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L'Europa allargata è ora una realtà
  
di Giancarlo COCCO

L’EUROPA ALLARGATA E’ ORA UNA REALTA’

La nozione di Europa è apparsa a lungo chiara e semplice, ma le sue origini sono vaghe, anche se essa è sorta certamente dal bisogno di organizzare la geografia del mondo conosciuto.

Nell’antichità, l’Europa era considerata una delle parti del mondo, definita in opposizione all’Asia ed all’Africa con cui confinava. Per i saggi greci fu probabilmente una espressione di comodo: l’Europa si estendeva a occidente dell’Egeo, nel mondo ellenico, ed i suoi confini svanivano nelle nebbie del Nord e dell’Oceano. Fu vanto di Roma, poi, costruire su vasti territori un impero ed una civiltà che si estesero in tutte le direzioni e fissarono la funzione ed il centralismo culturale e politico dell’Europa mediterranea.

Al tempo di Cesare Roma dominava l’Europa; in quel periodo si tratteggia però un dualismo: da un lato l’Europa romana e latinizzata, il Paese organizzato colto e provvisto di strade, mentre al di là del Reno e del Danubio un’altra Europa, quella barbara, inquieta ed insurrezionale. Le linee del limes romano si ritrovano nella compartimentazione politica e culturale di oggi: coesistono le differenze nazionali come tra Irlanda e Regno Unito, Belgio e Paesi Bassi, Francia e Germania, Ungheria, Romania, in buona parte dovute alle eredità lasciate localmente dall’impero romano.

Dopo l’anno Mille, emerge la realtà di un’Europa chiusa tra il Mediterraneo e l’Atlantico del Nord, costituita da un gran numero di unità politiche diverse, un’Europa cosciente di una certa indipendenza interna, rafforzata dalle leghe delle città mercantili e dalle alleanze dinastiche. Un’Europa che con il XII secolo si precisa ancor più con le Crociate e si contrappone all’Oriente musulmano.

Il Rinascimento, nel XV e nel XVI secolo, accelera lo sviluppo culturale ed economico con un lungo periodo di espansione marittima che durerà ben 500 anni e conferirà al continente, con le esplorazioni e le spedizioni marittime, un ruolo di dominio e di organizzazione in altri continenti. L’Europa riveste in quel preciso momento storico, l’abito della conquistatrice, della dominatrice avida di ricchezza e potenza fonte di emigrazioni colonizzatrici. Si diffonde il concetto di un’Europa tesa alla diffusione della superiorità occidentale.

Nel XX secolo, con la perdita degli imperi coloniali, con le divisioni interne che trascinarono i popoli europei entro due orribili conflitti, il ruolo egemone dell’Europa parve seriamente indebolito, ma grazie al ruolo trainante e coagulante dell’unità europea oggi il Vecchio Continente ha ritrovato una sua più giusta e congeniale misura nel grande quadro geopolitico mondiale.

Dal primo maggio 2004 l’Europa è divenuta più grande. Dieci nuovi paesi- Estonia, Lettonia, Lituania., Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Cipro e Malta- si sono aggiunti ai 379 milioni di abitanti della precedente Unione portando a 454 milioni i cittadini della nuova Europa. Con l’Europa a 25 e poi più avanti a 27 con Romania e Bulgaria (nel 2007) aumentano per tutti le possibilità di scambio, di produrre, di vendere ed acquistare su una scala più ampia, ma anche di lavorare. Partecipare alle stesse istituzioni, decidere insieme ad altri, accettare le regole del grande mercato, significa contribuire alla realizzazione della grande Europa.

La novità è anche che, dal primo maggio, in Europa si decide in 25 e non più in 15 ed è per questo che è assolutamente necessaria una Costituzione europea che fissi delle regole per tutti.

Servizi, capitali e persone potranno circolare più liberamente.

I 10 nuovi Paesi non adotteranno subito l’euro, l’eventuale adesione alla moneta unica sarà lenta e graduale, paese per paese, perché si tratta di economie ancora fragili, inoltre le differenze tra le “due Europe” sono ancora profonde. Mentre i legami economici tra le due aree d’Europa si intensificheranno rapidamente, non sarà così su numerosi altri aspetti dell’integrazione a causa della dimensione dell’allargamento.

È da ricordare che dal 1958 la Comunità europea si è ampliata quattro volte:

il primo gennaio 1973 entrarono nel mercato comune Regno Unito, Danimarca e Irlanda e così la Comunità economica europea passò dai sei membri fondatori –Germania, Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo e Olanda – a nove membri ai quali si aggiunsero Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986), Austria e Finlandia (1995).

L’integrazione comunque procederà a passo lento. Pensiamo alle frontiere: i cittadini dei dieci nuovi paesi dovranno avere un documento di identità per attraversarle. Quanto poi all’immigrazione: per ragioni di lavoro per i primi due anni continueranno a funzionare le norme nazionali, ma ci sarà la possibilità fino a 7 anni in totale di far valere le attuali barriere se saranno accertati “danni” ai mercati del lavoro dei vari paesi in conseguenza della pressione alle frontiere.

Commissione europea e molti studiosi sostengono che la paura di una invasione dall’est di lavoratori a basso costo sia esagerata, poiché si stima che gli arrivi potrebbero risultare consistenti ma non “destabilizzanti”. Germania e Austria rimangono “all’erta” in quanto sono i paesi più esposti ed accolgono da soli i due terzi dei lavoratori provenienti dall’est. Seguono Belgio, Danimarca, Finlandia e Grecia. L’Italia applicherà restrizioni per i primi due anni. I paesi più liberali sono Irlanda e Regno Unito, anche se quest’ultimo ha escluso per due anni i nuovi immigrati dai benefici della sicurezza sociale.

 

 


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