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Michele Emiliano, "baresaccio del quartiere San Pasquale"
  
di Maddalena MONGIO'

Sindaco, lei è un magistrato, non è o non era un politico di professione

Il gonfalone del Comune, i pesanti tendaggi, i marmi a specchio: questa la stanza del Sindaco Michele Emiliano. Una stanza di lavoro e di rappresentanza. Una stanza che accoglie il lavoro duro di quest’uomo che si muove deciso e sicuro sull’accidentato percorso della politica. Con tranquillità e lucidità analizza l’avventura che lo ha portato al governo della città di Bari, da ciò che è riuscito a realizzare, alla solitudine conseguente, al non difendere nessun interesse di parte, Michele Emiliano parla a cuore aperto.

Sindaco, vorrebbe tratteggiare brevemente la sua storia personale?

Sono figlio di un piccolo imprenditore di successo Per un certo periodo ho lavorato e studiato, come capita a molti figli di papà. Dal liceo all’università, ho studiato in azienda. Ero agevolato nell’accesso al mondo del lavoro perché avrei potuto lavorare nell’azienda di famiglia, tuttavia un giorno ho detto a mio padre: “Ho vinto il concorso in magistratura, vado ad Agrigento alla Procura della Repubblica.” Sono un patriota e un buon meridionale, nel senso che mi indigno ancora quando mi dicono che non sembro un meridionale. Sono un “baresaccio” del quartiere San Pasquale, cresciuto per strada, ma alla fine mi son messo la giacca blu.

Lei è un magistrato, non è o non era un politico di professione. Quando osservava la politica da “esterno”, cosa le risultava di facile realizzazione che al contrario si è rivelato difficile a realizzarsi?

Nel periodo in cui lavorai con mio padre dovevamo trasferire l’attività in un locale comunicante, ma con affaccio su un’altra strada: ci abbiamo impiegato due anni. Quindi so quanto sia difficile riorganizzare le cose disorganizzate. La stessa cosa mi è successa in Procura a Bari. Qui si investigava dopo gli omicidi, al contrario è importante che vi siano sempre indagini in corso per, possibilmente, prevenire i reati o sapere dove indirizzare la ricerca del colpevole. In due anni sono riuscito a portare a termine la banca dati dell’antimafia, progetto che ci ha permesso di mettere insieme un corredo di informazioni mai avuto a Bari prima, stessa cosa ad Agrigento, a Brindisi. Sono qui da venti mesi e in questo lasso di tempo, senza presunzione, posso dire che le cose sono state più semplici di quel che pensavo.

Affermazione interessante! Normalmente i politici tendono a denunciare lo sconquasso ereditato per giustificare le lacune della propria gestione politica.

Qualche volta lo dico anch’io, ma sono scuse. Lo dico anch’io quando mi imbatto nella burocrazia del Comune. In Procura potevo gestire il mio gruppo di lavoro con la più ampia libertà, qui c’è un vero e proprio potere burocratico con il quale bisogna fare i conti. Comunque in venti mesi siamo riusciti a fare: Punta Perotti; il nodo ferroviario; la raccolta differenziata a Iapigia, un quartiere grande quasi quanto Lecce. Abbiamo avviato il cantiere di bonifica del gasometro; stiamo per avviare i bandi per una società di trasformazione urbana che rivoluzionerà l’area fiera e il lungomare sud sino a Punta Perotti con un investimento di quasi due miliardi di euro, una somma che questa città non ha mai visto. Abbiamo stabilito un rapporto molto forte con la città di Mosca e probabilmente questa città sarà presente nella società di trasformazione urbana. Abbiamo iniziato le procedure per il nuovo PRG: erano vent’anni che non si riusciva a fare una delibera di programma in materia urbanistica. Siamo il primo Comune d’Italia che darà il salario d’inserimento: 350 ragazzi faranno uno stage in aziende che si sono impegnate a dare loro un contratto di lavoro di sei mesi una volta concluso il periodo di formazione. Abbiamo stipulato una polizza, del costo di 128.000,00 euro, che risarcisce i cittadini in caso di scippo o furto in casa. Abbiamo varato il sistema di parcheggi di scambio.

