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Fiere e mercati nel Salento nel secondo Quattrocento |
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Nel corso del XV secolo,
l’economia salentina subì un incremento notevole rispetto ai secoli precedenti,
grazie ad un’intensa attività di commerci e di traffici che vedeva protagonisti
fiere e mercati locali. Nella seconda metà del
Quattrocento, infatti, due città principalmente svolgevano un ruolo chiave in
quest’ambito: nel porto di Taranto si imbarcavano e si sbarcavano merci dalle
navi mercantili e a Lecce, la piazza più forte, queste mercanzie venivano
vendute agli acquirenti. Il mercato leccese aveva luogo ogni settimana il
lunedì e il venerdì ed erano molti coloro che vi si recavano da tutta la provincia.
“Mercanti e mediatori del luogo”,
scrive Luigi Carducci, “convenuti da ogni
parte, ponevano le basi di cospicui accordi commerciali di import-export,
operazioni che prendevano le vie del porto di Taranto prevalentemente, poi di
Gallipoli per certi settori e di San Cataldo per altre merci”. La vita dei mercati era
frenetica e i numerosi banchi presenti offrivano ogni genere di mercanzia. Vi
si poteva trovare di tutto, dai generi alimentari alle stoffe, dagli animali
agli utensili per la casa. Ma questo non era l’unico modo
per poter acquistare qualcosa. Vi erano, difatti, le botteghe dove si vendeva
al minuto. L’artigiano produceva i manufatti che poi vendeva, quindi il suo
emporio era per lui come una seconda casa, visto che vi trascorreva la maggior parte
del suo tempo. Non si può inoltre dimenticare
l’esercizio ambulante per le vie della città e nelle piazze. Uomini stanchi e
segnati dal tempo si trascinavano dietro il loro carretto pieno di roba e
cianfrusaglie a volte inutili. Passavano per le strade gridando per attirare
l’attenzione e facendo l’elenco della merce disponibile. Si fermavano
sull’uscio delle case dalle quali uscivano massaie dai capelli arruffati e dai
volti paffuti che, con molta bravura, negoziavano i prezzi, cercando di
ottenere lo sconto più alto. E se non avevano da pagare, barattavano il vecchio
con il nuovo oppure vendevano ciocche di capelli appartenenti alle loro figlie. “I principi di Taranto, i conti di Lecce e gli Aragonesi”, scrive
ancora Carducci, “valorizzarono il peso specifico
dell’economia locale nel promuovere mercati e fiere, a cui diedero un impulso
di diffusione e di intensità senza precedenti”. Coloro che stavano ai
vertici si preoccuparono di portare avanti una politica di franchigie e di
agevolazioni che permise alle fiere patronali delle maggiori città di durare
più giorni e addirittura di ripetersi diverse volte in un anno. Non tutte erano
ugualmente grandi e importanti, ma allo stesso modo giovavano all’erario. A
Lecce ve ne erano ben sei e venivano organizzate all’interno della città o nei
sobborghi vicini. Una di queste, piuttosto conosciuta e attesa da molti
abitanti di Terra d’Otranto, era quella di Cerrate, dal 20 al 25 aprile. In
origine allestita vicino all’omonima abbazia italo-greca, in seguito fu trasferita
sul piazzale dei SS. Niccolò e Cataldo dal principe Giovanni Antonio Del Balzo
Orsini. La fiera di novembre, che si teneva presso il Duomo, aveva una durata
di tre giorni, la fiera di San Giacomo, il 25 luglio, quattro giorni. E poi vi
erano la fiera di Sant’Oronzo, la fiera di San Giovanni Battista e quella della
Pentecoste, sempre presso il Vescovato. “La frequenza delle fiere era sintomatica di una fervida attività
economica che non ha confronti con prima: esse segnavano il passo della
notevole incidenza della prosperità salentino-pugliese nel Quattrocento e nel
Cinquecento”, chiarisce Luigi Carducci. Intorno alle fiere ruotava tutto
un mondo fatto di rapporti sociali, incontri, chiacchiere, scambi, ma non solo.
Tali realtà servivano soprattutto a prendere contatti con i genovesi,
veneziani, fiorentini e con i catalani. Gli appartenenti alle classi sociali
più abbienti approfittavano di queste occasioni per sfoggiare gli abiti più
eleganti e i gioielli più costosi, mentre i poveri, gli storpi, coloro che la
società poneva ai margini, si recavano alle fiere per mendicare o racimolare
qualcosa da mettere sotto i denti. Così il divario fra ceti sociali si palesava
maggiormente. Ancora oggi il Salento pullula
di mercati settimanali e fiere annuali. La gente vi si riversa oggi come allora
alla ricerca dell’affare più conveniente, ma anche per socializzare con i
compaesani.
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