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Donne in guerra |
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Un celebre studio di psicologia
maschile definì anni fa la prima guerra mondiale l’ultima esperienza
“primitiva” inscritta in un universo simbolico esclusivamente maschile: il
fronte è una virtuale casa “degli uomini” da cui la donna è assente. Al
contrario la seconda guerra mondiale dilaga sul territorio, i fronti sono
mobili e la popolazione civile è drammaticamente coinvolta negli scontri di
cielo e di terra. Le donne non sono più soltanto devastate dal dolore per
l’assenza maschile o vittime di stupri degli invasori; sono toccate
direttamente nella quotidianità da una guerra che si rivela aperta anche ad
esiti gerarchici e militari: dunque aperta a diversi protagonismi, anche
sessuali. Su “Repubblica”, di recente,
Francesco Merlo ha scritto che tutte “le pulsioni forti della nostra epoca si
agitano nelle donne”. Pensiamo a due immagini su
tutte: la donna americana torturatrice con il prigioniero iracheno al
guinzaglio; la kamikaze cecena che si fa saltare in aria con un bimbo
terrorizzato tra le braccia. Davvero viviamo “in tempi bui”,
tempi carichi di paura per donne e uomini, per alcuni di loro più che per
altri, come sempre. Quasi dieci anni fa, in
occasione della Conferenza mondiale sulla donna promossa dall’Onu, fu rivolta
ai governi i tutti gli stati la richiesta di promuovere una presenza femminile
nelle azioni di prevenzione di un esito violento dei conflitti. Ma i tempi sono velocemente
cambiati da allora: le guerre preventive hanno tolto spazio per una
progettualità politica contaminata dalla fantasia. Anzi, potremmo osare un’ipotesi
sull’uso delle donne da parte del terrorismo islamico o palestinese:
l’esplicito arruolamento delle donne in quanto tali. Il loro essere donne è
giocato come arma simbolica contro il nemico: il terrorismo “estremo femminile”
sarebbe proposto come “variante dell’emancipazione e della parità”, ostentata
bandiera dell’occidente. Una pista di riflessione. Certo nello scontro in atto,
oltre agli stessi problemi di egemonia interni al mondo arabo e ai tanti odi
dalle antiche radici, tutt’altro che secondaria rimane la questione scottante
della libertà femminile.
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