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Lo scandalo del Sistema Italia
  
di Francesco Caccetta

Chiarezza

E’ da tempo ormai che l’Italia è abituata agli scandali. Abituata a convivere con reiterate e sensazionali notizie giornalistiche che provengono dai palazzi di giustizia. Indelebili momenti di fragilità, segmenti impazziti del nostro sistema, epigoni di un pensiero negativo. Accadimenti che hanno segnato gran parte della vita della nostra Repubblica investendo di volta in volta le strutture portanti del nostro ordinamento. Avvenimenti che nel loro insieme hanno scosso profondamente il nostro Paese e modificato non poco i suoi assetti istituzionali. Momenti epocali. Il mondo delle istituzioni, il mondo della politica, il mondo dei partiti, il mondo della produzione, attraversato in tutta la sua profondità ed in tutta la sua estensione da un vento che ha divelto e sovvertito gli equilibri della nostra giovane repubblica e ridisegnato in parte il sistema di rappresentanza. Il vento di Mani Pulite. Il vento milanese che ha spazzato via interi partiti, intere classi dirigenti del nostro Paese. Un vento che ha scoperchiato le indecenti commistioni fra politica, affari, mondo dell’impresa, evidenziando chiaramente, anche se non in maniera esaustiva, un sistema politico sostanzialmente bloccato. Un sistema politico, una conduzione della cosa pubblica, una gestione del consenso elettorale, frutto di una fitta ragnatela di compromessi, di accordi, di spartizioni territoriali, di denaro versato, richiesto, ricevuto. Un patto scellerato sotterraneo. Un’Italia profondamente malata. Un vento che da un lato ha portato gli italiani a riconsiderare il peso ed il significato della rappresentanza parlamentare e dei partiti e dall’altro ha, per certi versi, realizzato nei fatti un dualismo fra mondo della politica e mondo della giustizia. Un Sistema Italia che si è rivelato così complessivamente, in tutte le sue articolazioni, improvvisamente debole, a partire dalla sua classe dirigente, dai suoi punti di riferimento, dai suoi cardini istituzionali. Un sistema che ancor oggi è lungi dal trovare una strada di normalità per le tante dispute che caratterizzano la nostra vita istituzionale, per la scarsa capacità dei partiti nel loro insieme a ritrovare il ruolo di guida del paese, il ruolo naturale nell’intercettare e rappresentare la società civile in tutte le sue espressioni. Ed è proprio in questo clima, ancora di relativa incertezza e sostanzialmente di grande affanno, che si inscrive prepotentemente lo scandalo Parmalat. Lo scandalo italiano per eccellenza che fa seguito ai crolli finanziari di altri gruppi industriali, alle discutibili vicende di alcune banche e che ha investito tutto il nostro mondo economico e finanziario, minandone la credibilità, ma colpendo duramente soprattutto il mondo del risparmio. Il mondo dei pensionati, degli anziani, delle giovani famiglie italiane. Il mondo dell’Italia vera, dell’Italia reale, dell’Italia che lotta tutti i giorni, che produce, che realizza. L’Italia concreta, l’Italia sana. Uno scandalo che porta oggi a riaprire il capitolo dell’economia e della politica, il capitolo del capitalismo italiano e del mondo dell’industria. A rivedere i sistemi del controllo a tutela e salvaguardia dei risparmiatori. A ridefinire il mondo delle autority. Un’esplosione che rischia di annientare non solo uno dei colossi industriali del Nord e di tutta l’Italia ma di coinvolgere in maniera estremamente negativa l’operosità degli italiani e quindi principalmente la famiglia italiana. Un crac vissuto con grande incredulità per la grandezza del fallimento, per l’immoralità dei metodi, per la criminalità dell’operato nel suo complesso. Una voragine finanziaria che ha dell’incredibile sia per quanto riguarda il suo ammontare , sia per la sua datazione. Decenni di scorribande delittuose, di azzardi ragionieristici, di pericolosissimi avventurismi. Una storia sporchissima di truffe, espletate ai massimi livelli dell’azienda parmense, che si protraeva da anni e con mezzi che definire illeciti è forse fin troppo eufemistico. Dire che l’Italia intera è oggi incredula è dunque dir poco. Ma all’incredulità e alla disperazione dei molti che hanno guardato con fiducia e con speranza all’industria di Parma bisogna rispondere con la chiarezza degli uomini onesti. C’è un tempo per tutte le cose. C’è un tempo per la “polemos”, per la zuffa, per lo scontro ed un tempo per la “praxis”, per l’azione, per i fatti.  Ci sono momenti, stagioni, in cui chiedere prepotentemente chiarezza. E oggi è il tempo della chiarezza, è il tempo della fermezza. Fermezza nel condannare, fermezza senza ostacoli, senza privilegi. E’ il senso sacro della giustizia, è la richiesta prepotente degli onesti. E’ il tempo che si chiede alla Politica, allo Stato, alle Istituzioni. Ed è chiarezza che si chiede per noi stessi, per i nostri figli, per le nostre famiglie, per la società nel suo insieme, per la credibilità del Paese, per il tempo che viviamo, per il rispetto che si deve a tutto un popolo. Ed è alla politica dunque che principalmente viene inoltrata questa ineludibile richiesta di chiarezza. Una domanda che contiene l’esigenza, la necessità, di riscrivere il patto essenziale, la caratterizzazione profonda di questo nostro Paese. Un’opportunità che si ha per realizzare una nuova Italia. È allora il momento della politica alta, della politica con la P maiuscola, da tanti enfatizzata. Di una politica che superi se stessa, che renda alla Nazione i suoi uomini migliori. E’ un momento che può valere tutta una legislatura. È un momento che caratterizza un’epoca.  E’ un momento fondante. E la politica ne sia degna.

 

 


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