|
|
L'Europa allargata è ora una realtà |
|
La nozione di Europa è apparsa a
lungo chiara e semplice, ma le sue origini sono vaghe, anche se essa è sorta
certamente dal bisogno di organizzare la geografia del mondo conosciuto. Nell’antichità, l’Europa era
considerata una delle parti del mondo, definita in opposizione all’Asia ed
all’Africa con cui confinava. Per i saggi greci fu probabilmente una
espressione di comodo: l’Europa si estendeva a occidente dell’Egeo, nel mondo
ellenico, ed i suoi confini svanivano nelle nebbie del Nord e dell’Oceano. Fu
vanto di Roma, poi, costruire su vasti territori un impero ed una civiltà che
si estesero in tutte le direzioni e fissarono la funzione ed il centralismo
culturale e politico dell’Europa mediterranea. Al tempo di Cesare Roma dominava
l’Europa; in quel periodo si tratteggia però un dualismo: da un lato l’Europa
romana e latinizzata, il Paese organizzato colto e provvisto di strade, mentre
al di là del Reno e del Danubio un’altra Europa, quella barbara, inquieta ed
insurrezionale. Le linee del limes romano
si ritrovano nella compartimentazione politica e culturale di oggi: coesistono
le differenze nazionali come tra Irlanda e Regno Unito, Belgio e Paesi Bassi,
Francia e Germania, Ungheria, Romania, in buona parte dovute alle eredità
lasciate localmente dall’impero romano. Dopo l’anno Mille, emerge la
realtà di un’Europa chiusa tra il Mediterraneo e l’Atlantico del Nord,
costituita da un gran numero di unità politiche diverse, un’Europa cosciente di
una certa indipendenza interna, rafforzata dalle leghe delle città mercantili e
dalle alleanze dinastiche. Un’Europa che con il XII secolo si precisa ancor più
con le Crociate e si contrappone all’Oriente musulmano. Il Rinascimento, nel XV e nel
XVI secolo, accelera lo sviluppo culturale ed economico con un lungo periodo di
espansione marittima che durerà ben 500 anni e conferirà al continente, con le
esplorazioni e le spedizioni marittime, un ruolo di dominio e di organizzazione
in altri continenti. L’Europa riveste in quel preciso momento storico, l’abito
della conquistatrice, della dominatrice avida di ricchezza e potenza fonte di
emigrazioni colonizzatrici. Si diffonde il concetto di un’Europa tesa alla
diffusione della superiorità occidentale. Nel XX secolo, con la perdita
degli imperi coloniali, con le divisioni interne che trascinarono i popoli
europei entro due orribili conflitti, il ruolo egemone dell’Europa parve
seriamente indebolito, ma grazie al ruolo trainante e coagulante dell’unità
europea oggi il Vecchio Continente ha ritrovato una sua più giusta e congeniale
misura nel grande quadro geopolitico mondiale. Dal primo maggio 2004 l’Europa è
divenuta più grande. Dieci nuovi paesi- Estonia, Lettonia, Lituania., Polonia,
Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Cipro e Malta- si sono aggiunti ai 379
milioni di abitanti della precedente Unione portando a 454 milioni i cittadini
della nuova Europa. Con l’Europa a 25 e poi più avanti a 27 con Romania e
Bulgaria (nel 2007) aumentano per tutti le possibilità di scambio, di produrre,
di vendere ed acquistare su una scala più ampia, ma anche di lavorare.
Partecipare alle stesse istituzioni, decidere insieme ad altri, accettare le
regole del grande mercato, significa contribuire alla realizzazione della
grande Europa. La novità è anche che, dal primo
maggio, in Europa si decide in 25 e non più in 15 ed è per questo che è
assolutamente necessaria una Costituzione europea che fissi delle regole per
tutti. Servizi, capitali e persone
potranno circolare più liberamente. I 10 nuovi Paesi non adotteranno
subito l’euro, l’eventuale adesione alla moneta unica sarà lenta e graduale,
paese per paese, perché si tratta di economie ancora fragili, inoltre le
differenze tra le “due Europe” sono ancora profonde. Mentre i legami economici
tra le due aree d’Europa si intensificheranno rapidamente, non sarà così su
numerosi altri aspetti dell’integrazione a causa della dimensione
dell’allargamento. È da ricordare che dal 1958 la
Comunità europea si è ampliata quattro volte: il primo gennaio 1973 entrarono
nel mercato comune Regno Unito, Danimarca e Irlanda e così la Comunità
economica europea passò dai sei membri fondatori –Germania, Italia, Francia,
Belgio, Lussemburgo e Olanda – a nove membri ai quali si aggiunsero Grecia
(1981), Spagna e Portogallo (1986), Austria e Finlandia (1995). L’integrazione comunque
procederà a passo lento. Pensiamo alle frontiere: i cittadini dei dieci nuovi
paesi dovranno avere un documento di identità per attraversarle. Quanto poi
all’immigrazione: per ragioni di lavoro per i primi due anni continueranno a
funzionare le norme nazionali, ma ci sarà la possibilità fino a 7 anni in
totale di far valere le attuali barriere se saranno accertati “danni” ai
mercati del lavoro dei vari paesi in conseguenza della pressione alle frontiere. Commissione europea e molti
studiosi sostengono che la paura di una invasione dall’est di lavoratori a
basso costo sia esagerata, poiché si stima che gli arrivi potrebbero risultare
consistenti ma non “destabilizzanti”. Germania e Austria rimangono “all’erta”
in quanto sono i paesi più esposti ed accolgono da soli i due terzi dei
lavoratori provenienti dall’est. Seguono Belgio, Danimarca, Finlandia e Grecia.
L’Italia applicherà restrizioni per i primi due anni. I paesi più liberali sono
Irlanda e Regno Unito, anche se quest’ultimo ha escluso per due anni i nuovi
immigrati dai benefici della sicurezza sociale.
|
|
|