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Donne in guerra
  
di Gabriele DE BLASI

Fa riflettere l’accelerazione con cui le donne stanno raggiungendo sempre più i livelli di crudeltà che qualcuno riteneva un’”

Un celebre studio di psicologia maschile definì anni fa la prima guerra mondiale l’ultima esperienza “primitiva” inscritta in un universo simbolico esclusivamente maschile: il fronte è una virtuale casa “degli uomini” da cui la donna è assente. Al contrario la seconda guerra mondiale dilaga sul territorio, i fronti sono mobili e la popolazione civile è drammaticamente coinvolta negli scontri di cielo e di terra. Le donne non sono più soltanto devastate dal dolore per l’assenza maschile o vittime di stupri degli invasori; sono toccate direttamente nella quotidianità da una guerra che si rivela aperta anche ad esiti gerarchici e militari: dunque aperta a diversi protagonismi, anche sessuali.

Su “Repubblica”, di recente, Francesco Merlo ha scritto che tutte “le pulsioni forti della nostra epoca si agitano nelle donne”.

Pensiamo a due immagini su tutte: la donna americana torturatrice con il prigioniero iracheno al guinzaglio; la kamikaze cecena che si fa saltare in aria con un bimbo terrorizzato tra le braccia.

Davvero viviamo “in tempi bui”, tempi carichi di paura per donne e uomini, per alcuni di loro più che per altri, come sempre.

Quasi dieci anni fa, in occasione della Conferenza mondiale sulla donna promossa dall’Onu, fu rivolta ai governi i tutti gli stati la richiesta di promuovere una presenza femminile nelle azioni di prevenzione di un esito violento dei conflitti.

Ma i tempi sono velocemente cambiati da allora: le guerre preventive hanno tolto spazio per una progettualità politica contaminata dalla fantasia.

Anzi, potremmo osare un’ipotesi sull’uso delle donne da parte del terrorismo islamico o palestinese: l’esplicito arruolamento delle donne in quanto tali. Il loro essere donne è giocato come arma simbolica contro il nemico: il terrorismo “estremo femminile” sarebbe proposto come “variante dell’emancipazione e della parità”, ostentata bandiera dell’occidente. Una pista di riflessione. Certo nello scontro in atto, oltre agli stessi problemi di egemonia interni al mondo arabo e ai tanti odi dalle antiche radici, tutt’altro che secondaria rimane la questione scottante della libertà femminile. 

 

 

 


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