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Oscar Wilde, la più alta espressione dell’Estetismo decadente |
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“Sono le passioni,
sulla cui origine noi inganniamo noi stessi, che ci tiranneggiano con maggior
forza. Le nostre motivazioni più deboli sono quelle della cui natura siamo
consapevoli. Spesso capita che quando pensiamo di sperimentare sugli altri, in
realtà, sperimentiamo su noi stessi”. Oscar
Wilde nacque a Dublino il 16 ottobre del 1854, poeta, autore di teatro,
romanziere irriverente e anticonformista, grazie ad una vita particolarmente
agiata, oltre ai numerosi viaggi, poté soddisfare il suo amore per il senso
estetico, l’eleganza, la ricerca continua per la raffinatezza e la sua infinita
vanità. La frequentazione del bel mondo dell’epoca gli portò la fama di
conversatore paradossale e legò la sua figura allo stereotipo del “dandy” godereccio, sempre e comunque scandaloso; pieno di sé a tal
punto da sentenziare continue massime e riflessioni sulla vita. Una vita che
lui stesso visse tra normalità e continui eccessi: si sposò con Constance
Lloyd, una ragazza dublinese di buona famiglia da cui ebbe due figli, ma fu
anche processato e condannato a due anni di lavori forzati per l’ostentata
frequentazione, allora perseguita per legge,
di un giovane inglese; ispirato proprio alla
prigionia è rimasto celebre il testo poetico, considerato forse il suo
capolavoro in tale genere: “La ballata del carcere di Reading”, scritto a seguito
del suo rilascio e consegnato alla stampa in forma anonima “…Mai vidi uomini
tristi guardare con tanta ansia negli occhi l’esigua tenda azzurra che noi
carcerati chiamiamo cielo…” Oscar Wilde fu la più
alta espressione dell’Estetismo decadente, le sue trame e i suoi dialoghi
mostrano un grande acume e straordinaria capacità e voglia di colpire e
provocare il pubblico di quell’epoca. Di se stesso disse: “Volete sapere il
grande dramma della mia vita? È che ho messo il mio genio nella mia vita e
soltanto il mio talento nelle mie opere”. Genio contraddittorio fu in grado di
scrivere opere per bambini come “Il fantasma di Canterville” o “Una casa di
melograni” e al tempo stesso essere censurato per il testo teatrale “Salomè”,
dramma sulla passione ossessiva, del quale fu proibito l’allestimento in
Patria, ed in seguito rappresentato a Parigi nel 1896. Le
opere teatrali più interessanti, contraddistinte da intrecci brillantemente
congegnati, sono le quattro commedie “Il ventaglio di Lady Windermere”,
rappresentato per la prima volta nel 1892, “Una donna senza importanza” del
1893, “Un marito ideale” del 1895 e “L’importanza di chiamarsi Ernesto” del
1895. Il suo
unico romanzo, e la sua opera sicuramente più famosa è “Il ritratto di Dorian
Gray”, una storia di decadenza morale in cui Wilde non risparmia il
protagonista da un declino inesorabile che lo condurrà verso un abisso di
corruzione. Ad una prima stesura, pubblicata nel 1890 sulla rivista
Lippincott’s Monthly Magazine, Wilde aggiunse, l’anno successivo, una
prefazione e sei nuovi capitoli quasi a voler rispondere alle eccessive e
violente critiche che il libro aveva suscitato. Nel
1895, all’apice della carriera fu, come già detto, al centro di uno dei
processi più chiacchierati del secolo, e quando uscì di galera era
finanziariamente rovinato e psicologicamente segnato. Per sfuggire ai continui
pettegolezzi e alle calunnie, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Parigi
con il nome di Sebastian Melmoth e, poco prima della morte, avvenuta per
meningite nel 1900, si convertì al cattolicesimo. A
centocinquanta anni dalla sua nascita Oscar Wilde rimane una delle figure più
ammalianti ed eccentriche del XIX secolo, ha saputo scandalizzare e al tempo
stesso affascinare intere generazioni, ha regalato al mondo aforismi di
bruciante ironia e ha saputo analizzare l’animo umano senza ipocrisie… “Raramente si dicono verità che meritino di essere dette.
Bisognerebbe scegliere le verità con la stessa cura con cui si scelgono le
menzogne, e scegliere le nostre virtù con quella stessa cura che dedichiamo
alla scelta dei nostri nemici”.
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