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Il mito di Sant'Oronzo, protettore delle genti del Salento |
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Per
noi salentini Sant'Oronzo rappresenta un simbolo al quale ispirarci. A Lecce
viene festeggiato con tutti gli onori dal ventiquattro al ventisei agosto, in
quanto patrono della città. In tali giorni, le strade del centro scintillano di
luci e l'atmosfera che si respira è gioiosa e affascinante. Da tutta la
provincia affluiscono folle numerose per commemorare il santo o anche
semplicemente per comprare la "cupeta" (torrone mandorlato) o per
fare un giro mozzafiato su una qualche giostra di ultima generazione. Ci
siamo mai chiesti come ha avuto inizio tale commemorazione e perché? Ci siamo
mai domandati perché Sant'Oronzo ha acquisito il patronato della cittadina
leccese? Intorno
alla figura di questo santo ruota una leggenda. San Paolo aveva un discepolo di
nome Giusto (che sarebbe poi divenuto santo). Gli ordinò di lasciare Corinto e
di ritornare in Italia per diffondere la dottrina cristiana. Durante il viaggio
egli incontrò Oronzo, un patrizio di Porto Adriano (oggi San Cataldo). Costui
era un non credente ma, dopo essersi fatto battezzare da Giusto, si convertì.
La sua vita da quel giorno cambiò radicalmente. Abbracciò la vita ecclesiastica
e fu nominato vescovo dallo stesso San Paolo. La sua storia, tuttavia, ebbe un
triste epilogo. Sant'Oronzo fu decapitato e la sua testa gettata in un pozzo.
In questo luogo sorse la Chiesa a lui dedicata fuori le mura della città. La
devozione a questo santo, però, risale a tempi più recenti, anche se la sua origine
va ricercata nei primordi del Cristianesimo. Nel 1639 s'insediò a Lecce il
vescovo Luigi Pappacoda che da subito s'impegnò affinché la diocesi potesse
risollevarsi sia a livello religioso sia istituzionale. Uno dei suoi obiettivi
primari era quello di rilanciare il culto di Sant'Oronzo e, a tale scopo, si
servì della mancata crisi endemica del 1656 per imporre il patronato del santo.
Il popolo si sentiva "miracolato" per essere scampato alla sciagura e
il Pappacoda approfittò del clima generale per portare a termine il suo
progetto. In
quegli anni, l'immaginazione collettiva toccò picchi molto alti. C'era chi era
pronto a giurare di aver visto il santo allontanare il terribile morbo dalla
città; altri affermarono di aver udito voci angeliche seguite da strane
visioni. Nel 1658 il vescovo riuscì ad ottenere dalla Sacra Congregazione dei
Riti la legittimità canonica al culto di Sant'Oronzo. In
questo periodo si trovava in Terra d'Otranto don Domenico Aschinia, mistico
visionario calabrese. Egli, nelle sue "Rivelazioni",
descrisse i miracoli compiuti da Sant'Oronzo per tenere la peste lontana dal
Salento. Il
"fenomeno" Sant'Oronzo ebbe una risonanza incredibile. In ogni
quartiere e in ciascuna piazza si parlava del santo e il popolo finì per
oscurare un altro culto esistente a Lecce, quello di Sant'Irene, la santa che,
fino a quel momento, era stata la patrona della cittadina. Il
vescovo fece erigere in tutto il circondario diocesano chiese e altari
intitolati al santo e agevolò la celebrazione di tridui di preghiera e di
predicazione. Per onorare la nuova devozione fu eretta una colonna in cima alla
quale fu posta una statua di Sant'Oronzo. L'impegno
del prelato fu tale che il culto ben presto oltrepassò i confini della diocesi
leccese, entrando nel cuore di molti salentini. "Per la prima volta nel devozionismo controriformista si afferma un
culto interclassista, che non conosce cioè chiusure di censo e di cultura",
scrive il professor Mario Spedicato, docente di Storia Moderna presso
l'Università di Lecce. "A Lecce
coinvolse nella stessa misura e con la stessa intensità sia i ceti popolari
quanto l'aristocrazia, sia il potere ecclesiastico come quello civile". A
Luigi Pappacoda successe Antonio Pignatelli, il quale, pur avendo ottimi
propositi, deluse le aspettative e non riuscì a conservare le
"conquiste" fatte dal suo predecessore. Tranne una. Il suo cattivo
operato, infatti, non riuscì a cancellare ciò che ormai era penetrato nei
salentini: l'amore e la devozione per Sant'Oronzo. Fu
così che il culto resistette al tempo e ai periodi bui, perdurò e s'insediò
nelle chiese, nei paesi, nelle case. Ovunque si diffusero le immagini sacre del
santo, le preghiere a lui dedicate, le suppliche. Ogni centro abitato, dal 1656
in poi, poté contare sul sostegno non solo del proprio santo-patrono, ma anche
sull'appoggio di Sant'Oronzo che, ancora oggi, può essere considerato il
"patrono" del Salento e il protettore della sua gente.
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