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Le lontane radici dell'Europa cristiana |
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È proprio necessario menzionare
la religione nel preambolo della Convenzione europea dal momento che la stessa
Europa ha troppe radici, quali: il cristianesimo, l’ebraismo, l’individualismo
borghese, l’illuminismo, il socialismo? È la domanda, quanto mai attuale
riportata su varie testate, con il richiamo anche ai valori della tradizione
greca e romana, nonché ai principi di libertà e di eguaglianza della
Rivoluzione Francese. Siamo di fronte ad una
divergenza di opinioni che ha certamente condotto alla non citazione dei valori
cristiani nel prologo della Convenzione e che ha suscitato delusioni in quasi
tutte le nazioni del vecchio continente. Sono considerazioni che invitano alla
riflessione e, per taluni, a rileggersi la storia dai primordi dell’Impero
d’Occidente e comprenderla quando dalla mitologia si passava alla spiritualità
delle forze interiori quale messaggio evangelico affidato da Cristo alla
Chiesa. Il continuo pullulare dei
barbari, l’esodo incessante dai deserti arabo-africani e dall’Asia occidentale
portarono alla formazione di numerose etnie in cerca di civilizzazione che
unitamente a quelle elleniche e romane ne fecero di Roma il centro di una
civiltà, e, via via che si consolidò il suo ordinamento, si amalgamò con quello
mistico della Chiesa, ovvero del Sacrum Imperium, nato dalle catacombe, primo
regno dei martiri, dalle quali si innalzarono i pilastri del suo edificio cui
contribuì quell’eretico di Paolo di Tarso persecutore dei cristiani e poi
folgorato sulla via per Damasco per ricevere il crisma della santità. Vi sorse la linfa vitale di una
dovizia di popoli che portò a quella europea nata dalla fusione con le genti
dell’antica Grecia dislocata ad occidente dopo la disfatta dell’Impero
Persiano. Fu per diversi secoli che
l’ordinamento giuridico della Chiesa e quello dell’Impero Romano, che si
estendeva sino agli Urali, coincisero e non vi furono più singoli stati-
longobardi, visigoti, borgognoni o franco, ma un ente universale con il suo
capo incoronato a Roma per mano del Vicario di Cristo dal quale riceveva il
crisma della sacralità e della romanità come suggello della legittimità a
regnare sui popoli della Europa intera. E fu da quando la storia aveva
voltato pagina, in quel fatidico anno 476, che la Chiesa continuò da sola il
suo cammino e a difendere l’occidente ormai urbanizzato fu la sua spiritualità
che raccolse il patrimonio civile lasciato da Roma che si incarnò con il nuovo
ideale cristiano-cattolico memore dello storico sigillo impresso
dall’imperatore Costantino che, nell’anno 313, emanando l’Editto di Milano,
dichiarò la religione cristiana quale religione ufficiale dell’impero nella
consapevolezza di un fatto dovuto per il martirio plurisecolare subito dai
credenti. Queste sono le radici
dell’Europa, dell’Europa cristiana che si ignorano e che il presidente della
convenzione non intende degnarsi di menzionarle nel preambolo. Si paventa, altresì, che la
disputa sulla bioetica, sulla clonazione, sulle nuove frontiere della procreazione, sul controllo delle nascite
possano limitare nel futuro, una volta fatto riferimento alla cristianità, la
libertà degli europei. Sono assilli fuori luogo: le
nuove frontiere della vita che non si barattano con la fede devono riferirsi ai
principi morali senza confinare nell’oblio i sacri precetti. Ci si chiede: ma perché
cancellare quei valori cristiani che hanno costituito il presupposto per un
futuro annodato alla concezione universalistica del diritto da quando la Chiesa
ha mosso i suoi primi passi ricchi di forza interiore e nello stesso tempo
fonte di norme giuridiche, a tal punto da convertire i barbari che
imperversavano fino e oltre il Danubio? L’individualismo borghese, il
libero pensiero della ragione illuministica diffusisi in Europa nel
diciottesimo secolo, i principi di libertà e di eguaglianza della Rivoluzione
Francese non possono far parte delle radici del vecchio continente.
Costituivano una filosofia che in nome della ragione e dell’eguaglianza
operavano per il predominio borghese della società che aspirava ad accedere al
potere politico quale esclusivo monopolio della nobiltà. Erano messaggi di giustizia che
non riguardavano il “popolaccio” abbrutito dall’assillo dei bisogni elementari,
ma solo la gente di qualità con lo scopo di staccare l’etica dalla soggezione
alla teologia. Per la Convezione ancora in
corso di elaborazione è bene ribadire che l’Europa ha una sola radice senza
alcun preteso e voluto richiamo a fatti dei secoli successivi. L’albero è uno
solo e si è ramificato secondo gli avvenimenti millenari nei vari periodi di
transizione, anche tormentati, con il germogliare dei cattolici, dei
protestanti, degli ortodossi, degli anglicani e delle numerose comunità sparse
in tutta l’area europea ma conservando le radici della cristianità disseminate
perfino nelle regioni balcaniche unico transito attraverso il quale l’Islam ha
tentato più volte di penetrarvi con la forza nei secoli per giungere al centro
del continente senza mai riuscirvi. Oggi entra con i lasciapassare,
costruisce Moschee e non rispetta la legalità del Paese che lo ospita. Si pervenga al reciproco
rispetto. Rammentiamo che la Chiesa nella
sua istituzione non crollerà mai, da duemila anni è ancora lì. Non è crollata né
con gli antipapi né con discutibili pontefici. Le sue radici sono forti e ad
essa si sono ispirati nelle varie sue rappresentazioni artistiche sin dai primi
secoli scultori, pittori, architetti e letterati e oggi ne ammiriamo i loro
capolavori. Cambieranno le istituzioni sempre
alla mercé della politica e delle lotte intestine, ma quell’istituzione voluta
da Cristo sarà sempre il piedistallo e la sicurezza per guardare con serenità agli
anni a venire. E, allora, Signori della
Convenzione, non basta ispirarsi alle eredità culturali religiose ed
umanistiche dell’Europa; occorre sancire senza compromessi, nel preambolo della
Costituzione il riferimento alle radici cristiane perché tutte le altre nazioni
sappiano che la terra in cui viviamo è stata il santuario della fede in Cristo
e che l’Europa intende difendere. Si abbia l’ardire di farlo, è un
richiamo alla storia.
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