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Una nuova politica sanitaria per la Puglia: dal decisionismo all’ascolto |
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politica sanitaria della Regione in questi anni ha rappresentato il principale
terreno di confronto nella recente consultazione elettorale ed è tutt’altro che
azzardato attribuire ad essa l’esito del voto del 3 e 4 aprile scorsi. All’indomani
dell’insediamento della Giunta Fitto, l’allora assessore al Bilancio, Rocco
Palese, delineò sulla stampa locale la filosofia della politica in campo
sanitario del neonato governo regionale. La tesi di fondo era la seguente: lo
Stato non può più assicurare tutto a tutti, la tecnologia biomedica è sempre
più avanzata e costosa, l’integrazione
con il privato assicurerà i livelli di eccellenza, il pareggio di bilancio
assicurerà lo sviluppo del settore. Lo stesso Fitto, nel discorso di
insediamento aveva dedicato alla sanità solo due parole che esprimevano
laconicamente la promessa per la Puglia di una sanità di livello europeo.
Mancava invero nel progetto generale - ed è poi mancato nella pratica
governativa degli anni seguenti - ogni riferimento alla partecipazione, alla
prevenzione, alla ricerca ed alla innovazione in sanità. La
partecipazione, che è apparsa lontana dalla cultura della giunta uscente,
è connaturata al tema della salute
tanto da potersi affermare con certezza che non esiste un altro settore della
vita sociale come quello dell’organizzazione sanitaria e delle misure orientate
a conservare la salute nel quale la percezione soggettiva dei bisogni e quella
collettiva delle risposte alle domande della gente assume un ruolo così
determinante. Il problema della sanità è stato invece trattato come una
questione prevalentemente economico-finanziaria o al massimo
tecnico-burocratica: un errore gravissimo rivelatore di una cultura che spesso
a parole assume la difesa del diritto alla vita ma che poi nei fatti lo
mortifica nei suoi contenuti essenziali come quello della salute e quello di un dignitoso lavoro. Ciò che gli
operatori ed i cittadini si attendono dal nuovo governo regionale è quindi un
cambio radicale di filosofia che si manifesti attraverso l’attivazione di forme
stabili di partecipazione e consultazione, peraltro in parte previsti anche
dalla legge, ma finora per niente utilizzati. L’altra
grande assente della politica sanitaria del centro destra è stata poi la
prevenzione, soprattutto la “vera” prevenzione, non a caso denominata
“primaria”, quella che tende a prevenire le malattie attraverso misure non solo
sanitarie ma anche ambientali, sociali, urbanistiche, riguardanti cioè ogni
settore della vita che abbia ripercussioni sulla salute individuale e collettiva. Un’altra
carenza fondamentale delle politiche realizzate nella nostra Regione emerge
dalla modalità con cui il governo uscente ha affrontato la annosa
questione del ritardo tecnologico che
la Puglia, anche per cause storiche, registra rispetto al resto del Paese.
Ritardo che è stato gestito quasi si trattasse solo di una questione legata
alla carenza di apparecchiature, alla loro acquisizione o, peggio, solo
all’acquisto di prestazioni.Approccio teorico questo paragonabile per
superficialità a quello che in ambito industriale ritenesse sufficiente
semplicemente comprare ed installare
tecnologia per avviare un’azienda. Il fatto è che per assicurare l’efficienza
dei servizi sanitari in Puglia come altrove bisogna indubbiamente trasferire le
tecnologie mancanti ma anche acquisire le conoscenze che quelle tecnologie
devono utilizzare, occorre in altri termini potenziare il sistema formativo e
della ricerca, universitario ed extra universitario, aiutando i giovani a
studiare, a crescere culturalmente ed a fare ricerca finalizzata in Puglia per
superare le storiche carenze della nostra terra. Il
cammino che attende il nuovo governo regionale è tutt’altro che semplice perché
è sempre più facile decidere e comunicare le decisioni come fossero verità assolute piuttosto che ascoltare
prima di decidere e decidere facendo tesoro di quanto si è sentito, messo a
confronto, analizzato, valutato. Solo
chi non conoscesse la lunga serie di documentati e preoccupati interventi in
merito alla politica sanitaria pugliese che la società civile ha formulato in
questi anni, prima e dopo il varo del piano di riordino ospedaliero, potrebbe
considerare questi rilievi come una ingenerosa e postuma critica: essa è invece
l’esercizio di un dovere civile, e per
gli operatori sanitari anche professionale, che deve essere svolto, e dovrà
esserlo anche in futuro, nell’interesse della collettività ed indipendentemente
dal colore politico di chi governa. Nessuno
pretende che il nuovo governo regionale si impantani in consultazioni senza
fine sui vari temi che richiedono il suo intervento ma tutti si aspettano,
soprattutto in sanità, l’avvio di una difficile e augurabilmente fruttuosa
pratica di consultazione della società civile nelle sue varie espressioni e
articolazioni, sindacali, sociali e professionali.
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