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Noi, siamo ciò che possediamo
  
di Donato Corvaglia

Noi, siamo ciò che possediamo

“Risucchiati dalla TV, sommersi di telefonini, danneggiati da onde elettromagnetiche. Ecco il nostro ritratto. Circondati dal superfluo, divenuto però utile e necessario per far parte di questa società, per stare in sintonia con gli altri e per non essere emarginati. Per non essere “diversi”.

Poveri coloro che non amano Gigi d’Agostino e il suo mitico repertorio, poveri coloro che non hanno la pettinatura alla moda, o i jeans che non sono né a “zampa” né a “palazzo”….. poveri coloro che non conoscono la dinamica dell’ultima vicenda amorosa di Beautiful. Poveri coloro che sono seduti ai margini, a guardare un sistema, anzi il Sistema, quello in cui l’economia è alla base di tutto, e dalla quale tutto dipende.

Che un bambino ridotto alle ossa non abbia più neanche la forza di mangiare, poco importa, l’importante è che ci siano le armi. Le armi per proteggere ricchezze, privilegi, sfruttamento…… e di colpo così anche l’ingiustizia è coperta, sicura. Intanto, mentre il gioco di denaro fra super potenze prosegue, e le armi continuano a sputare fuoco contro innocenti civili, i Media urlano, ci tormentano perché la voce di un padrone possa entrare anche nella più piccola e sperduta casetta …. Perché un’ideologia possa essere imposta e la figura del mito venerata. E mentre noi siamo qui ad ascoltare, a guardare i fantocci creati dal progresso, e a leggere i dati d’ascolto di questa o quell’altra trasmissione, controlliamo il mondo, tutto il resto del mondo.

Si, perché siamo una parte di quel 20% di mondo che scandisce le sorti economiche della restante parte: l’80%. L’80% di vite.

Nel 1938 un giornalista inglese chiese al Mahatma: “quando tu avrai ottenuto l’indipendenza economica dell’India, riuscirai a portarla sullo stesso piano economico dell’Inghilterra?” e Gandhi gli rispose: “Ragazzo mio, ma se ci sono volute per l’Inghilterra le risorse economiche di mezzo mondo per arrivare li dov’è arrivata, di quanti mondi avrà bisogno l’India per arrivare li dov’è arrivata l’Inghilterra…..”.

Ed è cosi che la costrizione al consumo è diventata tanto profonda quanto il bisogno di sopravvivere, perché il modello consumistico rivela che il nostro stesso scopo è quello di calcolare in termini di ciò che possediamo, noi “siamo” solo finché “possediamo”, così siamo posseduti da ciò che possediamo, prodotti dei nostri prodotti siamo fatti a immagine e somiglianza dei nostri stessi beni di consumo. L’idolatria esige da noi il più alto prezzo, siamo derubati della nostra stessa umanità”.

Per realizzare un ritratto, come questo, c’è bisogno che l’artista stia al di là del soggetto da rappresentare, per poterlo osservare nella sua integrità …. bene, abbiamo appena cercato di rappresentarvi, seppur in modo alquanto stilizzato il punto di vista di un artista. 

Quello che rende grande quest’artista, quest’uomo, è che sta facendo di tutto “per logorare gli argini e sfondarli, e per poter inondare e dilagare deserti assetati”. Un uomo, un missionario, che, vive per dare speranza ai volti spenti dalla povertà e dalle malattie, vive per amare la gente, la sua gente, e dell’amore della gente, la sua gente, quella che lui stringe forte fra le sue braccia, quella che prima di morire di AIDS alza gli occhi al cielo per ringraziare Dio di farlo vicino ad un tesoro, vicino ad Alex Zanotelli.

 

 

 


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