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Lo scandalo del Sistema Italia |
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E’ da tempo ormai che l’Italia è
abituata agli scandali. Abituata a convivere con reiterate e sensazionali
notizie giornalistiche che provengono dai palazzi di giustizia. Indelebili
momenti di fragilità, segmenti impazziti del nostro sistema, epigoni di un
pensiero negativo. Accadimenti che hanno segnato gran parte della vita della
nostra Repubblica investendo di volta in volta le strutture portanti del nostro
ordinamento. Avvenimenti che nel loro insieme hanno scosso profondamente il
nostro Paese e modificato non poco i suoi assetti istituzionali. Momenti
epocali. Il mondo delle istituzioni, il mondo della politica, il mondo dei
partiti, il mondo della produzione, attraversato in tutta la sua profondità ed
in tutta la sua estensione da un vento che ha divelto e sovvertito gli
equilibri della nostra giovane repubblica e ridisegnato in parte il sistema di
rappresentanza. Il vento di Mani Pulite. Il vento milanese che ha spazzato via
interi partiti, intere classi dirigenti del nostro Paese. Un vento che ha
scoperchiato le indecenti commistioni fra politica, affari, mondo dell’impresa,
evidenziando chiaramente, anche se non in maniera esaustiva, un sistema
politico sostanzialmente bloccato. Un sistema politico, una conduzione della
cosa pubblica, una gestione del consenso elettorale, frutto di una fitta
ragnatela di compromessi, di accordi, di spartizioni territoriali, di denaro
versato, richiesto, ricevuto. Un patto scellerato sotterraneo. Un’Italia
profondamente malata. Un vento che da un lato ha portato gli italiani a
riconsiderare il peso ed il significato della rappresentanza parlamentare e dei
partiti e dall’altro ha, per certi versi, realizzato nei fatti un dualismo fra
mondo della politica e mondo della giustizia. Un Sistema Italia che si è
rivelato così complessivamente, in tutte le sue articolazioni, improvvisamente
debole, a partire dalla sua classe dirigente, dai suoi punti di riferimento,
dai suoi cardini istituzionali. Un sistema che ancor oggi è lungi dal trovare
una strada di normalità per le tante dispute che caratterizzano la nostra vita
istituzionale, per la scarsa capacità dei partiti nel loro insieme a ritrovare
il ruolo di guida del paese, il ruolo naturale nell’intercettare e
rappresentare la società civile in tutte le sue espressioni. Ed è proprio in
questo clima, ancora di relativa incertezza e sostanzialmente di grande
affanno, che si inscrive prepotentemente lo scandalo Parmalat. Lo scandalo
italiano per eccellenza che fa seguito ai crolli finanziari di altri gruppi
industriali, alle discutibili vicende di alcune banche e che ha investito tutto
il nostro mondo economico e finanziario, minandone la credibilità, ma colpendo
duramente soprattutto il mondo del risparmio. Il mondo dei pensionati, degli
anziani, delle giovani famiglie italiane. Il mondo dell’Italia vera,
dell’Italia reale, dell’Italia che lotta tutti i giorni, che produce, che
realizza. L’Italia concreta, l’Italia sana. Uno scandalo che porta oggi a
riaprire il capitolo dell’economia e della politica, il capitolo del
capitalismo italiano e del mondo dell’industria. A rivedere i sistemi del
controllo a tutela e salvaguardia dei risparmiatori. A ridefinire il mondo
delle autority. Un’esplosione che rischia di annientare non solo uno dei
colossi industriali del Nord e di tutta l’Italia ma di coinvolgere in maniera
estremamente negativa l’operosità degli italiani e quindi principalmente la
famiglia italiana. Un crac vissuto con grande incredulità per la grandezza del
fallimento, per l’immoralità dei metodi, per la criminalità dell’operato nel
suo complesso. Una voragine finanziaria che ha dell’incredibile sia per quanto
riguarda il suo ammontare , sia per la sua datazione. Decenni di scorribande
delittuose, di azzardi ragionieristici, di pericolosissimi avventurismi. Una
storia sporchissima di truffe, espletate ai massimi livelli dell’azienda
parmense, che si protraeva da anni e con mezzi che definire illeciti è forse
fin troppo eufemistico. Dire che l’Italia intera è oggi incredula è dunque dir
poco. Ma all’incredulità e alla disperazione dei molti che hanno guardato con
fiducia e con speranza all’industria di Parma bisogna rispondere con la
chiarezza degli uomini onesti. C’è un tempo per tutte le cose. C’è un tempo per
la “polemos”, per la zuffa, per lo
scontro ed un tempo per la “praxis”,
per l’azione, per i fatti. Ci sono
momenti, stagioni, in cui chiedere prepotentemente chiarezza. E oggi è il tempo
della chiarezza, è il tempo della fermezza. Fermezza nel condannare, fermezza
senza ostacoli, senza privilegi. E’ il senso sacro della giustizia, è la
richiesta prepotente degli onesti. E’ il tempo che si chiede alla Politica,
allo Stato, alle Istituzioni. Ed è chiarezza che si chiede per noi stessi, per
i nostri figli, per le nostre famiglie, per la società nel suo insieme, per la
credibilità del Paese, per il tempo che viviamo, per il rispetto che si deve a
tutto un popolo. Ed è alla politica dunque che principalmente viene inoltrata
questa ineludibile richiesta di chiarezza. Una domanda che contiene l’esigenza,
la necessità, di riscrivere il patto essenziale, la caratterizzazione profonda
di questo nostro Paese. Un’opportunità che si ha per realizzare una nuova
Italia. È allora il momento della politica alta, della politica con la P maiuscola,
da tanti enfatizzata. Di una politica che superi se stessa, che renda alla
Nazione i suoi uomini migliori. E’ un momento che può valere tutta una
legislatura. È un momento che caratterizza un’epoca. E’ un momento fondante. E la politica ne sia degna.
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