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Veduta aerea di Mesagne |
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Sono i giorni della verifica politica, questi, e sono
giorni surreali e drammatici ai quali si giunge in insospettate condizioni: la maggioranza,
a metà del proprio ciclo vitale, proprio quando doveva massimamente rifulgere
impanata e dorata da questo stranominato rinascimento, arriva infiacchita, involgarita ed esasperata.
Debole, per aver minato il patto di fiducia tra alleati, nonostante la
percentuale di consensi su cui può contare; sboccata, per le continue sortite
stonate sulla stampa o per le vie del centro contro il proprio compagno di
coalizione; in preda ad una crisi di nervi, perché pervasa da pulsioni
antagoniste mentre si governa, cioè si è protagonisti. Proprio a proposito, si
è assistito ad un originale siparietto che stava maturando in una crisi di
governo allucinante in occasione della decisione se costituirsi parte civile
nel processo Martucci: non ci si è infine costituiti ma le sinistre appunto
antagoniste hanno preteso un distinguo formale poi prontamente rovesciato sulle
pagine dei giornali. Intanto
l’opposizione, già resa costituzionalmente esigua dagli ultimi due
risultati elettorali, non ha dato alcun fastidio, e ha guardato allo spettacolo
improvviso e generoso con ammirata gratitudine: le destre mai avrebbero potuto
credere ad un centrosinistra che dissipa da sè i propri motivi fondanti e le
pulsioni positive per aprire spazi da cortile, vaste aie nelle quali beccarsi o
ingozzarsi di mangime. Su tale proscenio i
partiti politici simulano la propria esistenza con operazioni di facciata
mal riuscite: al contrario, ogni partito esiste in modo riflesso perché ha un
uomo-partito o una squadra-partito, una o più persone che prendono decisioni
dopo essersi consultati con se stessi. E la classe dirigente?
I segretari dei partiti lo sono per lo più in senso aziendale: come le
segretarie d’azienda o le dattilografe, inviano a intervalli frequenti e
regolari scialbi comunicati alle redazioni di giornali piccoli e piccolissimi; le locali segreterie politiche sono
poste in essere per contare ed ammonticchiare le tessere, e per il disbrigo
famelico di minuscoli affari quotidiani. I troppi
intellettuali presenti sul territorio non distolgono l’attenzione,
puntigliosa e vana, dalle ricerche su Epifanio Ferdinando, probabilmente giunte
ad un ventennio di faldoni, e nei ritagli di tempo stendono faticose prefazioni
ad orribili rime in vernacolo. La stampa
o è libera dal condizionamento politico di una parte o lo è dall’altra: mai da
entrambe e contemporaneamente, e pettegola a sei colonne o cita le targhe dei
veicoli coinvolti negli incidenti stradali perché i lettori trovino ispirazione
per i numeri del lotto. Fummo facili profeti in patria, chiedendo la verifica
ormai un mese addietro. Ora diciamo che si sarebbe potuta tenere in condizioni
di maggiore autorevolezza. Se deve cambiare tutto perché non cambi niente, se
si sceglierà di sacrificare il più debole dei capri espiatori, allora il
momento sarà stato anche inutile, oltre che ridicolo.
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