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Italia, verso un reale bipolarismo |
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All’indomani delle elezioni,
dischiudere le urne vale un po’ come scoperchiare il Vaso di Pandora,
rovesciandone il contenuto sul tavolo: vi si rinvengono non soltanto le opzioni
esercitate magari dall’elettore più avveduto, o le illusioni che presto si tramuteranno
in delusioni: ma i malumori, i disagi, le provocazioni, l’irresponsabilità di
ciascuno e di tutti. Dire popolo –
scriveva evidentemente con lucidità Machiavelli – vuol dire uno animale pazzo. Anche questa volta il risultato
nazionale affresca un ritratto che si poteva prefigurare: rappresentati e
rappresentanti uniti da un’indissolubile verosimiglianza, puntuale per pregi e
difetti. Con la licenza, tutta italica, di poter comunque inveire, come davanti
ad uno specchio, contro i propri sosia, da sé scelti, supportati, adorati. Il carattere originale di queste
elezioni politiche è fornito, tuttavia, da alcuni esiti non scontati, i quali
hanno fatto sì che alcuni analisti gridassero alla tardiva nascita della
Seconda Repubblica, annunciata dopo il 1992 e però mai davvero arrivata.
Complessivamente, il risultato elettorale ha portato una ventata di chiarezza,
così riassumibile: il centrodestra ha vinto, il centrosinistra ha perso ma ha
guadagnato delle chances da giocare
alla prossima partita, la sinistra è stata spazzata via. Volendo entrare nel
merito delle questioni, tre sono quelle che saltano agli occhi. L’asse politico
italiano è stato spostato verso destra e verso il Nord, premiando il rassemblement allestito in tutta fretta
da Berlusconi per rispondere alla nascita del Partito Democratico e
valorizzando la Lega Nord oltre ogni aspettativa. Il Partito Democratico ha
acquisito il titolo di forza riformatrice dall’impronta moderna ed occidentale,
in linea con altri omologhi soggetti internazionali, primo fra tutti il Partito
di Obama e Hillary, ma non ha convinto come immediata alternativa, pagando lo
scotto inevitabile della disastrosa esperienza del Governo Prodi.
Un’opposizione netta ma limpidamente leale potrà giovare ai democratici
italiani, i quali hanno bisogno di arricchire il curriculum di freschezza di
contenuti e moderazione, per potersi adeguatamente preparare ai prossimi
confronti per la gestione dello Stato. Un discorso a parte merita
l’espulsione cruenta delle forze della sinistra radicale, fuori da Camera e
Senato: le motivazioni sociologiche che spiegano la crisi di rappresentanza tra
lo “zoccolo duro” comunista e ambientalista ed i propri dirigenti alimenteranno
il dibattito dei prossimi mesi. Interessa piuttosto sottolineare come sia stato
indolore cancellare, quasi con un tratto di penna, i filoni ideali e culturali
che sottendevano a quei soggetti politici ed agli spicchi di società che vi
corrispondevano. È lecito pensare che il superamento delle identità radicali
sia avvenuto assai prima di questa tornata elettorale, sotto gli occhi miopi di
un ceto politico che ancora oggi non si rende conto di ciò che è avvenuto.
Anche il tanto paventato astensionismo non si è verificato, il quale doveva
essere alimentato dai sentimenti antipolitici contro le varie “caste”, dai vari
“grilli parlanti” che si sono dimostrati assai più immaturi dei loro
interlocutori. Il cittadino ha preferito votare anziché vomitare sterili
rancori di piazza. Anzi, a dirla tutta, anche una pessima legge elettorale come
quella denominata “Porcellum” ha prodotto risultati virtuosi. Se, da un lato,
al cittadino è stato confiscato il diritto di scegliere un proprio
rappresentante, il quale è invece nominato da un’oligarchia di sempiterni
burocrati, d’altra parte è stato possibile eliminare alcuni ostacoli allo
sviluppo democratico del Paese. Per la prima volta, infatti,
semplificando il quadro parlamentare, ovvero assorbendo il fenomeno della
“balcanizzazione” del Parlamento, gli elettori hanno di fatto bipolarizzato il
sistema politico italiano, al fine di superare il riferimento proporzionale che
nelle più recenti metamorfosi aveva prodotto i peggiori guasti etici. Resta
purtroppo da considerare che soltanto in Italia la competizione appare sempre
di natura geriatrica: a destra non si riesce a presentare una credibile
successione a Berlusconi, oggi ultrasettantenne apparso in affanno anche per
originalità; a sinistra dopo Prodi, già boiardo di Stato ed anch’egli in là con
gli anni, dal cilindro è spuntato il pur bravissimo Veltroni, comunicatore
moderno ed efficace che però è sulla cresta dell’onda da tre decenni almeno.
L’autentico problema della politica nazionale non è dunque in quei vizi tanto
vituperati dai moralisti, che pure conservano un’intima importanza, bensì nell’irresponsabile
mancanza di ricambio della classe dirigente, sempre uguale a se stessa, nei
volti immarcescibili o nei cognomi, tramandando gli incarichi pubblici di
generazione in generazione. In Puglia la situazione è stata
pressoché omogenea a quella del resto d’Italia, con la vittoria su quasi tutti
i fronti delle forze del centrodestra. Non si può ignorare che la Puglia
governata da Vendola avrebbe dovuto avere appunto un effetto Vendola, ovvero un
fattore di trascinamento positivo, che invece non c’è stato. Che addirittura il
partito di origine del Presidente rosso è stato sbriciolato sotto i colpi di
maglio di una destra apparsa elettoralmente più autorevole di quanto la sua
elaborazione politica avesse fatto intravedere negli scorsi mesi ed anni. A
questo proposito spaventa il silenzio dei massimi esponenti della destra
regionale in merito all’exploit
ottenuto dalla Lega Nord. Sia perché la massa critica settentrionale ha saputo
convogliare non soltanto il voto di protesta ma anche le istanze più serie
verso il soggetto politico prescelto, mentre la popolazione elettorale del
Mezzogiorno d’Italia continua ad andare in ordine sparso, dissipando il
potenziale potere contrattuale di cui dispone; sia perché la Lega costituisce
un contraltare vistoso alla volontà di emancipazione delle regioni meridionali,
a maggior ragione oggi che detiene la quota determinante dell’istituendo
Governo Berlusconi. L’assenza di una generale presa di posizione da parte di
costoro lascia prevedere un prono assenso a direttive politico-economiche
penalizzanti per la Puglia e per le altre regioni del Sud Italia. Comunque sia, è l’Italia intera
che ha deciso: di affidare un pieno mandato di responsabilità alle forze
conservatrici; di avere un governo nella pienezza dei suoi poteri; di avviare
forse per la prima volta nell’Italia repubblicana quel meccanismo
dell’alternanza democratica il più possibile lontano dai veti, dall’ostracismo,
dai condizionamenti chiari od oscuri.
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