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Il cammino della Bulgaria verso l'Unione Europea |
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Dalla caduta del Muro di Berlino ai primi anni Novanta La vocazione europea della
Bulgaria è stata evidente dalla caduta del Muro di Berlino. Gli amministratori
bulgari hanno sentito sin da subito la necessità di liberarsi dalla cappa
sovietica e darsi un volto europeo e occidentale, basato sul progresso, sul
benessere, sullo sviluppo della scienza e della tecnica e su un ordine
costituzionale di diritti politici. Il cammino verso l’adesione è
stato caratterizzato, però, da un’eccessiva “razionalità”: la transizione è
stata concordata dalle elites politiche e in particolar modo da una frangia
riformista emersa all’interno del Partito Comunista bulgaro, escludendo
l’opinione pubblica. L’immissione nel circuito di pre-adesione è stata, quindi,
un’imposizione dall’alto che ha colto di sorpresa il resto della società
civile. La riforma economica, infatti,
ha rappresentato uno shock per il Paese, totalmente impreparato all’adozione di
politiche monetarie e fiscali mirate alla stabilizzazione monetaria, al
contenimento dell’inflazione, alla gestione corretta del deficit e alle
privatizzazioni. Tale riforma è fallita a causa della mancanza di sistematicità
e di disciplina finanziaria e la radicale trasformazione dell’apparato
produttivo è rimasta lacunosa. Nella prima metà degli anni
Novanta, peraltro, l’economia bulgara è stata scossa da una violenta crisi
finanziaria aggravata dalla svalutazione della moneta nazionale e dalla
paralisi del settore bancario. Affianco alla crisi, la corruzione dilagante ad
ogni livello economico-sociale e la criminalità organizzata sono state le altre
due pesanti eredità della guerra fredda. Le evoluzioni degli anni Novanta Tra il 1991 e il 1996, gli
obiettivi della politica estera bulgara hanno oscillato verso pericolose forme
di alleanza alternative con la Russia, giocando a totale sfavore di Sofia, e
avendo un peso preponderante nell’esclusione della Bulgaria dagli Stati
promossi dal Consiglio Europeo di Lussemburgo all’avvio dei negoziati,
esclusione avvenuta nel 1997 a causa del suo notevole ritardo di sviluppo e
delle sue aspirazioni poco chiare. Sul finire degli anni Novanta la
Bulgaria, accusato il colpo, ha avviato lentamente un piano di riforme
economiche ispirato alle indicazioni del Fondo Monetario Nazionale e a Sofia si
è insediato un governo di ispirazione democratico-riformista. Nonostante i pessimi risultati
di carattere politico-istituzionale, nel 1999 la Bulgaria è stata ammessa al
Vertice europeo di Helsinki, non per la sua effettiva preparazione ma per
ragioni geostrategiche: agire da stabilizzatore nell’area dei Balcani. La
partecipazione ha agito da stimolo decisivo per l’avvio della riforma
economico-costituzionale del Paese. Ventunesimo secolo: dai negoziati per l’adesione all’ingresso
nell’Unione Europea Nel febbraio 2000 la Bulgaria è
stata ammessa a partecipare attivamente ai negoziati per l’adesione e alla fine
dell’anno ne è stata accertata la conformità ai tre requisiti di Copenaghen: -
criterio politico:
presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato
di diritto, i diritti dell'uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela. -
criterio economico: esistenza di un'economia di mercato
affidabile e capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione
concorrenziale all'interno dell'Unione. -
criterio dell’acquis comunitario: attitudine necessaria
per accettare gli obblighi derivanti dall'adesione e, segnatamente, gli
obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria. Ma già nel 2001 non sono mancate
le prime tristi sorprese: i funzionari europei hanno verificato la presenza di
gravi lacune nell’adeguamento del settore giudiziario e penale e nella lotta
alla corruzione. A tutto questo si aggiungano i ritardi strutturali dell’economia
di mercato. Preso atto del parziale
fallimento dei propositi di Sofia, nel Documento di Strategia del 2002 la
Commissione Europea ha proposto il 2007 come anno indicativo dell’adesione e ha
incrementato notevolmente le misure di assistenza al Paese, sottolineando i
settori con le carenze maggiori: lo sviluppo agricolo, le infrastrutture, i
trasporti, la coesione economica e sociale e ancora una volta l’adeguamento del
sistema amministrativo e giudiziario. L’Unione Europea ha iniziato a
monitorare accuratamente il Paese bulgaro, anche per capirne gli effettivi
propositi. Alcuni progressi, tuttavia, si sono registrati (sviluppo agricolo,
gestione delle frontiere, lotta alla corruzione, capacità di gestione dei Fondi
Strutturali), ma non sono bastati a annientare le poche certezze della
Commissione, la quale nel Documento di Strategia dell’ottobre 2004 ha previsto,
in via cautelare, la possibilità di far slittare di un anno la data di
adesione, Nonostante le carenze, le annose problematiche bulgare e i pesanti
ritardi nell’adeguamento dei sistemi giuridici e amministrativi agli standard
europei, il 26 settembre 2006 l’Unione Europea ha deciso in via definitiva di
fissare la data di adesione al 1° gennaio 2007, dando ampia fiducia
all’esecutivo di Sofia. L’adesione ha rappresentato un traguardo molto importante per uno stato problematico come la Bulgaria, ma il difficile disegno di riforma dovrà continuare ancora a lungo e l’esecutivo di Sofia dovrà attenersi alle rigide condizioni di adeguamento, ponendo tra gli obiettivi prioritari della sua azione la distruzione della corruzione e della criminalità organizzata, la corretta gestione dei Fondi Strutturali e l’applicazione di idonee misure correttive degli squilibri interni.
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