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Crisi sociale e religiosa nel lucido affresco di un’epoca di cambiamenti

  
di Giorgia CIPELLI

Crisi sociale e religiosa nel lucido affresco di un’epoca di cambiamenti

A volte basta così poco per scrivere un bel libro. Si potrebbe provare ad accantonare vicende e personaggi che sembrano usciti da un telefilm imbrillantinato e strappalacrime per scegliere di osservare la realtà - quella presente o passata, poco importa - con le sue crisi, le debolezze, il desiderio di riscatto. La ricetta è stata vincente per Luciano Marigo, scrittore e insegnante di Schio, autore di diversi romanzi, tra cui “Due giorni con Chiara”, premio selezione Campiello 1979.

Proprio “Due giorni con Chiara” è uno di quei bei libri cui accennavo poco fa, in quanto l’autore ha avuto il coraggio di scrivere storie di ragazzi come se ne vedono e vivono tante, fra scuola e amori, scontri familiari e scontri sociali, fede e politica.

Il protagonista è Paolo, una nullità, un ragazzo cioè senza spessore (almeno all’apparenza) con un padre ipocrita e una situazione familiare precaria. Paolo è stato bocciato, è in crisi di coscienza, ha abbandonato da tre anni la fede e sente di essere attratto da Chiara, che tutti chiamano “la cattolica” per il suo improvviso avvicinamento alla Chiesa. Sullo sfondo una provincia veneta in piena crisi.

Dopo il loro primo incontro, Paolo si rende conto che qualcosa in lui è cambiato, che il tormento interiore per la sua scelta di fede è un problema rimasto sino ad allora irrisolto. Prosegue così, pagina dopo pagina, il percorso di formazione che non è solo del personaggio ma anche del lettore di ogni età, che torna adolescente e rivive le sue scelte, riflette sulla loro portata in una società in rapida, perenne evoluzione (e rivoluzione). Il percorso di Paolo tocca le grandi tappe della storia di ogni uomo: gli amici, l’amore, gli affetti familiari, la politica e il dissidio religioso che, soprattutto nella seconda parte del libro, assume un ruolo sempre più centrale. Bellissima, a questo proposito, verso la fine del romanzo, una frase che testimonia la spontaneità e la grandezza nel dono della religiosità, soprattutto per un giovane: “…un senso di stordimento, non euforico né esplodente ma ugualmente penetrante. Di colpo mi sento liberato: non del mio passato, cioè della mia vita sbagliata ma della paura di esso. È una cosa semplicissima: ho ritrovato la preghiera, se per preghiera posso intendere questo umile accoglimento di speranza, questo soprassedere ai miei timori, questo trovare la forza di fidarmi e aspettare”.

Bisogna sottolineare che ci sono parecchi viaggi in macchina in questo libro, dove il viaggio stesso torna a farsi metafora della vita, della ricerca, con partenze e ritorni senza meta, senza certezza. Quello di Paolo, come il nostro, è un viaggio non ancora concluso: egli sa di aver raggiunto tappe importanti ma ancora non basta. Il viaggio, di questo è certo, deve svolgersi con qualcuno accanto, con una guida. E alla fine, lasciati dietro le spalle i momenti di confusione e turbamento, ritrovata la strada giusta, è rassicurante capire, con una felicità genuina e un po’ infantile, che la vita è bella anche con i suoi colpi bassi: “Il tempo si ferma, come è giusto che avvenga nei rari momenti della nostra vita nei quali viviamo tutto quello che ci è possibile vivere” scrive Marigo.

Molteplici i riferimenti alla politica e al fermento di un periodo di profondi cambiamenti, per cui Giorgio Bàrberi Squarotti, nella nota al libro, scrive “C’è il dibattito delle idee, c’è l’atmosfera di anni, quali sono stati e ancora sono i nostri, di dibattiti, di scontri verbali, di scoperte intellettuali subito diventate discorsi, discussioni, contraddizioni, fino all’estremo della fatica e alla dissoluzione di ogni chiarezza in un vortice di parole che presentano sempre l’ossessiva ambiguità di verità sempre così precarie, così poco definitive”. E continua, a proposito della fede “Anche il vangelo, oltre che la rivoluzione, è il termine di una ricerca, qui…”, una ricerca che comunque sembra avere le premesse per approdare a una certezza. Seppure con stile ironico e dissacrante, ‘Amor omnia vincit’, ci dice Marigo. È l’amore che giunge agli uomini da un Dio a sua volta fatto uomo.

“Due giorni con Chiara” è un romanzo intenso, che ci parla di un periodo di storia italiana, di una società che avverte imperante la necessità di credere – in un Dio, un ideale, una rivoluzione, una contestazione studentesca - ma è anche un romanzo che ci racconta - semmai l’avessimo dimenticato – cosa significa essere giovani, disorientati, alla disperata ricerca di un sostegno.

 

 

 


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