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L'Europa del domani … e l'euro dell'odierno fastidio |
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Al solito: guardiamo al fastidio
portatoci dai centesimi dell’Euro e non ai pericoli derivanti dall’ingresso di
questo o quel Paese nel contesto europeo. Insomma: guardiamo al pulviscolo e
non alla trave. Per
quanto riguarda l’Italia la storia del centesimo è fasulla e vera ad un
medesimo tempo. La pubblicità impera e tenta di indurci al consumismo più
sfrenato. Fino ad invitarci a compiacerci del fatto che un bambino della media-borghesia
possa far spendere alla famiglia duemila euro a stagione (8000 l’anno, dunque)
nell’acquisto di capi firmati e di oggetti segnalati di continuo dalla TV. Ma
se giri canale trovi la televisione sparagnina. Quella che dice che occorre non
essere spreconi e che il guardarsi dallo scialacquare vuol dire giungere
comunque a fatica alla fine del mese. Ma questa è storia nostra che nel
contesto dell’Europa unita può avere valore o no. Il che equivale a dire che
occorrerebbe mettersi, una volta per tutte, d’accordo nel rifiutare di essere
il “popolo bue” che segue questa o quella corrente di pensiero senza troppo
chiedere al proprio cervello. E senza, allora, saper sceverare il grano dal
loglio. Se il campare è difficile, la colpa non è addebitabile solo all’euro.
Sta all’intelligenza di ognuno il trovare nel proprio io la giusta strada! L’Europa
del domani (ma in taluni casi già del presente) dovremmo piuttosto, quali
uomini e donne della “maggioranza” che vota senza ben conoscere le storie di
fondo, addentrarci esattamente in quel mondo che – diciamocelo francamente -
ignoriamo nei precordi. E già nelle votazioni di casa nostra comportarci in
modo seriamente propedeutico alla preferenza che poi saremo chiamati ad
esprimere in sede di scelta di deputati europei. Tre
esempi, elementari nella possibile “prima” acquisizione di coscienza. Ma
non passibili (attenzione, amico compositore, al cambio di vocale!) di
essere trascurati. Se non altro perché due di essi si presentano quali prodotti
da situazioni politiche differenti del tutto all’originale ma convergenti al
contrario in un unico alveo. Nella Repubblica Ceca il comunismo, che la
rivoluzione di Praga riuscì a battere con grande vantaggio sui tempi poi legati
al riformismo di Aleksander Dubcek (anticipò, ricordiamolo, il movimento
polacco antisovietico Solidarnosc), ha guadagnato nel 2002 il 18,5 per cento
dei consensi affermandosi come il più grande partito comunista d’Europa!
Persino i “falce e martello” russi di Gennadi Zhuganov devono seguire! I motivi
di questa preoccupante realtà? Rapporti tesi con l’Austria, con la Germania,
con l’Ungheria per storie di dissenso antico mai risolte. Una centrale nucleare
nel rpimo caso, il permanere cêco di un “no” al rientro di tedeschi ed
ungheresi già espulsi nell’immediato secondo dopoguerra negli altri due
contrasti tuttora in atto. Poi un permissivismo esagerato alla immigrazione di
rom, zingari, altri dell’Est. Infine un decadere dei valori umani e del senso
della famiglia che ha portato la repubblica Ceca al poco invidiabile primato
europeo negativo in tema di natalità: 1,12 per nucleo. La
Germania parte da una linea inversa ma apporta al contesto dell’Europa Unita
una pericolosità politica ugualmente forte. Dopo sessant’anni dalla tregenda
dei forni crematori il ritorno d’interesse per il Terzo Reich si profila
minaccioso all’orizzonte. I neonazisti (vedi “regionali” di Branderburgo e
Sassonia) salgono da 1,4 a 9,2. ascesa di poco, diranno i superficiali.
Progresso invece di notevole spessore. Perché gran parte della società tedesca
non considera più un tabù Hitler, Goebbels, Speer ed altri gerarchi di quel
tempo. E non è catastrofismo, allora, prevedere che gli ulteriori passi avanti
del revancismo sono forse dietro l’angolo. Il motivo principale è quello di una
unificazione Ovest-Est dopo la caduta del Muro che ha però comportato tutta una
serie di problematiche restate insolute. Infine
la Turchia. Chiede di entrare nell’Europa. La decisione sarà presa il 17
dicembre. Per il Vaticano l’ingresso turco nell’UE sarebbe “antistorico” per
via di un fondamentalismo islamico che impera. Dunque prodromo certo di una
conflittualità tra musulmani e cristiani. L’Italia passivamente accetta tutte
le situazioni che stanno via via creandosi senza porsi problemi. E questo è male,
perché non contribuisce alla chiarezza e alla soluzione degli spinosi casi.
Questo mio articolo è nato esattamente per provocare grazie ad
“Euromediterraneo” l’apporto di voci non coralmente concordi ma coralmente
interessate. Speriamo che la provocazione ai “pro” ed ai “contro” serva alla
causa. Dopotutto anche noi, uomini e donne della strada, abbiamo il diritto ed
il dovere di esprimere il nostro ragionato parere.
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