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Sequestri e sequestri/ Mastrogiacomo, pagato profumatamente per cacciarsi nei guai |
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Si è conclusa la vicenda
Mastrogiacomo, con sollievo per la vita salvata, ma con perplessità e sconcerto
per aspetti inaccettabili dal punto di vista politico, sociale e anche umano. È
vero, si è liberato un ostaggio dalle mani di assassini (è bene ribadirlo se lo
stesso Mastrogiacomo ne esalta “umanità e principi”), ma si è abbandonato
l’interprete preso insieme all’eroico giornalista e ciò è doppiamente immorale.
Questo pover’uomo ne ha condiviso la prigionia senza che nessuno si
preoccupasse, ma era lì a causa di
Mastrogiacomo, per il suo reportage per Repubblica su come vivono, pensano e
agiscono i Talebani, notizie nuove, di cui nessuno finora ha scritto, scoop
forse da Pulitzer. È vergognoso questo comportamento da parte di chi ha
trattato, Strada in primis, per salvare il personaggio, non considerando quel
poveraccio che per campare aveva accettato di fare l’interprete a Mastrogiacomo
e da questi trascinato in un guaio che forse gli costerà la vita, come è stato
per l’autista. Certo è stato pagato, soldi che non lo hanno arricchito, forse
hanno sfamato la sua famiglia. Forse è un mercenario (a Quattrocchi non è stato
detto?) per questo non merita più di tanta attenzione. Invece Mastrogiacomo era
lì per salvare l’umanità, per la pace …o forse no? Non è pagato profumatamente
per cacciarsi nei guai, dai quali lo si è dovuto tirare fuori? Non importa se per liberarlo
qualcuno ci rimette la vita (come per la Sgrena), si pagano milioni con cui
acquistare armi e munizioni per sparare ai nostri Soldati o esplosivo per
qualche attentato (già dimenticato Nassirya?), o si liberano sanguinari leader
terroristici che riprendono a guidare le loro truppe, sensibili al denaro e
pagate con il traffico di oppio, ma anche con i soldi del contribuente
italiano, dilapidati per pagare i riscatti. Invece di pagare i Talebani, non
sarebbe stato meglio dare quei soldi, sempre come riscatto, in opere
umanitarie, ad esempio per portare l’acqua alle popolazioni che non ne hanno? E
no, ai terroristi i soldi servono per continuare a combatterci, a loro non
interessa se migliaia di bambini e anziani, di donne o malati muoiono, anche
nelle loro terre, privi dei minimi mezzi di sussistenza. A loro interessa la
vittoria della fanatica ideologia, la supremazia della loro legge fondata su
odio e ignoranza, commistione più pericolosa della guerra batteriologica, non
interessa il bene dei loro popoli, altrimenti i miliardi che sperperano per
guerre, guerriglie e attentati potrebbero risolvere gran parte dei problemi. E noi continuiamo a foraggiarli,
grazie agli incoscienti che si infilano nella bocca del leone e poi piangono se
il leone li azzanna, e tutto perché? Per vedere se il leone ha l’alito cattivo?
Cui prodest? Capezzone ha reclamato che anche per i rapimenti in Italia si
tolgano i blocchi dei beni e che lo Stato tratti come fa per questi “eroici
cronisti di guerra”, ma si dovrebbe fare il contrario: chi è causa del suo mal
pianga se stesso. Rapiscono un militare? un diplomatico? Se avviene, si tratta,
sono lì per dovere, per lo Stato, non si cacciano da soli nelle fauci del leone
per uno scoop. Intervistare il capo dei Talebani a che serve? A dare fama?
Gratificazioni economiche? Ad aumentare la tiratura del giornale? Sono problemi
loro, che se la cavino da soli, i soldi spendiamoli per armare meglio i nostri
soldati che non sono lì per libero arbitrio, ma perché lo Stato ce li ha
mandati, lo Stato che dovrebbe preoccuparsi di metterli nelle migliori
condizioni di sicurezza e dotazioni per svolgere il loro ruolo e che invece,
preda dei pacifisti, sperpera i soldi per liberare chi si infila nei guai per
proprio tornaconto personale e non certo per quello della Patria. Speriamo
riescano a difendersi, quando attaccati, perchè succederà con forze e armamenti
da non sottovalutare e soprattutto con odio e fanatismo che non si fermano con
bandiere multicolori o mazzi di fiori, ma con armi e difese che oggi i nostri
Uomini non hanno. Viene in mente un libro che, ambientato in altro contesto, ha
un titolo che calza a pennello: “Io, speriamo che me la cavo”. Portiamoli a
casa, prima di piangere altri morti tra loro.
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