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"Novecento", l'essenza della musica raccontata da Baricco |
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Novecento. Un numero. Il nome di
un secolo. E, grazie alla penna di Alessandro Baricco, il nome di un pianista
straordinario che ha incarnato l’essenza della musica. Vivendo sempre fra le
onde dell’oceano come se fossero i tasti di un pianoforte. È un libro breve, un monologo,
asciutto e incisivo, “Novecento” di Alessandro Baricco, il testo teatrale da
cui è stato tratto il film “La leggenda del pianista sull’oceano” di Tornatore.
Breve ma scava nell’anima e nella fantasia del lettore. La vicenda è semplice,
accattivante, ricca di rimandi alla situazione sociale degli anni tra le due
guerre. Il trombettista Tim Tooney si abbandona ai ricordi della sua esperienza
di musicista sul piroscafo Virginian, che agli albori del ‘900 trasportava
viaggiatori ed emigranti dall’Europa all’America. E nella sua mente affiora la
figura dell’amico, del più grande pianista di tutti i tempi, ovvero Danny
Boodman T.D. Novecento. Nato sulla nave da una famiglia povera che l’aveva lì
abbandonato, il piccolo viene ‘adottato’ dai marinai a bordo. E quel bambino
senza identità né famiglia diviene un personaggio leggendario; la sua vita e la
sua arte hanno l’armonia e la fluidità dell’acqua che scorre tra le dita quando
si cerca di afferrarla. Perché lui, Novecento, il pianista eccezionale che
incanta le sale da ballo della nave con le sue musiche splendide e sempre
nuove, divenuto ormai di fama mondiale, non scenderà mai dal transatlantico: il
suo destino è quello di vivere sospeso, solo con il pianoforte, in una bolla di
oceano e di musica. Eppure questo musicista divino conosce tutto della realtà
esterna: vede città e paesaggi, incontra persone, vive ogni sorta di esperienza
come qualsiasi uomo sulla terraferma semplicemente sfiorando i tasti con le
dita. Grazie al contatto con il pianoforte riesce a evocare i suoni della vita
reale, i dettagli e le immagini che non ha mai potuto vedere direttamente. La
musica diventa perciò una sorta di incantesimo, entro il quale si proiettano le
esperienze e i desideri che universalmente accomunano gli uomini ma dai quali
Novecento – per scelta o destino – è escluso.
Ad un certo punto, la svolta:
come i viaggiatori vedono nell’America l’esaudirsi dei loro sogni, anche
Novecento decide di scendere e spezzare la magia di un’intera vita sulla nave
come chiuso in una sfera di cristallo. Ma al terzo gradino si blocca. Perché
davanti ha l’immensità del mondo e delle esperienze, davanti ha una città che
gli appare sterminata. E Novecento non è pronto a quella realtà dove non c’era
una fine. Mentre in un pianoforte “i tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai
che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono finiti, loro. Tu, sei infinito e, dentro quei tasti,
infinita è la musica che puoi fare”. Il macrocosmo delle possibilità
e delle speranze della terra possono quindi diventare un mare troppo grande e
in cui è facile naufragare. Perché “la terra, quella è una nave troppo grande
per me. È un viaggio troppo lungo. E’ una donna troppo bella. È un profumo
troppo forte. È una musica che non so suonare”. L’oceano è una madre che nutre
il figlio prediletto Novecento con le disillusioni, il vissuto, le aspettative
dei tanti viaggiatori che lo attraversano. Da qui nasce quella musica magica,
la musica senza confini sgorgata da uno spazio ristretto della nave. E così il
pianista straordinario finirà i suoi giorni dove ha sempre vissuto, dopo esser
riuscito a suonare tutta la musica in una sola nota di un istante. Una storia di forte impatto,
quasi surreale nei ritmi, che mostra i risvolti, la maturazione e gli aspetti
più reconditi di un’esistenza eletta, chiamata a dispiegarsi fuori dal tempo e
dallo spazio, nella dimensione della creatività e della metamorfosi del sé
finito che diventa l’infinita musica dell’infinito oceano. Finchè l’essenza di
Novecento viene a coincidere con una sola, perfetta nota, compiuta e quasi
divina, capace di racchiudere il tutto e il nulla, la terra e il mare, il
giorno e la notte. Un’armonia assoluta, un suono immenso. Tale da descrivere,
senza parole, il nostro mondo esterno e interiore.
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