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Italia, verso un reale bipolarismo
  
di Giuseppe FLORIO

All’indomani delle elezioni, dischiudere le urne vale un po’ come scoperchiare il Vaso di Pandora, rovesciandone il contenuto

All’indomani delle elezioni, dischiudere le urne vale un po’ come scoperchiare il Vaso di Pandora, rovesciandone il contenuto sul tavolo: vi si rinvengono non soltanto le opzioni esercitate magari dall’elettore più avveduto, o le illusioni che presto si tramuteranno in delusioni: ma i malumori, i disagi, le provocazioni, l’irresponsabilità di ciascuno e di tutti. Dire popolo – scriveva evidentemente con lucidità Machiavelli – vuol dire uno animale pazzo. Anche questa volta il risultato nazionale affresca un ritratto che si poteva prefigurare: rappresentati e rappresentanti uniti da un’indissolubile verosimiglianza, puntuale per pregi e difetti. Con la licenza, tutta italica, di poter comunque inveire, come davanti ad uno specchio, contro i propri sosia, da sé scelti, supportati, adorati.

Il carattere originale di queste elezioni politiche è fornito, tuttavia, da alcuni esiti non scontati, i quali hanno fatto sì che alcuni analisti gridassero alla tardiva nascita della Seconda Repubblica, annunciata dopo il 1992 e però mai davvero arrivata. Complessivamente, il risultato elettorale ha portato una ventata di chiarezza, così riassumibile: il centrodestra ha vinto, il centrosinistra ha perso ma ha guadagnato delle chances da giocare alla prossima partita, la sinistra è stata spazzata via. Volendo entrare nel merito delle questioni, tre sono quelle che saltano agli occhi. L’asse politico italiano è stato spostato verso destra e verso il Nord, premiando il rassemblement allestito in tutta fretta da Berlusconi per rispondere alla nascita del Partito Democratico e valorizzando la Lega Nord oltre ogni aspettativa. Il Partito Democratico ha acquisito il titolo di forza riformatrice dall’impronta moderna ed occidentale, in linea con altri omologhi soggetti internazionali, primo fra tutti il Partito di Obama e Hillary, ma non ha convinto come immediata alternativa, pagando lo scotto inevitabile della disastrosa esperienza del Governo Prodi. Un’opposizione netta ma limpidamente leale potrà giovare ai democratici italiani, i quali hanno bisogno di arricchire il curriculum di freschezza di contenuti e moderazione, per potersi adeguatamente preparare ai prossimi confronti per la gestione dello Stato.

Un discorso a parte merita l’espulsione cruenta delle forze della sinistra radicale, fuori da Camera e Senato: le motivazioni sociologiche che spiegano la crisi di rappresentanza tra lo “zoccolo duro” comunista e ambientalista ed i propri dirigenti alimenteranno il dibattito dei prossimi mesi. Interessa piuttosto sottolineare come sia stato indolore cancellare, quasi con un tratto di penna, i filoni ideali e culturali che sottendevano a quei soggetti politici ed agli spicchi di società che vi corrispondevano. È lecito pensare che il superamento delle identità radicali sia avvenuto assai prima di questa tornata elettorale, sotto gli occhi miopi di un ceto politico che ancora oggi non si rende conto di ciò che è avvenuto. Anche il tanto paventato astensionismo non si è verificato, il quale doveva essere alimentato dai sentimenti antipolitici contro le varie “caste”, dai vari “grilli parlanti” che si sono dimostrati assai più immaturi dei loro interlocutori. Il cittadino ha preferito votare anziché vomitare sterili rancori di piazza. Anzi, a dirla tutta, anche una pessima legge elettorale come quella denominata “Porcellum” ha prodotto risultati virtuosi. Se, da un lato, al cittadino è stato confiscato il diritto di scegliere un proprio rappresentante, il quale è invece nominato da un’oligarchia di sempiterni burocrati, d’altra parte è stato possibile eliminare alcuni ostacoli allo sviluppo democratico del Paese.

Per la prima volta, infatti, semplificando il quadro parlamentare, ovvero assorbendo il fenomeno della “balcanizzazione” del Parlamento, gli elettori hanno di fatto bipolarizzato il sistema politico italiano, al fine di superare il riferimento proporzionale che nelle più recenti metamorfosi aveva prodotto i peggiori guasti etici. Resta purtroppo da considerare che soltanto in Italia la competizione appare sempre di natura geriatrica: a destra non si riesce a presentare una credibile successione a Berlusconi, oggi ultrasettantenne apparso in affanno anche per originalità; a sinistra dopo Prodi, già boiardo di Stato ed anch’egli in là con gli anni, dal cilindro è spuntato il pur bravissimo Veltroni, comunicatore moderno ed efficace che però è sulla cresta dell’onda da tre decenni almeno. L’autentico problema della politica nazionale non è dunque in quei vizi tanto vituperati dai moralisti, che pure conservano un’intima importanza, bensì nell’irresponsabile mancanza di ricambio della classe dirigente, sempre uguale a se stessa, nei volti immarcescibili o nei cognomi, tramandando gli incarichi pubblici di generazione in generazione.

In Puglia la situazione è stata pressoché omogenea a quella del resto d’Italia, con la vittoria su quasi tutti i fronti delle forze del centrodestra. Non si può ignorare che la Puglia governata da Vendola avrebbe dovuto avere appunto un effetto Vendola, ovvero un fattore di trascinamento positivo, che invece non c’è stato. Che addirittura il partito di origine del Presidente rosso è stato sbriciolato sotto i colpi di maglio di una destra apparsa elettoralmente più autorevole di quanto la sua elaborazione politica avesse fatto intravedere negli scorsi mesi ed anni. A questo proposito spaventa il silenzio dei massimi esponenti della destra regionale in merito all’exploit ottenuto dalla Lega Nord. Sia perché la massa critica settentrionale ha saputo convogliare non soltanto il voto di protesta ma anche le istanze più serie verso il soggetto politico prescelto, mentre la popolazione elettorale del Mezzogiorno d’Italia continua ad andare in ordine sparso, dissipando il potenziale potere contrattuale di cui dispone; sia perché la Lega costituisce un contraltare vistoso alla volontà di emancipazione delle regioni meridionali, a maggior ragione oggi che detiene la quota determinante dell’istituendo Governo Berlusconi. L’assenza di una generale presa di posizione da parte di costoro lascia prevedere un prono assenso a direttive politico-economiche penalizzanti per la Puglia e per le altre regioni del Sud Italia.

Comunque sia, è l’Italia intera che ha deciso: di affidare un pieno mandato di responsabilità alle forze conservatrici; di avere un governo nella pienezza dei suoi poteri; di avviare forse per la prima volta nell’Italia repubblicana quel meccanismo dell’alternanza democratica il più possibile lontano dai veti, dall’ostracismo, dai condizionamenti chiari od oscuri.

 

 

 


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