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La Francia e le elezioni presidenziali |
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Il 2007 è un anno molto
importante per la Francia, dove ad aprile i cittadini saranno chiamati alle
urne per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Le particolarità di
queste elezioni non consistono, però, solamente nel fatto che il sistema
elettorale francese prevede l’elezione diretta del Capo dello Stato (che è
anche capo del governo), ma riguardano anche, e soprattutto, i due maggiori
candidati alla conquista dell’Eliseo: Nicolas Sarkozy, per il centrodestra, e Ségolène Royal, per i
socialisti. Il fatto che i due maggiori
contendenti siano un uomo e una donna non è affatto secondario: è il segno di
un importante cambiamento che, dopo la Germania, sta avvenendo anche in
Francia, dove si è preso coscienza della necessità, per il progresso del Paese,
di coinvolgere pienamente le donne nelle attività istituzionali e di governo.
Su questo primo punto s’impone un raffronto con la situazione politica
italiana: nel nostro Paese sono ancora poche le donne che ricoprono importanti
cariche all’interno del panorama politico sia nazionale che regionale, e
immaginare, nel breve periodo, una donna candidata alla presidenza del consiglio
verrebbe considerata un’utopia se non, addirittura, una barzelletta. Un’altra caratteristica che
risalta agli occhi di un osservatore italiano è l’età dei candidati premier:
entrambi sono poco più che cinquantenni. Nel resto dei Paesi dell’occidente avanzato
si tratta di un fatto assai normale, mentre in Italia sembra essere, invece, un
avvenimento eccezionale. Attualmente, infatti, sia il capo del governo che il
capo dell’opposizione hanno un’età che si aggira intorno ai settant’anni. Anche
quella dell’età della classe politica e dirigente non può essere considerata
una questione di scarsa rilevanza; ai vertici della politica di un Paese
occorrerebbero dei rappresentanti che abbiano energie e idee innovative in
grado di affrontare le sfide che la realtà attuale, sempre più in rapida
evoluzione e quasi “indomabile”, sta imponendo. In questo senso l’esperienza di
una classe dirigente da decenni ai vertici del potere non appare sufficiente ad
affrontare da sola tali nuove sfide: l’esperienza francese sta dimostrando
l’urgenza di un ricambio generazionale all’interno della classe politica
impegnata in concreto nello svolgimento delle attività di governo e di
direzione di un Paese. Tale presa di coscienza è stata inoltre suggellata dalla
condotta dello stesso presidente uscente Jacques Chirac che, nelle scorse
settimane, ha annunciato alla nazione di non volersi ricandidare, dimostrando
di voler evitare al Paese la caduta in un immobilismo, nei settori della
politica, dell’economia, dell’innovazione tecnologica, tale da essere
irreversibile. Quanto all’Italia, non basterà
la sola presa di coscienza dei mali che la affliggono: occorreranno azioni
concrete se si vorrà evitare, ad esempio, che la mancanza della maggioranza dei
voti al Senato per l’approvazione di una legge, a causa di un raffreddore o
un’influenza di un Senatore a vita (molto anziani, peraltro), concorra
all’instabilità dell’esecutivo e al rallentamento del programma di governo o al
protrarsi, anche oltre il termine dell’attuale legislatura, della sfida tra
Prodi e Berlusconi senza che entrambi rinuncino alla loro leadership a favore
di un candidato più giovane, come osservato dal giornalista Gad Lerner a
proposito della mancata designazione di Gianfranco Fini a candidato premier nel
corso di una recente intervista. Solo così noi cittadini italiani potremo essere sicuri di riuscire a competere alla pari con la Francia (ma anche con il resto dei nostri partner europei) altrettanto bene come ha saputo fare la nostra nazionale di calcio nello scorso campionato del mondo.
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