Tutto questo in soli venti mesi?

Siamo bravissimi! La nostra principale preoccupazione è la città e i suoi bisogni. In questo progetto politico ci stiamo giocando tutto e non mi riferisco al nostro personale destino. Io e i miei assessori non siamo qui perché non avevamo altre risorse. Ci stiamo giocando il futuro dei nostri figli.

Tutto suo il merito?

Mio e del mio staff, il più giovane d’Italia. Il mo portavoce ha 27 anni, io ne ho 46 anni. Il tasso d’energia, della classe dirigente, è molto alto. La cosa più bella è che il centrosinistra è molto insoddisfatto di tutta questa attività.

Perché?

Lo scontento nasce dalla forte carica antipartitica della mia amministrazione.

La differenza gestionale è targata Emiliano, è possibile che questo non piaccia.

Guardi, ancora oggi provo fastidio a leggere il mio cognome sulla lista civica che guidavo e che ha avuto il 18% dei voti, il doppio di quelli presi dai DS. Questo ha comportato un problema politico che inizialmente ho sottovalutato o meglio pensavo che mi avrebbero voluto bene perché avevamo vinto.

Spesso la sinistra dimostra di non volersi bene.

Infatti! Scriverà anche questo?

Ovvio!

Per venti mesi si sono preoccupati che non diventassi la rana dalla bocca larga. Si sono preoccupati di arginare la mia figura. Credo di aver dimostrato che non c’è nessuna ambizione personale che non potessi realizzare. Non è un’affermazione presuntuosa, ma un chiarimento doveroso. Per me questa non è l’ultima spiaggia. Lo dico perché dopo la sconfitta elettorale in Puglia, il non aver saputo capitalizzare queste grandi operazioni politiche e l’essersi soffermati a criticare il Sindaco perché la città non è abbastanza pulita, dovrebbe far riflettere. Tempo fa è venuto Sella e nel convegno della CGIL ha affermato che Bari è una delle città più pulite, ma ai baresi sembra sporca. Ritengono che la raccolta differenziata non funzioni, che la gestione corrente sia  inadeguata. Non solo! La frase ricorrente è: “Che fa Emiliano?”

Quasi un titolo per un film alla Sergio Leone.

Questa è una tecnica meridionale e molto di destra. Quando non si hanno contenuti per la critica, perché io non ho interessi personali e non  servo gruppi partitici o di potere, si discute di minuzie. Siamo stati attaccati su due questioni: potenziamento del porto, per il quale abbiamo chiesto una valutazione di impatto ambientale; e per un progetto di edilizia giudiziaria. A Bari gli uffici giudiziari sono assolutamente insufficienti. C’è un progetto tutto privato per  un insediamento in una grande area a verde. Su questo progetto abbiamo molte perplessità e riserve perché stiamo facendo il piano regolatore e non abbiamo voglia di ridisegnarlo per correre dietro a un privato che pure ha una buona idea.

Invidia, meschinità o interessi? Che cosa scatena il non amore verso di lei.

Non posso dire di non essere amato: sarei ingrato, i cittadini mi amano. Non sono amato dalla classe dirigente di questa città. Ho impressione che il non amarmi sia dovuto al senso di impotenza dei vertici del centrosinistra che, prima della mia candidatura, hanno vivacchiato attorno al 35%. Con il segretario regionale Beppe Vacca candidato sindaco, il centrosinistra prese il 34.9%. Che un fenomeno civico abbia sovvertito questa tradizione di sconfitte, non è piaciuto.

Si dice che il potere compatti.

