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“Pittori della realtà. Le ragioni di una rivoluzione, da Foppa e Leonardo a Caravaggio e Ceruti” |
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“Pittori della realtà. Le
ragioni di una rivoluzione, da Foppa e Leonardo a Caravaggio e Ceruti”: un
viaggio attraverso il naturalismo seguendo la scia dei più grandi artisti La mostra intende ripercorrere
le principali tappe della pittura naturalista in Lombardia dalla seconda metà
del Quattrocento, periodo in cui erano attivi a Milano il bresciano Vincenzo
Foppa e Leonardo, lungo il Cinquecento e il periodo di formazione di Caravaggio
fino al Settecento con Frà Galgario e Ceruti. Studi recenti hanno infatti
individuato nella Lombardia l’importante retroterra di un naturalismo rimasto
fedele nei secoli che ha costituito il punto nodale della rivoluzione
caravaggesca. Un progetto, quindi, di forte
valenza culturale, che si propone come un omaggio ai pittori che hanno segnato
una svolta nella storia dell’arte italiana. Non è impossibile, così, trovare
rappresentazioni alquanto inedite: Madonne sgomente di fronte all’arcangelo
Gabriele, un bambino morso da un gambero con una smorfia di disgusto, popolane
che vendono ortaggi e mendicanti scalzi, dagli abiti che hanno il colore “della
polvere” e che ritrovano, nella tela, una sorta di dignità perduta, o meglio
mai avuta: è l’espressione di un Umanesimo lontano dalla celebrazione delle
committenze, ma piuttosto si configura come un Rinascimento “domestico”. Se i
dipinti di carattere sacro potevano apparire ancora di un’austerità del tutto
forzata, nelle opere profane emergeva la vita vera, cruda e difficoltosa, il
reale, anche sconveniente e disprezzato, la natura che diventava modello. E’ in questo panorama di una
civiltà contadina concreta che s’innesta la lezione di Leonardo da Vinci,
toscano di nascita ma chiamato a Milano da Francesco Sforza; la sua curiosità
di scienziato lo portò ad osservare attentamente la natura e il reale, tanto da
attirare un gran numero di seguaci e allievi, fra cui Boltraffio, Cesare da
Sesto, Solario, Melzi, Ambrogio De Predis, Luini, le cui opere sono esposte
nella prima sezione della mostra. Fiore all’occhiello dell’esposizione,
naturalmente, sono alcuni disegni autografi in gesso rosso di questo grande
genio italiano, concessi eccezionalmente dalla Royal Library del castello di
Winsdor, la collezione della regina Elisabetta; si tratta di quattro studi di
piante per la preparazione della Leda con cigno. Leonardo è stato guida anche di
un altro pregevole artista, il bresciano Vincenzo Foppa, la cui tradizione
tardo-gotica non ha però eccessi di influenze cortesi. Foppa, nelle opere
esposte, mostra personaggi ben descritti psicologicamente, con architetture che
si allontanano dai virtuosismi prospettici e un uso della luce che gli
attribuisce addirittura il titolo di predecessore di Merisi. Furono soprattutto
Leonardo e Foppa i precursori del naturalismo lombardo che in futuro non
distoglierà mai lo sguardo dallo studio diretto della natura e si preoccuperà
di presentare la luce in modo naturale, senza annullare le ombre. Una vera e propria rivoluzione,
dal gusto moderno e un po’ oltraggioso, è quella che si manifesta nelle opere di
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, che un po’ “sconvolge” per
l’eccezionale spinta rivoluzionaria e per l’audacia. Il suo modo di accostarsi
alla natura è completo, senza riserve, senza trucchi o abbellimenti, senza
paura di mostrare il brutto, l’osceno, lo sconveniente, anche a costo di
sembrare irriverente o esagerato. Il suo uso della luce è spietato, in netto
contrasto con la profondità delle ombre. Rispetto a un Rinascimento
estetizzante, la sua scelta fu quella di un pittore controcorrente e lo si nota
in modo palese ne “Il cavadenti”, una scena reale e “terrificante” insieme,
ricca di ombre e luci, lontana nel tempo e moderna. Geniale, nel vero senso
della parola. La sua lezione, così innovativa,
non è rimasta inascoltata: opere di Frà Galgario e di Giacomo Ceruti ne sono
l’esempio. In particolare Ceruti, detto il Pitocchetto proprio per la sua
propensione a dipingere i poveri, i mendicanti, gli ultimi, restituendo loro
una dignità negata dalla vita stessa. E questi “miserabili” sono descritti
senza il gusto per il grottesco, ma con un vero e proprio senso della pietas,
una dolente e sincera partecipazione umana. “Pittori della realtà”, insomma,
presenta allo spettatore opere di grandi artisti difficilmente visitabili
altrove (alcune provengono da Londra, Oxford, New York, Washington), ma
soprattutto un excursus sulla potenza del naturalismo nell’arte: non c’è
astrazione o tipizzazione, ma solo l’infallibilità del dettato naturalistico e
della percezione umana.
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