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Otranto: faro della cristianità

  
di Paolo VINCENTI

Otranto:faro della cristianita'

     Otranto è la città che forse più di tutte le altre, pagando con il sangue dei suoi cittadini, ha subito le terribili conseguenze dell'assalto dei Turchi, con il famoso sacco della città del 1480. E il luogo simbolo di questo catastrofico avvenimento è la Torre della Minerva. Qui si è consumato il sacrificio degli 800 martiri (il numero è ovviamente approssimativo) campioni della fede e della libertà, fra i quali la figura che spicca è quella di Primaldo, l'invitto per eccellenza. Dopo che i Turchi, guidati dal Pascia Acmet Gedik, ebbero espugnato Otranto, tutti coloro che erano scampati alla morte ma non erano riusciti a mettersi in salvo fuggendo, furono portati sul Colle della Minerva e venne intimato loro di abiurare la fede cristiana. Prese la parola Primaldo, un umile sarto ma uomo coraggioso e fiero, e a nome di tutti gli altri, sostenne che gli otrantini mai si sarebbero convertiti alla religione musulmana ed anzi esortò i suoi concittadini a morire nel nome di Cristo. Sdegnato da questa reazione, Pasia Acmet decretò il supplizio di tutti quei cristiani cominciando proprio da Primaldo, e questo, appoggiata la testa sul ceppo, rivendicando la sua cristianità, si disse contento di morire per la sua religione e per la sua patria, e così venne decapitato a colpi di scimitarra. La leggenda vuole che il suo busto si fosse rizzato in piedi e fosse rimesto eretto nonostante i suoi carnefici cercassero di spingerlo a terra. Il corpo di Primaldo, privo della testa, rimase così fino a quando tutti i martiri furono decapitati. E il miracolo colpì a tal punto i musulmani che uno di loro, Berlabei, dichiarò a gran voce che abiurava la religione musulmana e abbracciava il cristianesimo. Infatti il Pascia Acmet condannò a morte anche lui e il nome di Berlabei è annoverato fra i gloriosi martiri. Quando Acmet si presentò al suo sultano, Maometto II, per rendere conto delle sue imprese, Maometto si infuriò perchè la tremenda strage operata da Acmet gli avrebbe inimicato irrimediabilmente tutte le popolazioni cristiane. Il sultano diede ordine di strangolare Acmet Gedik ma, proprio in quel momento un turbine violentissimo si abbattè sulla sala, scardinò il trono del sultano e mise in fuga tutta la corte; Maometto, spaventato dal quel terribile presagio, si ammalò e morì dopo pochi giorni, tormentato da atroci incubi e rimorsi.

     Ma non finisce qui. Infatti nel 1537 la minaccia dei Turchi tornò ad incombere sulla città e la popolazione di Otranto era atterrita da questo nuovo pericolo. Memori della strage del 1480, uomini, donne, bambini cominciarono ad invocare l'aiuto degli Ottocento Martiri morti per la fede ed allora si verificò un miracolo: infatti sulle mura di Otranto e lungo la spiaggia apparvero schiere e schiere di soldati armati di tutto punto e i pirati furono messi in fuga. Anche nel 1644 ritornò dal mare la minaccia turca ed ancora una volta si verificò un prodigio che mise in fuga i pirati disorientati e sbigottiti. Per questo, nel Settecento, il direttore del Seminario Arcivescovile di Otranto, Antonio Primaldo Ciatara (e questo caso di omonimia non può passare inosservato) si adoperò affinché Primaldo e i martiri otrantini venissero dichiarati santi. E a costo di molti sforzi del Ciatara e con lunghissime pratiche, si avviò il processo che, nel 1772, portò al decreto esecutivo di canonizzazione dei SS. Martiri.

     Otranto, quindi, città simbolo dello scontro secolare fra la croce e la mezzaluna e baluardo della cristianità ancora oggi: infatti la leggenda vuole che, dopo la liberazione della città, un angelo avesse consegnato le chiavi della città direttamente a Cristo che da ferro le trasformò in oro e che le custodisce nell'alto dei cieli. Otranto, faro della cristianità, anche per un altro motivo: questa fu la prima città dell'Occidente ad accogliere l'apostolo Pietro (non più leggenda, ma studi storici), e da qui le sue predicazioni si irradiarono, proprio come un faro, prima luce della fede, in tutto il mondo pagano, partendo dalla "civitas fidelissima Hydrunti", come recita la scritta sullo stemma civico della città.

 

 

 


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