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Veloce, la nostra lingua si evolve |
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A Napoli dal 23 al 25 febbraio,
si è tenuto un congresso internazionale dal titolo La comunicazione parlata, organizzato dal Gscp, il gruppo di studio
della comunicazione parlata che fa parte della Società di linguistica italiana;
scopo del congresso è stato quello di capire come la nostra lingua stia
cambiando con il passar del tempo. Ad esempio il congiuntivo, oggi tanto bistrattato,
soprattutto dalla televisione e dalla radio che preferiscono sempre più un
linguaggio informale e diretto, un giorno neanche troppo lontano scomparirà: in
due parole la nostra lingua sarà sempre più selvaggia e sporca. Non
imbarbarita, ma contaminata da mille fattori e da una imprevedibilità che rende
impossibile intravederne l’evoluzione. È stato ed è possibile vederne il cambiamento grazie
all’esistenza di archivi video e sonori che permettono le comparazioni. Però si
fa presto a dire comunicazione parlata: quanti sono i generi, è difficile a
dirsi, come si caratterizzino è ancora più complicato; il punto è che i
parlanti sono milioni, di età, culture, estrazioni diverse. Ambizioso
pretendere una catalogazione, impossibile una sintesi. Il congresso perciò si è
concentrato su tredici aree tematiche, spaziando dal parlato al recitato, da
quello spontaneo a quello giudiziario, da quello patologico a quello degli
immigrati a quello televisivo per citarne alcuni. Le analisi hanno toccato
campi molto tecnici (prosodia, sintassi ecc..) ma anche molti aspetti più alla
portata di tutti. Ad esempio il gruppo dell’Università di Napoli “l’Orientale”
si è occupato dei telegiornali e ha condotto un esperimento: i ricercatori si
sono procurati una serie di tg degli anni Sessanta e ne hanno trascritto alcune
notizie, chiedendo poi ai telegiornalisti del Tg2 di leggerle, con lo stile
attuale. Risultato: è cambiata la velocità dell’eloquio – spiega il professor
Massimo Pettorino – ovvero quante sillabe al secondo vengono pronunciate, poi
la fluenza cioè un minor numero di silenzi e più distanti, l’intonazione ovvero
il volume dei Tg ad un volume molto più
alto rispetto al passato. Se è vero come è vero che nei
primi anni cinquanta fu la tv ad uniformare il linguaggio, oggi per il piccolo
schermo il compito è più duro, troppe flessioni linguistiche hanno rafforzato
le differenze, non si cerca più l’omologazione fra dialetti, fra diverse lingue
e culture, globalizzazione vuol dire anche paradossalmente, incentivare e rispettare
le diversità. Si pensi all’immigrato che riesce ad integrarsi in un tessuto
sociale altro, ma quasi mai lo riesce a fare sul versante linguistico, perché
può imparare le espressioni le parole ma non le intonazioni, perché alcune
differenze della produzione della lingua sono troppo profonde. Anche il
linguaggio usato dai giovani negli sms e più ancora nelle emotion ovvero
faccette stilizzate che ricalcano ogni tipo di stato d’animo, emozione
(emotion) che vengono scambiate via chat, si sta spostando nel parlato. E “domani” sono proprio i giovani a “fare” la lingua. “Nel
passaggio da una generazione all’altra - spiega presidente del congresso Albano
Leoni - c’è sempre un elemento di disturbo, una crisi e un cambiamento. La
difficoltà sta nel trovare il momento della frattura. Le lingue hanno mille
modi per riorganizzare il proprio funzionamento. Le istituzioni vanno insegnate
e fatte rispettate. Ma alla fine: i padroni della lingua sono i parlanti”.
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