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La Montagna Illustrata. Dalla realtà all’illustrazione
Museo della Montagna di Torino/ mostra sulle copertine delle riviste cronaca e storia in alta quota

  
di Michele DE LUCA

GLI ANTICHI MAESTRI ITALIANI

Da ormai tanti anni il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi”che ha sede sul Monte dei Cappuccini a Torino (in Via G. Giardino 39), ci ha abituati, grazie all’impegno inossidabile del suo direttore Aldo Audisio e dei suoi collaboratori, ad ampie e sistematiche ricognizioni storico-documentarie sul rapporto tra la montagna e i grandi veicoli comunicativi della civiltà moderna, dall’arte alla fotografia (soprattutto), dal cinema alla pubblicità, dalla televisione all’illustrazione; producendo innumerevoli mostre e altrettanti cataloghi della preziosa collana dei chaier museomontagna (che festeggia il titolo 146), inconfondibili nella loro bordatura nera che fa risaltare al meglio l’immagine di copertina. Il tutto frutto di  grande passione, di instancabile ricerca  e di documentazione seria, dirette alla più autentica valorizzazione culturale della montagna, con offerta di spunti sempre nuovi, di articolati approfondimenti tematici, di approcci inediti e di vere e proprie “curiosità”.

È la volta di una godibilissima mostra (“Montagne in copertina. Dalla realtà all’illustrazione”) che documenta un tempo, ormai remoto, in cui gli eventi (qui sono presi in considerazione quelli che avevano come sfondo il paesaggio montano, se non addirittura la montagna come vera e propria protagonista) venivano “rappresentati” inizialmente ad un pubblico d’élite e successivamente ad una platea sempre più vasta e popolare dalla penna di noti (o anche anonimi) illustratori su periodici di ampia divulgazione. La rassegna, frutto di ricerche effettuate nell’ultimo decennio presso mercatini e rigattieri, lungo i percorsi di quello che si usa chiamare “antiquariato minore”,  partendo dagli ultimi anni dell’Ottocento ci conduce fino ai primi anni Sessanta, quando la televisione – sia pur non soppiantando completamente i periodici illustrati - diventava prepotentemente il mezzo più diffuso ed efficace nella comunicazione per immagini.

Circa settant’anni di storia e di cronaca, italiana e straniera, si offrono agli occhi del visitatore attraverso le copertine di testate che vanno dalla raffinatissima “Illustrazione Italiana” al “Figaro illustré”, dal rarissimo “Femina” a “La lettura”, da “Le grandi firme”  con le copertine firmate da Boccasile alla mitica “Domenica del Corriere” con le tavole prima di Beltrame e poi di Molino, da “Il travaso” a “La tribuna illustrata”, da “Illustrazione del Popolo” a “Grand Hotel”. Vi troviamo di tutto. Innanzitutto la “storia” con l’epopea della Grande Guerra sull’arco alpino e le ardimentose spedizioni sulle vette più alte del pianeta (un’intera sezione è dedicata alla spedizione polare di Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi partita nel 1899), ma anche la “cronaca” di svaghi reali, ascensioni, sport alpini, valanghe, avventure di viaggio, catastrofi naturali e tragici incidenti in crepacci o su pareti rocciose, atti d’eroismo, e perfino gossip (su una copertina della “Domenica” del 1961 in cui vediamo la principessa Maria Gabriella di Savoia che scia a Courchevel in Francia, si rinvia alle pagine interne per piccanti rivelazioni sui suoi presunti fidanzati).

Visitando la mostra capita anche di imbattersi in scene sensazionali o improbabili, create dalla fantasia oppure amplificate dall’enfasi narrativa dell’illustratore che sapeva così “condire” la notizia oppure trasformare in “mito” la realtà che intendeva rappresentare. L’occasione espositiva, infatti, va colta anche come un momento di riflessione su un’arte minore, ma estremamente complessa, come quella dell’illustrazione in cui convergono e si intrecciano tra loro finalità editoriali, filtraggio ideologico dell’illustratore, mode estetiche e tecniche esecutive basate sul disegno e sull’incisione; su un capitolo insomma di una forma originale di comunicazione che per tanti decenni ha alimentato l’informazione, la cultura visiva e l’immaginario collettivo di intere generazioni.

Ma qual è la “montagna” che emerge da questa storia illustrata offerta dalla mostra torinese? Ci fa da “guida” per scoprirlo, con il suo testo in catalogo, Enrico Capanni, giornalista e storico dell’alpinismo. La prima guerra mondiale “consacra lo stereotipo della montagna tragica e austera” su cui il fascismo “farà presa per cantare le gesta eroiche degli alpinisti campioni della patria”. Dopo l’ultima guerra “la modernizzazione della montagna non si manifesta più con le tecnologie belliche e le macabre rappresentazioni del sangue e del sacrificio, ma con modelli speculari e contrari come l’esibizione ludica del corpo, le sfide delle imprese impossibili, l’esportazione in quota del lusso, della moda e dell’ostentazione borghese”.

 

 


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