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Nozze d'oro dell'Unione Europea, con luci ed ombre |
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Da quando il 25 marzo 1957,
nella Sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio di Roma, furono firmati i
Trattati Europei, sono passati 50 anni. E ricordiamo che per l’Italia fu Alcide
De Gasperi, allora Capo del Governo italiano, a fare dell’Italia uno dei Paesi
fondatori dell’unità europea. Anche se l’intento iniziale era quello di un
mercato comune, la progettualità era quella di una comunità di intenti che,
partendo da valori storici, culturali e spirituali comuni, doveva creare una
realtà unitaria di popoli e governi impegnati in un coordinamento giuridico,
sociale, politico sia interno che internazionale, commerciale, atto a far
crescere le condizioni di vita dei suoi cittadini, abbattendo le frontiere fra
Paesi membri, oltre che favorire il libero interscambio umano, culturale e
commerciale, valorizzando le identità dei singoli Paesi quale apporto ad un
patrimonio comune. Progetti ed ideali in parte
realizzati, ma non nella loro pienezza. Unità nella diversità era il grande
intento. Grandi passi da quella data iniziale sono stati compiuti e dall’Europa
dei 7 siamo arrivati all’Europa dei 27 che coinvolge circa 500 milioni di
cittadini. Una realtà organicamente strutturata, dotata di un suo Governo (Commissione
Europea), di un suo Parlamento, di una sua Corte di Giustizia, di una sua Banca
Europea, di una sua moneta comune (l’Euro), di un suo Consiglio Europeo formato
dai rappresentanti dei Governi membri e con il compito di fissare gli
orientamenti politici generali, di un Consiglio dei Ministri per il
coordinamento dei singoli settori, una sua Corte dei Conti, un suo Comitato
Economico e Sociale, un suo Comitato delle Regioni. A fronte di questa
strutturazione, peraltro complessa, si è venuta però a creare una macchina
mastodontica e la crescita esponenziale di un burocraticismo che rende poco
agile il tutto, che finisce talvolta ad essere determinante in normative
ridicole, (tipo ad esempio, la lunghezza dei gambi dei carciofi e delle banane). Ma ciò che è più grave è la
sostanziale non unitarietà di indirizzo comune in materia di politica estera e
il tentativo ricorrente del formarsi di accordi egemonici fra alcuni Paesi
membri per prevalere sugli altri. Altro punto di debolezza del sistema
comunitario sembra essere il divario di potere fra Commissione e Parlamento.
Per non parlare poi della tendenza ad un eccessivo ampliamento dell’area
unitaria con costi e investimenti deviati dal necessario impegno di sviluppo
delle aree meno progredite economicamente e socialmente già partecipi da tempo
nell’Unione Europea. Espansionismo verso l’est del continente a danno di una
non secondaria politica euro-mediterranea. E proprio su questo argomento,
tuttavia, nell’incontro di chi scrive con il Presidente del Parlamento europeo
Hans- Gert Pottiring, nel corso di una Conferenza Stampa a Roma, questi, a
domanda scritta, ha affermato che da parte del Parlamento Europeo, la politica
euro-mediterranea appare come un necessario impegno fra quelli prioritari sotto
il profilo strategico di pacificazione, di sviluppo dei rapporti
interculturali, interreligiosi, interetnici e per meglio controllare i fenomeni
di contrabbando e migrazioni clandestine. Fra le sfide che l’Europa Unita dei nostri giorni deve affrontare e insieme alla stesura definitiva concordata del Trattato Costituzionale comunitario, ci auguriamo che effettivamente il tema della politica euro-mediterranea, che ci coinvolge direttamente, non venga ulteriormente sottovalutato.
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