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La fondazione dei Monasteri salentini nell'XI secolo

  
di Valentina VANTAGGIATO

LA FONDAZIONE DEI MONASTERI SALENTINI NELL’XI SECOLO

La terra salentina è ricca di tracce antiche che la rendono unica e inimitabile, tracce lasciate dalle tante etnie che l’hanno popolata, tracce impresse dai numerosi conquistatori che l’hanno desiderata e spesse volte ottenuta. Tra questi un posto d’onore lo occupano i Normanni, popolo di origine scandinava che giunse in Terra d’Otranto nell’anno Mille. La Puglia, in quel periodo, era dominata dai bizantini, ma il loro potere andava via via indebolendosi. Le città si ribellarono al governo di Bisanzio e cercarono di stringere alleanze strategiche per liberarsene una volta per tutte. Ed ecco i Normanni giungere in Puglia con la benedizione di papa Benedetto VIII. Gli uomini del Nord approfittarono della situazione per impadronirsi di alcune città e scacciare i bizantini. Nel 1059 i Normanni ottennero il consenso papale ad insediarsi definitivamente nelle terre del sud d’Italia e da allora l’espansionismo benedettino subì nel Salento un maggiore slancio.

 Sapevano di dover fronteggiare una terra profondamente grecofona nella cultura e nei riti”, scrive Luigi Carducci. “Nel quadro generale del diffondersi della Riforma della Chiesa di Roma del papa Gregorio VII, i duchi normanni perseguivano in realtà l’obiettivo di agevolare l’estensione ovunque del monachesimo occidentale”.

Fu certamente merito dei Normanni se nel Salento furono restaurati diversi conventi antichi o caduti in disuso o, addirittura, se ne vennero fondati di nuovi. “In loro c’era il proposito di riportare nell’alveo del monachesimo occidentale il credo ortodosso del cenobitismo salentino”, afferma il Carducci.

Molte chiese furono edificate. Alcune oggi scomparse, altre sono ormai ruderi alla mercé del tempo, e altre ancora fanno ora parte di complessi masserizi sorti in epoche successive. Dopo studi approfonditi sull’argomento portati avanti da esperti, oggi si conosce un po’ di più sui monasteri eretti nell’XI secolo. Tra i cenobi maschili, basti pensare all’abbazia di San Nicola di Casole ad Otranto, a quella di Santa Niceta a Melendugno o ancora al cenobio di Cerrate a Lecce. Nel feudo gallipolino vi sono ancora due chiese che appartennero, a partire dalla loro edificazione nella prima metà del XII secolo, a due monasteri bizantini. Sempre in questo territorio, è ancora in piedi la chiesa italo-greca di San Pietro di Samari e, a Nardò, quella di Santa Maria.

Per quanto concerne la tradizione abbaziale femminile in Terra d’Otranto, vide la comparsa di non pochi monasteri appartenenti agli ordini del monachesimo occidentale; il credo orientale, difatti, vietava l’istituzione monacale femminile. Tra gli esempi più significativi, non possiamo dimenticare l’Abbazia di Santa Maria Veterana a Brindisi, la chiesa delle SS. Lucia e Agata di Matera e il monastero di Santa Maria Maddalena di Castellaneta.

Talune volte, dietro alla creazione dei cenobi femminili si nascondevano delle motivazioni poco nobili: “sistemare le strette parenti dei fondatori come prime Abadesse”, ci dice Luigi Carducci. La chiusura in convento diveniva, per questa ragione, forse l’unica strada da seguire per le nobildonne non coniugate. “I conventi femminili, perciò, per disposizioni canoniche, erano soggetti alla giurisdizione dei vescovi che periodicamente li controllavano con visite pastorali” (L.C.).

Tutti questi luoghi, impregnati di fascino e trasudanti cultura, oggi ci fanno ancora pensare. Molti sono andati purtroppo perduti, ma altri arricchiscono ancora il nostro bagaglio storico e culturale. Si ergono lì, a volte un po’ ammaccati ma fieri di ciò che hanno rappresentato nel passato in una terra che gli ha visti nascere e crescere, che gli ha, tuttavia, anche visti decadere e scomparire nell’oblio della non curanza e dell’indifferenza.

 

 

 

 


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