Chi si definiva di centrosinistra oggi sta con Forza Italia. Ora a Bari governa il vero centrosinistra: quello della Costituzione, quello che sta con le donne, quello che sta con gli emarginati, quello che sta con i poveretti. Sono tutti seduti su questa sedia e questo fa incazzare il mondo intero. E’ la prima volta che ne parlo così lucidamente. Sinora non ho avuto la forza di parlarne pubblicamente perché temevo di danneggiare il progetto politico, ma questa è la pura verità. C’è una strana alleanza tra la destra e la sinistra professionale della politica che si sta chiedendo perché stia accadendo tutto questo a Bari. Nessuno mi voleva candidare, mi sono candidato da solo sostenuto da un gruppo di associazioni.

Sindaco, Punta Perotti. Siamo consapevoli che nel merito della vicenda giudiziaria lei non possa esprimersi…

Anche se ormai la conosco meglio dell’avvocato di Matarrese…

Potrebbe proporsi come consulente…

Quello no, con le ultime iniziative hanno superato anche la mia fantasia.

Si riferisce al tentativo di bloccare la demolizione con il pignoramento?

Si sono surrogati nel credito ipotecario e, a quel punto, da creditori, hanno pignorato. Guardi, le confesso che sono assolutamente tranquillo. Hanno fatto moltissimi ricorsi e sono stati tutti respinti, quindi nessuno può rimproverarci nulla.

Il progetto Punta Perotti nasce da una concertazione tra il Comune e un privato. Non ritiene che la collettività si aspetti che gli atti della pubblica amministrazione siano ponderati e responsabili?

La risposta è semplice! Qui non c’è stata nessuna concertazione, qui c’è stata la legge Calasso.

Successiva all’approvazione del progetto.

Ma applicabile al caso, almeno secondo la Cassazione. La legge afferma che non si può costruire nei 300 m. dalla costa, rimanda inoltre a una legge regionale per individuare le eccezioni ossia quei territori definiti costruiti per i quali non si applica il principio di tutela della costa. La traduzione di questa legge si chiama “legge Matarrese”, la chiamano così in Regione.

Una legge ad hoc?

Questa legge fu emendata due volte, sino a quando non si ebbe la certezza che la lottizzazione di Punta Perotti rientrasse nella cosiddetta “legge Matarrese” e quindi fossero consentito il rilascio delle autorizzazioni. Le concessioni vengono rilasciate dall’amministrazione del Sindaco Di Cagno Abbrescia, che non si pose il problema delle eccezioni e quindi dell’applicabilità della Legge Calasso. Problema che, al contrario, si è posto il giudice, il quale conclude che l’area di Punta Perotti non può essere considerata territorio costruito.

Quindi il Comune non ha tenuto conto della legge nazionale?

Esatto, avrebbe potuto rilevare l’abusività dell’intervento e quindi non rilasciare le concessioni. I Matarrese ne concludono che anche il Comune abbia sbagliato e chiedono il risarcimento del danno. Dal punto di vista giuridico è una stupidaggine.

Tuttavia, anche il Comune ha sbagliato.

Della corrispondenza di un progetto allo strumento pianificatorio ne rispondono unicamente il progettista e l’istante art. 6 della Legge 47 dell’85, non ne rispondono gli uffici del Comune. Se così non fosse le amministrazioni non dovrebbero avere dirigenti di settore, ma notai e i costi delle concessioni lieviterebbero in quanto bisognerebbe richiedere delle somme a copertura del rischio d’errore. In Italia non si è mai verificato, in un caso del genere, un riconoscimento del danno e non sarà stato certo il Comune di Bari il primo ad aver fatto male a rilasciare una concessione. Nessuno mai è stato condannato a pagare i danni, questo glielo dico da magistrato e non da Sindaco. Ciò non toglie che l’amministrazione Di Cagno Abbrescia non valutò di rigettare quella richiesta di concessione, questo è un serio problema politico del quale non rispondo io.

