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Chernobyl 20 anni dopo, mezzo milione di morti |
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Chi non
ricorda la catastrofe di Chernobyl? Fiumi di carta hanno analizzato per anni
quella orrenda tragedia eppure ancora oggi esistono dati contrastanti sulla sua
vera entità. Il 26 aprile ricorrono i primi 20 anni dall’esplosione
dell’industria nucleare che contaminò gran parte d’Europa, aprendo lunghi
dibattiti sulla sicurezza delle centrali e sulla necessità o meno di produrre
energia nucleare. Da quel
maledetto 26 aprile del 1986 ci sono stati ben 500 mila morti, colpiti in
questo ventennio dalle conseguenze riportate a causa della nube radioattiva che
ha contaminato l’aria dell’Europa dell’Est. E altre 30 mila persone moriranno
nei prossimi anni. Questi dati allarmanti emergono da una ricerca condotta da
alcuni studiosi, riportata dal britannico The
Guardian, che hanno esaminato rigo per rigo più di cinquanta studi
scientifici, elaborati in questi ultimi anni. Tuttavia
il risultato è in vistoso contrasto con altre cifre stilate a riguardo
dall’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e dell’Aiea, l’Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica, che hanno calcolato un tetto massimo di 4
mila persone, vittime degli effetti del disastro. Numeri ben più ridotti,
basati su ricerche condotte dalle Nazioni Unite, che avrebbero ricevuto il
consenso di oltre cento importanti scienziati. Anche Greenpeace, ovviamente, si
è occupata di questo caso, affermando che l’area contaminata è abitata in tutto
da circa 9 milioni di persone, precisamente 3 milioni in Russia, 3,5 milioni in
Ucraina e 2,5 milioni in Bielorussia, dove il Cesio-137 ha inquinato un terzo
del territorio. Chernobyl
dista 120 chilometri da Kiev, quindi è l’Ucraina il Paese più preoccupato ad
analizzare nel migliore dei modi lo stato di salute dei suoi abitanti. E i
risultati più preoccupanti tra le ricerche condotte in tutto il pianeta sono
proprio quelli stilati dal centro scientifico del governo ucraino. Secondo la
scienziata Eugenia Stepanova sono numerosissimi i casi di cancro alla tiroide,
leucemie e mutazioni genetiche che non compaiono nei dati dell'Oms e che erano
praticamente malattie sconosciute 20 anni fa. Il cancro ha colpito pure le
oltre 34 mila persone che si impegnarono attivamente nella ripulitura della
centrale di Chernobyl subito dopo la catastrofe, mentre il tasso di mortalità infantile
sarebbe aumentato del 20-30 per cento, come puntualizza il vicecapo della
Commissione nazionale ucraina per la protezione delle radiazioni, Nikolai
Omelyanetes. Sono
passati due decenni e l’entità del disastro di Chernobyl si rivela ancora in
tutta la sua tragicità: non si riescono nemmeno a contare le persone che hanno
pagato con la vita per quell’incidente. Che non ha risparmiato nessuno, nemmeno
altri Paesi dell’Europa, come il Regno Unito: poche settimane fa sono stati
resi noti i risultati di uno studio condotto dall’epidemiologo inglese John
Urquhart secondo il quale la pioggia radioattiva, che investì alcune aree della
Gran Bretagna dopo il disastro di Chernobyl, fino al 1989, quindi appena tre
anni dopo la catastrofe, avrebbe provocato un aumento del 10 per cento dei decessi
dei neonati.
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