elenco articoli 

I sogni della politica
  
di Francesco CACCETTA

I sogni della politica

Cosa dire dell’esito di queste ultime elezioni? Quali scenari intravedere? Chi ha vinto, chi ha perso? Sembrerebbero delle ovvie domande, forse oziose ma comunque presenti nel solito intrattenimento dei salottini televisivi e nelle interminabili discussioni da bar, tipicamente italiane, sicuramente ripetitive ad ogni competizione elettorale. Ma forse in questa occasione, in questa tornata elettorale c’è qualcosa di interessante, di nascosto e di nascente che potrebbe far riflettere sulla politica del domani e condizionare l’esigenza di modificare fortemente l’odierno panorama politico italiano, di liberare finalmente nuove energie.

Se allora oggi i vari contendenti, con i loro portavoce, con i tanti e diversi supporter, sembrano recitare la solita fritta e rifritta parte in commedia del reclamare vittoria, ognuno per la sua parte, diviene opportuno fare uno sforzo di analisi maggiore e sgomberare il campo dalle faziosità, da quel cantar vittoria sempre e comunque. Se ci incamminiamo allora in un percorso di analisi critica e ragionata, per il gusto di leggere la vera partitura di queste elezioni, lo spartito reale che abbiamo di fronte, una prima discriminante ci viene fornita sicuramente dall’opportunità di evidenziare la sostanziale diversità dei tipi di elezione che abbiamo affrontato: europee da un lato, amministrative, provinciali e comunali, dall’altro. Con risultati profondamente diversi. Una fin troppo ovvia separazione che rafforzerà quanto diremo più innanzi.

Cosa è successo allora con le votazioni per il rinnovo del Parlamento europeo? Sostanzialmente alcuni fenomeni estremamente degni di attenzione. Innanzitutto ciò che balza agli occhi, da un punto di vista numerico, è il sostanziale pareggio che è risultato fra i due poli, fra le aree omogenee del centro destra e del centro sinistra, nel segno di un equilibrio politico e di giudizio che di fatto rende stagnante la contrapposizione fortissima di questi anni. Ma subito dopo viene la considerazione più finemente politica sulla “salute” dei due poli, sul benessere profondo delle coalizioni, su ciò che si respira all’interno dei partiti, dei movimenti, delle aree culturali, sociali di riferimento, sull’anima, sull’identità profonda di questi ambiti ideali. E allora, adottando questa chiave di lettura, queste elezioni hanno sostanzialmente certificato la sconfitta di due idee, di due impostazioni politiche. A cominciare dal sogno di Berlusconi di pensare il partito di Forza Italia come un partito egemone, un partito guida, contenitore dei valori politici sostanziali della Casa delle Libertà. Un vistoso calare di consensi per Forza Italia che, seppur compensato da una del tutto evidente ridistribuzione all’interno di Alleanza Nazionale, Lega e UDC e quindi nell’alveo del centro destra, di fatto ridimensiona fortemente questa aspirazione. Un riequilibrio nel suo insieme ma una sconfitta per il partito di Silvio Berlusconi.

Una sconfitta sic et simpliciter di un modello di partito, di un modello culturale ed intellettuale di partito del futuro, di partito di una nuova repubblica. Un modello di partito “leggero” nel suo fluire, ma egemone nel suo determinismo politico. Ma non vi è stato solo questo. Un’altra scommessa, un’altra sfida è andata in fumo, un’altra percezione di un nuovo politico: la sconfitta del Triciclo, di quel modello di partito-contenitore che doveva nel centro sinistra segnare l’avvio di un movimento riformatore, di un partito democratico che desse la stura ad un fenomeno di bipartitismo, nuovo per il nostro paese. Una scommessa a lungo meditata ed opportunamente presentata seppur fra qualche incomprensione e qualche ostilità che muoveva dalla sinistra dei DS fino alle frange più radicali della sinistra italiana.

Il risultato che ne è scaturito, la frenata di entusiasmi che ne è derivato ha di fatto riaperto la discussione sul futuro del Triciclo, sul futuro del partito unico riformista e democratico, sulla reale possibilità di fondere insieme sensibilità politiche, culturali, storiche profondamente diverse e lontane fra loro. Due aspetti, a destra come a sinistra, che meritano ampie valutazioni. Chi ha vinto allora e chi ha perso? Ha perso sicuramente la politica nel suo insieme. Ha perso quella politica che non ha saputo sprigionare emozioni e sogni. Ha perso la politica di due leader. Hanno perso Berlusconi e Prodi che oggi sicuramente hanno poco da dire al cuore degli italiani. Due leader che sono prigionieri delle loro scelte, dei loro timori, dei loro tatticismi, di quelle scommesse che potevano significare il nuovo per il nostro Paese. Due leader che molto semplicemente non rappresentano l’Italia profonda. Due leader che non hanno saputo, voluto o potuto intercettare pienamente quel bisogno di speranza e di sogni che la politica deve realizzare.

Se allora oggi Berlusconi da un lato non incarna più quella speranza di cambiamento, quella necessità prorompente di rompere attraverso una politica liberista gli equilibri manieristici vissuti lungamente in Italia, dall’altro oggi Prodi può solo rappresentare l’antagonista espressione dei palazzi, l’antagonista alfiere di antichi messaggi di un buonismo politico, di una rassicurante ricetta fatta di mestiere, di concertazione. Ma nulla di più. Nulla di profondamente politico.

Rimangono nel loro insieme, a destra come a sinistra, due cartelli elettorali, issati solo per vincere. Da qui due poli in equilibrio fra loro, per stanchezza. Ed il dato amministrativo in fondo rafforza questa impressione. La realtà amministrativa premia sicuramente il centro sinistra, ma premia innanzitutto la politica del territorio, la politica più concreta. Vince la politica che trova l’entusiasmo nei programmi, nei progetti, nei leader locali che ci sono vicini, che ci somigliano, che sono visibili, che sanno prendere il testimone del cambiamento tangibile ed immediato di un luogo, di una piccola comunità, che sono espressione del radicamento nel territorio, che sanno intercettare le sonorità e le palpitazioni sociali profonde.

Questo allora vince oggi in Italia. Vince il localismo, vince l’interesse prossimo, la concretezza politica immediata, vince il sogno di breve durata. Perde l’altra politica, la politica dei grandi sogni, dei sogni di generazioni, la politica ideale e perde per quel che di arido mostra di sé, perde perché non sa regalare emozioni, perché non offre idee, perché non ha leader.

 

 


elenco articoli