Pertanto non teme la richiesta di risarcimento danni avanzata dai Matarrese?

Assolutamente no! Noi abbiamo chiesto 100 milioni di euro quale risarcimento per il danno d’immagine subito dal Comune. Se io non fossi stato un giudice non avremmo mai demolito Punta Perotti. Per un magistrato non andare fino in fondo è un tradimento, siamo pronti a pagare anche con al vita. L’abbattimento di Punta Perotti è stata una battaglia giudiziaria senza precedenti. Qualsiasi Sindaco, si sarebbe arreso. Penso al Sindaco di Porto Cesareo che non ha 70.000,00 euro per abbattere le case abusive, glieli daremo noi. Porto Cesareo è una tragedia pugliese.

La demolizione ha comportato l’esborso di somme, come pure la battaglia legale.

La città ha guadagnato 250 milioni di euro, questo è il valore dell’area. In Italia, il reato di lottizzazione abusiva prevede una sanzione pesante che non ha pari nel mondo. È vero, abbiamo sostenuto il costo di due milioni di euro per l’abbattimento, ma oggi quello stesso abbattimento ha rivalutato l’area. Prima con la presenza dell’immobile abusivo non era commerciabile, oggi quell’area è edificabile sia pure arretrando i palazzi a 300 metri dal mare.

Perché l’impresa Matarrese non ha tenuto conto di questo limite?

I baresi sanno che Punta Perotti un tempo era un’ansa. È stata totalmente riempita di macerie sino a fare avanzare la linea del mare di qualche centinaio di metri. Pare che i palazzi costruiti in arretramento non avrebbero avuto lo stesso valore di quelli con vista mare, quindi le costruzioni sono state orientate tutte in verticale. L’operazione di Punta Perotti è stata fatta da Matarrese con i proprietari dei suoli, tra questi il mio predecessore che pare avesse diritto a sei, sette appartamenti dalla permuta del terreno.

Per i Matarrese è stato un brutto colpo.

A Bari c’è un detto: “Cristo è grande!” Ciononostante le dico che, quando la folgore dell’ordinamento giuridico si è scatenata su quel palazzo, io ho sofferto come mai in vita mia per questo genere di cose. Distruggere l’opera dell’uomo è un trauma. Ti torna alla mente la gente che non ha casa, ti tornano alla mente le persone che hanno lavorato alla realizzazione del progetto, ti vengono in mente anche i familiari dei Matarrese che immaginavano di andare a vivere in quel posto. Da tutto questo possiamo trarne una morale shakespeariana: tutte le volte che forzi la mano del destino, la famosa “Legge Matarrese”, come ci insegnano la storia, la letteratura, la Bibbia che è piena di questi esempi, si riceve una punizione.

I Matarrese hanno proposto anche una trattativa.

La trattativa c’è stata e aveva uno scopo, evitare tutto questo contenzioso giudiziario e soprattutto non creare un trauma. Si è interrotta perché i Matarrese pretendevano in cambio la restituzione dell’area. Non potevo farlo, né dal punto di vista giuridico, né dal punto di vista politico. Se lo avessi fatto sarebbe stato un modo per aggirare il dettato della sentenza di Cassazione.

Comunque sono sempre stati assolti.

I Matarrese sostengono di essere stati sempre assolti, tecnicamente è così. Ci sono tre formule di assoluzione: il fatto non sussiste; non aver commesso il fatto; il fatto non costituisce reato. Solo le prime due sono assoluzioni piene, nel terzo caso il reato sussiste totalmente ma la condotta dell’imputato non può essere ricondotta al reato. Quindi i Matarrese vengono assolti, per il rotto della cuffia, sul presupposto che la cosiddetta “Legge Matarrese”, che dal punto di vista politico tutti sanno essere stata confezionata ad hoc, loro o i loro progettisti, non l’avevano capita bene. Questa storia, con questi dettagli, non la conosce quasi nessuno.

 

 

 


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