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Rigassificatore ? No, grazie. |
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Sono stati certamente mesi importanti, questi, per
Brindisi, mesi nei quali il rinnovo delle amministrazioni locali è coinciso con
alcuni apprezzabili segnali di crescita nell’ambito della coscienza cittadina e
delle prospettive di sviluppo del territorio. Sono stati mesi nei quali la
parola è passata finalmente alla città e alla sua gente che ha avuto la
capacità di decidere da sé, senza condizionamenti esterni, la strada o le
strade da intraprendere e quelle da abbandonare. Al centro del dibattito c’è stato
senza dubbio il delicato e controverso tema del rigassificatore, l’impianto che
la società Lng (nata dall’alleanza tra l’inglese British Gas e l’Enel), avrebbe
voluto costruire a Brindisi, forte degli esiti positivi della conferenza dei
servizi e del decreto governativo. Nulla di inconsueto per la città, tutto
secondo la tradizione: grossi impianti (per lo più stranieri o settentrionali),
pochi introiti, sfruttamento del territorio, nessuna prospettiva concreta di
sviluppo, disoccupazione e grossi rischi ambientali. Tutti ingredienti ben noti
ai brindisini, ingredienti di una ricetta che certamente non ha fatto la
fortuna della città. Il tema del rigassificatore, oltre
ad essere stato terreno di confronto tra i vari schieramenti politici nel corso
delle recenti campagne elettorali, è penetrato nelle piazze, nelle strade, nei
luoghi di ritrovo, nelle mura domestiche ed ha trovato il suo miglior tavolo di
discussione nelle aule del Consiglio Provinciale e Comunale, che, a tal
proposito, si sono espressi con parere negativo. Infatti, dopo il no secco ed
unitario del Consiglio Provinciale è arrivato puntuale quello altrettanto deciso
del Consiglio Comunale che, dopo sei ore di dibattito aperto, nella seduta
pomeridiana del 9 settembre, con voto unanime ha negato alla Lng la concessione
edilizia di cui, come è previsto, necessita per poter avviare i lavori di
costruzione dell’impianto nell’area di Capo Bianco. E i motivi del diniego sono stati
sintetizzati dal sindaco Domenico Mennitti in tre concetti fondamentali: 1) la
città ha manifestato apertamente il proprio parere negativo attraverso le
ottomila firme raccolte dalle associazioni ambientaliste; 2) il rigassificatore
provocherebbe una deviazione sostanziale rispetto alle linee di sviluppo
programmate per la città che prevedono la centralità del porto inteso sia come
risorsa insostituibile sia come infrastruttura grazie alla sua polifunzionalità;
3) il rigassificatore contrasta in maniera evidente col progetto di
riqualificazione urbanistica della città realizzato intorno all’idea di “città
di fronte al mare”, inteso come grande mezzo di comunicazione, di scambi e di
sviluppo. Un no, quindi, giustificato non solo dai possibili rischi ambientali
che tale impianto potrebbe aggiungere al territorio locale, ma anche
dall’evidente incompatibilità col nuovo volto che si intende dare alla città e
alla provincia nel segno di una reale rinascita. Va ricordato, comunque, che,
essendoci stato un dibattito molto aperto, non sono mancate anche voci
discordi. Le tesi di coloro che hanno associato il rigassificatore alla parola
sviluppo, considerando minimo l’impatto ambientale, e quelle di coloro che,
prima di esprimersi in senso negativo, avrebbero voluto valutare concretamente
l’esistenza o meno di reali rischi per il territorio grazie al parere di
esperti, pur essendo uscite sconfitte dal tavolo di discussione, troveranno la
loro reale valutazione nel tempo, che le smentirà o le avvalorerà. Al di là di tutto, però, sebbene
si sia data una svolta tangibile al lungo braccio di ferro tra amministrazioni
locali e Lng, non è detto che la questione si chiuda in questo modo. Adesso si
attendono le mosse della società interessata alla costruzione dell’impianto,
che potrebbe scegliere di agire in sede giudiziaria, anche se, a dire il vero,
sembra improbabile che si possa imporre alla città qualcosa che esplicitamente
è stato rifiutato. E la fiducia sta nella fermezza
degli amministratori locali che vogliono combattere fino in fondo una battaglia
fondamentale per le sorti del territorio adottando anche mezzi molto decisi (il
presidente della Provincia Michele Errico, ad esempio, ha minacciato
addirittura le dimissioni formali sue e dell’intera Giunta provinciale come
atto eclatante da presentare al presidente della Repubblica). In qualunque modo vada a finire la
questione, resta come dato positivo la volontà, emersa in questi ultimi mesi,
di intraprendere una nuova strada democratica che, attraverso un dialogo
concreto tra cittadinanza e amministrazioni locali e una valutazione realistica
delle vocazioni del territorio, potrebbe col tempo portare buoni frutti.
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