucianti e ori neoklimtiani, in cui il
tema del principio femminino viene reinventato in una sorta di rapporto
dialettico tra autoidentificazione e trascrizione mitica e surreale. Delle
“Cattedrali” si è detto; ma giova riportare un sintetico giudizio di Mauro
Corradini, quando dice: “Teresa Noto ha ormai scalato le altezze e rende conto
di una conquista del cielo con una pittura tessuta nella luce”.
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