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Otranto: faro della cristianità |
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Otranto è la città che forse più di tutte le altre, pagando
con il sangue dei suoi cittadini, ha subito le terribili conseguenze
dell'assalto dei Turchi, con il famoso sacco della città del 1480. E il luogo
simbolo di questo catastrofico avvenimento è la Torre della Minerva. Qui si è
consumato il sacrificio degli 800 martiri (il numero è ovviamente
approssimativo) campioni della fede e della libertà, fra i quali la figura che
spicca è quella di Primaldo, l'invitto per eccellenza. Dopo che i Turchi,
guidati dal Pascia Acmet Gedik, ebbero espugnato Otranto, tutti coloro che
erano scampati alla morte ma non erano riusciti a mettersi in salvo fuggendo,
furono portati sul Colle della Minerva e venne intimato loro di abiurare la fede
cristiana. Prese la parola Primaldo, un umile sarto ma uomo coraggioso e fiero,
e a nome di tutti gli altri, sostenne che gli otrantini mai si sarebbero
convertiti alla religione musulmana ed anzi esortò i suoi concittadini a morire
nel nome di Cristo. Sdegnato da questa reazione, Pasia Acmet decretò il
supplizio di tutti quei cristiani cominciando proprio da Primaldo, e questo,
appoggiata la testa sul ceppo, rivendicando la sua cristianità, si disse
contento di morire per la sua religione e per la sua patria, e così venne
decapitato a colpi di scimitarra. La leggenda vuole che il suo busto si fosse
rizzato in piedi e fosse rimesto eretto nonostante i suoi carnefici cercassero
di spingerlo a terra. Il corpo di Primaldo, privo della testa, rimase così fino
a quando tutti i martiri furono decapitati. E il miracolo colpì a tal punto i
musulmani che uno di loro, Berlabei, dichiarò a gran voce che abiurava la
religione musulmana e abbracciava il cristianesimo. Infatti il Pascia Acmet
condannò a morte anche lui e il nome di Berlabei è annoverato fra i gloriosi
martiri. Quando Acmet si presentò al suo sultano, Maometto II, per rendere
conto delle sue imprese, Maometto si infuriò perchè la tremenda strage operata
da Acmet gli avrebbe inimicato irrimediabilmente tutte le popolazioni
cristiane. Il sultano diede ordine di strangolare Acmet Gedik ma, proprio in
quel momento un turbine violentissimo si abbattè sulla sala, scardinò il trono
del sultano e mise in fuga tutta la corte; Maometto, spaventato dal quel
terribile presagio, si ammalò e morì dopo pochi giorni, tormentato da atroci
incubi e rimorsi. Ma non finisce qui. Infatti nel 1537 la minaccia dei Turchi
tornò ad incombere sulla città e la popolazione di Otranto era atterrita da
questo nuovo pericolo. Memori della strage del 1480, uomini, donne, bambini
cominciarono ad invocare l'aiuto degli Ottocento Martiri morti per la fede ed
allora si verificò un miracolo: infatti sulle mura di Otranto e lungo la
spiaggia apparvero schiere e schiere di soldati armati di tutto punto e i
pirati furono messi in fuga. Anche nel 1644 ritornò dal mare la minaccia turca
ed ancora una volta si verificò un prodigio che mise in fuga i pirati
disorientati e sbigottiti. Per questo, nel Settecento, il direttore del
Seminario Arcivescovile di Otranto, Antonio Primaldo Ciatara (e questo caso di
omonimia non può passare inosservato) si adoperò affinché Primaldo e i martiri
otrantini venissero dichiarati santi. E a costo di molti sforzi del Ciatara e
con lunghissime pratiche, si avviò il processo che, nel 1772, portò al decreto
esecutivo di canonizzazione dei SS. Martiri. Otranto, quindi, città simbolo dello scontro secolare fra la
croce e la mezzaluna e baluardo della cristianità ancora oggi: infatti la
leggenda vuole che, dopo la liberazione della città, un angelo avesse
consegnato le chiavi della città direttamente a Cristo che da ferro le
trasformò in oro e che le custodisce nell'alto dei cieli. Otranto, faro della
cristianità, anche per un altro motivo: questa fu la prima città dell'Occidente
ad accogliere l'apostolo Pietro (non più leggenda, ma studi storici), e da qui
le sue predicazioni si irradiarono, proprio come un faro, prima luce della
fede, in tutto il mondo pagano, partendo dalla "civitas fidelissima
Hydrunti", come recita la scritta sullo stemma civico della città.
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