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“Meglio soli che male accompagnati?” |
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La famiglia è sempre stata per l’uomo un punto saldo della
sua vita, un principio di
identificazione. Fino alla metà del
Novecento il matrimonio era considerato un obbligo sia per motivi religiosi sia,
per alcuni, un salvagente contro la solitudine. Il crescente numero di persone che invece oggi si trovano a vivere sole rappresenta una novità per le società occidentali, soprattutto se si pensa che fino a qualche decennio fa i cosiddetti “zitelli” erano guardati con sospetto, in special modo se si trattava di una donna. Oggi essere “single” diventa una scelta e una realtà del tutto legittimata. Un censimento del 1951 rivelava che in Italia su 12
milioni di famiglie , poco più di un milione erano formate da residenti “soli” mentre nel 1991 erano 3,4
giovani su 100; nell’ultimo censimento del 2001, circa 5,5 milioni di famiglie erano ulteriormente composte da un unico
componente. Da un lato i giovani sembrano più predisposti ad una rinuncia
volontaria della vita di coppia, dall’altro sono sempre in aumento le separazioni e i divorzi; a tutto ciò va aggiunto anche un notevole
miglioramento delle condizioni di vita
e l’affermarsi del lavoro salariato ha permesso a molti di non dipendere più
dalle famiglie. Un altro aspetto che
nel tempo ha influito sul numero dei
celibi e/o nubili è la fine della separazione dei ruoli sessuali, un tempo nettamente scisso: la donna aveva bisogno di un uomo in quanto
lavoratore e in grad Ma la scelta di vivere soli può determinare la
sopravvivenza della famiglia e, quindi,
del futuro stesso della società? Diventato
ormai un vero e proprio fenomeno, ha dato il via ad una serie di problemi
organizzativi e abitativi, si sono creati nuovi modelli consumistici ed una riduzione del tasso di natalità. Molti
sociologi vedono nel “single” la negazione di due funzioni primarie: quella della riproduzione della specie umana e quella della
riproduzione culturale della società attraverso la socializzazione; si intravede quindi un futuro in cui la
famiglia sarà indebolita dagli individualismi. Forse, in un mondo come il nostro in continua evoluzione, rimane troppo difficile dare la
definizione esatta ed universale di
“famiglia”: abbiamo sostituito le famiglie patriarcali dei nostri
nonni con le cosiddette “famiglie allargate”;
cominciano ad essere celebrati matrimoni tra omosessuali ed è di qualche anno
fa la notizia che in una scuola di Manhattan la direttrice aveva vietato di
festeggiare la “Festa della Mamma” per rispettare i bambini che vivevano con
due papà ed in seguito, per equità, fu abolita anche quella del “Papà”. Bambini
costretti a trascorrere una domenica con la mamma ed una con il papà, il Natale
con uno e la Pasqua con l’altro genitore, che non sono più in grado di
appoggiarsi e trovare rifugio nella
famiglia. L’unica costante che rimane è il difficile rapporto fra generazioni adulte e giovani, uno scontro che si è
acuito perché ci si trova ad affrontare una realtà sociale troppo cambiata
nelle sue stesse fondamenta, e così ad
un sano conflitto generazionale, che
aiutava gli individui a maturare e a
cambiare il mondo passo dopo passo, adattandolo alle nuove esigenze, abbiamo contrapposto il silenzio, che non è certo solutore.
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