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Partita decisiva: quale economia per il futuro di Brindisi |
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Quella che è stata fino ad oggi convinzione di alcuni è tempo che
diventi presa di coscienza dell’intera comunità cittadina. E perché ciò avvenga
le cose vanno dette con l’estrema chiarezza del «sì, sì»; «no, no» perché il resto, come insegna la saggezza
evangelica, appartiene al «maligno». Vale
a dire, nel nostro caso, all’ambiguo linguaggio di una politica che vive di
antipolitica e coltiva i suoi progetti lontano dagli interessi della gente e
dei lavoratori tentando talvolta di utilizzare strumentalmente questi ultimi
quando vede messi in pericolo i suoi disegni e la sua egemonia. Una politica
che si identifica con le istituzioni quando riesce a modellarle a suo
piacimento ma che si scopre antistituzionale, persino con qualche inclinazione
barricadiera, quando queste tentano di recuperare la propria identità per porsi
ad esclusivo servizio degli interessi generali. Guardando allora a quanto sta avvenendo in questi giorni,va fatta una
considerazione di centrale importanza. Il partito trasversale che ha regalato a
Brindisi la tragica situazione economica occupazionale ed ambientale che è
sotto gli occhi di tutti, dopo un ritiro tattico conseguente allo sconcerto
provocato da indagini giudiziarie peraltro in corso e dalla fine traumatica
della Giunta Antonino, è oggi tornato alla grande, sia pure senza il visibile
protagonismo di alcuni suoi attori di primo piano, sulla scena politica locale,
prima con alcune significative sortite e poi creando difficoltà a coloro che,
pervenuti di recente ai vertici delle istituzioni locali, stanno cercando di
avviare in qualche modo un diverso progetto di sviluppo economico che apra
nuovi spazi alla portualità, al turismo, all’agricoltura, all’artigianato ed a
tutte quelle altre attività, proprie soprattutto delle piccole e medie imprese,
che possono dare sbocco positivo alle tante vocazioni e potenzialità produttive
del territorio. Dopo le pronunce delle maggiori istituzioni locali in favore di un
nuovo sviluppo e contro progetti che lo vanificherebbero, come la realizzazione
del rigassificatore e l’impiego oltre ogni limite del carbone nelle centrali,
si sta oggi giocando una partita decisiva per il futuro di Brindisi tra chi
vuole che le cose vadano avanti come sono andate finora con l’aggravamento
peraltro della già pesante situazione e chi chiede un cambiamento di indirizzo
che, razionalizzando e rendendo compatibili gli insediamenti industriali
esistenti, punti a favorire la creazione di fonti nuove di produzione e di
lavoro. Questa è oggi per Brindisi la “madre” di tutte le battaglie politiche.
Una partita giocata tra due aree che non coincidono con i classici schieramenti
di centro-destra e di centro-sinistra e neppure con le rappresentanze sociali
dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti ma attraversano tali fronti
determinando in seno ad essi conflitti e fratture. In un recente intervento il prof. Federico Pirro ha rivolto un’aperta
critica a «quei settori delle autorità
locali» che punterebbero prevalentemente sulla portualità, sul turismo e
sui servizi. Ed ha aggiunto che «senza
grande industria, potenziata e arricchita e resa ecosostenibile … Brindisi non ha un futuro economico». Ma
quali sono i «settori» delle autorità
locali che Pirro censura? E da dove trae la convinzione che questi settori non
vogliano difendere gli insediamenti industriali esistenti ovviamente
rendendoli, come egli stesso dice, «ecosostenibili»?
Ed il potenziamento della grande industria che egli auspica include forse la
realizzazione del rigassificatore e l’incremento del polo energetico con
accresciuta alimentazione a carbone? Crede davvero il prof. Pirro che si possa
rendere «ecosostenibile» un ulteriore
incremento della grande industria in un’area ad alto rischio di crisi ambientale
e di incidenti rilevanti? Ed ancora, una ineludibile domanda: la grave crisi
che stiamo vivendo, una crisi endemica divenuta in questi giorni più acuta, non
è forse figlia legittima di questo fallimentare assetto della nostra economia? Il progetto per un nuovo modello di sviluppo è stato il fiore
all’occhiello di tutte le forze politiche durante la recente campagna
elettorale amministrativa. Una espressione di volontà politica questa che, per
quanto talvolta genericamente formulata, conferma come siano avvertibili i
limiti, le storture ed i danni di una economia che senza risolvere il problema
dell’occupazione, ed anzi progressivamente aggravandolo, ha devastato
l’ambiente ed ha fatto crescere a dismisura i pericoli per l’incolumità dei
cittadini ed alcune gravi patologie specialmente di natura tumorale. L’opinione
pubblica locale si è espressa ripetutamente, e continuerà a farlo, per un
ripensamento ed una nuova progettazione della nostra economia: ne prendano
buona nota il partito trasversale del “vecchio che avanza” ed i suoi tanti
profeti.
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