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Critone: un dialogo platonico per cogliere il significato del vivere umano |
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Un vicenda di stampo classico
per capire la realtà delle cose, una storia passata per recuperare il presente,
un approfondimento sull’importanza dei valori per ritrovarli nella quotidianità
di oggi…è ancora possibile? Sembra che i filosofi greci
studiati sui banchi di scuola non abbiano più nulla da offrirci se non tante
chiacchiere vane, teorie forse un po’ troppo fantastiche e frasi passate alla
storia ma presto dimenticate. Forse basta solo vincere qualche piccolo
pregiudizio e “rituffarsi” nell’antichità di secoli e secoli avanti Cristo per
smentire tutto questo. Opere scritte anche nel lontano V sec. a. C. parlano
ancora all’uomo moderno, sicuramente in modo più criptico e ascoso, ma, andando
all’essenza delle parole, in realtà si coglie uno sfondo più che mai attuale. E’ ciò che può avvenire
riprendendo in mano qualche dialogo di Platone: Critone, ad esempio, un breve
libro incentrato sulle ultime ore di vita di Socrate, si estrinseca in un
serrato dialogo tra Critone, allievo di Socrate, e il filosofo stesso: oggetto
del discorso è la fuga dal carcere, benvista dal primo e condannata dal
secondo. Gli argomenti toccati dai due vanno ben aldilà della situazione
contingente e il discorso fra i protagonisti assume i caratteri di una
riflessione profonda sulla vita e su come l’uomo si rapporta con se stesso e
con gli altri. Una delle questioni strutturali
dell’intero dialogo è l’opposizione tra logoV (logos, ovvero la ragione,
l’intelletto, anche se nell’antichità aveva un significato ben più ampio) e
doxa (doxa, ovvero l’opinione) e soprattutto l’opinione del volgo. Il logos
deve essere prioritario per l’uomo, è garante di stabilità, del permanere e
criterio di conoscenza e d’azione, mentre la doxa è puro sembrare, apparenza,
una considerazione mutevole. Per questo, afferma Socrate, un uomo, anche se si
trova nella situazione più estrema, non può affidarsi all’opinione del volgo a
seconda delle contingenze, ma valutare ogni cosa in base al proprio logos. Deve
essere sempre se stesso, in termini moderni. E qui si affronta una riflessione
importante: quante volte l’uomo odierno agisce dopo aver valutato con il
proprio intelletto la situazione? E quante invece pensa all’opinione della
gente, “a cosa diranno gli altri”, come lo giudicheranno se si trovano in
disaccordo con lui? Oggi, nella maggior parte dei casi, si agisce in un certo
modo per l’approvazione da parte degli altri. Si agisce con incoerenza,
cambiando opinione e atteggiamento a seconda delle situazioni, indossando
quella maschera che annulla il logos, annulla la personalità. Ma l’insegnamento
di Platone è un altro: se si crede realmente in alcuni ideali, anche quando ci
si trova in una posizione dissonante, è necessario portarli avanti, senza
scendere a compromessi, nemmeno nei casi più drammatici; mai, infatti,
l’opinione della gente deve essere considerata come norma d’azione. Solo il
raziocinio, dunque, può rendere felice l’uomo per una vita ben vissuta perché
“non il vivere è da tenere in massimo conto, ma il vivere bene” cioè “il vivere
con virtù e giustizia” e la ragione insegna che questo significa non commettere
il male e l’ingiustizia anche se si ricevono. L’ingiustizia, infatti, in colui
che la compie, guasta e corrompe l’anima, mentre la giustizia la migliora: un
messaggio più che mai attuale, considerando l’ottica cristiana del “porgi
l’altra guancia”. Un altro aspetto che ha assonanza con la religione è il tema
sull’immortalità dell’anima, connesso all’esistenza di una vita ultraterrena e
di un premio per chi ha vissuto rettamente. Il tema forse più imponente
affrontato nell’ultima parte è quello del rapporto tra il cittadino e le leggi
che reggono uno Stato. Le pagine del dialogo tra Socrate e le Leggi
personificate può apparire al lettore moderno un po’ svilito, nonostante tutta
la poesia che vi è racchiusa, poiché non riesce a cogliere tutto il suo
originale significato morale, etico e sociale. Il cittadino greco, nei confronti
della sua polis, nutre un rispetto quasi devozionale, come quello con la natura
che lo ha creato. Egli si riconosce nella patria,
nella concordia con gli uomini, nel rispetto e nell’adesione alle leggi e con
esse forma quella grande luce che dà splendore alla città. Si tratta
naturalmente di una concezione antica e non più valida per una società come la
nostra, ma la validità del messaggio platonico sopravvive ai secoli. Quale
partecipazione convinta, quale piena adesione dà l’uomo odierno alle leggi dello
stato? Le leggi sono frutto della mente umana, quindi soggette a errori, ma il
cittadino non è più il cittadino convinto dell’importanza sociale e civica di
un provvedimento, è un cittadino che rispetta le norme per paura delle
sanzioni, che non si impegna per cambiarle, se necessario, per disinteresse. Critone è, quindi, una
riflessione sul vivere umano, che si esplicita nella coerenza (da cui non si
può prescindere) fra azione e pensiero, è un esame sul dramma nel riuscire a
rimanere fedeli ai propri principi e una sorta di ammonimento etico sul
comportamento civile.
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