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Storia di morte, le foibe dimenticate
  
di Franco TAMBORINO

Ricorre in questi giorni, l’anniversario della tragedia delle foibe

La legge 30 marzo 2004, n. 92, approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento, su proposta di Alleanza Nazionale,  stabilisce,  il 10 febbraio, data per la celebrazione del “giorno del ricordo”. Ricorrenza solenne  per rimembrare i caduti delle foibe e l’esodo istriano-giuliano-dalmata. Perché un cosi lungo silenzio? Come mai solo dopo sessant’anni, tanta strage negata dalla storia entra prepotentemente nel dibattito politico? Una prima avvisaglia della tragica realtà delle foibe, (ignota agli italiani  distratti, assenti o di debole memoria) si ebbe alcuni anni or sono, quando, dibattendo sulla presunta parzialità dei testi scolastici in adozione nelle nostre scuole, fu ripreso in seria considerazione un periodo di storia negata, che va dal 1943 al 1945.

Che cosa sono le foibe? Dal punto di vista fisico, sono delle grandi voragini di origine carsica profonde centinaia di metri. In queste fenditure, alla fine della seconda guerra mondiale, furono gettati i corpi di migliaia di cittadini italiani, uccisi per motivi politici, dai partigiani slavi del maresciallo Tito. Diverse sono le spiegazioni del fenomeno, ma le più accreditate si possono riassumere in una duplice verità: da un lato la politica di italianizzazione del regime fascista durante il ventennio e contestuale tentativo di snazionalizzazione delle comunità istriana, slovena e croata; dall’altra, invece, il processo di espansione di Tito e l’ambizione di annettere alla Jugoslavia, non solo Dalmazia ed Istria, ma anche Trieste e tutto il Goriziano. All’indomani dell’8 settembre, con l’ingloriosa partenza del re e dello stato maggiore del regio esercito, il corpo  militare italiano si sbanda, ed è obbligato a consegnare le armi ai camerati tedeschi. Chi non si schiera con la Wehrmacht, o  con la RSI, (ad essa servilmente subordinata) viene inviato nei campi di lavoro. Molti si lasciano disarmare ed accettano, inconsapevolmente, la brutale verità dell’ “Arbeit macht frei”.

Altra scelta possibile: schierarsi con le formazioni partigiane. Ma con quali? La Osoppo, Giustizia e Libertà, e  lottare per la liberazione dal nazi-fascismo, in una proiezione tutta italiana; oppure con le brigate Garibaldi Natisone, formazioni rigorosamente comuniste-staliniste, pronte a schierarsi col  IX corpus sloveno agli ordini del maresciallo Tito, le cui brame annessionistiche non lasciavano dubbi? Nel maggio-giugno 1945, le forze titoiste occupano Trieste, prima dell’arrivo degli alleati. Lo status quo, avrebbe di fatto favorito gli interessi slavi, nelle imminenti trattative di pace e di definizione dei confini. Inizia così la caccia spietata a tutto ciò che è Italia o che ad Essa si ispira. Fu in questo tristissimo periodo che i partigiani di Tito, dando sfogo ad una inaudita violenza, si macchiarono di efferati delitti, rendendosi protagonisti spregevoli di una infame “pulizia etnica”. Attraverso retate e successivi processi-farsa, si condannavano a morte e scomparivano migliaia di persone, colpevoli soltanto di essere italiane. Le foibe, macabri inghiottitoi, funzionavano a pieno regime e divennero tristemente famose, (Basovizza, Opicina, Cruscevizza, Aurisina ecc.) per le loro storie di sofferenza e di morte.

Lotte di inusitata crudeltà avvennero anche fra gli stessi partigiani di opposte tendenze, culminate nella strage di Porzus del 7 febbraio 1945. In questo funesto canovaccio, si muoveva l’ambigua figura di Ercole Ercoli, alias Palmiro Togliatti, segretario politico del PCI. Oscuro regista ed esecutore severo e scrupoloso degli ordini imposti da Mosca, nonché fedele seguace delle sanguinarie strategie del maresciallo Tito. Centinaia di migliaia di italiani, per sfuggire alle persecuzioni titoiste e dei partigiani comunisti, furono costretti ad abbandonare le loro terre e scappare in altre parti d’Italia o all’estero, dando origine all’esodo giuliano-dalmata. Ricordo, che ancora oggi, certamente causa rimorsi nelle coscienze di chi proditoriamente lo provocò, e rivive tristemente nel ricordo di chi con rabbia impotente e dolorosa rassegnazione dovette patirlo. Sono solo alcuni episodi non molto lontani nel tempo, che nei testi ufficiali di storia non trovano posto. Notissimi nei luoghi teatro degli eventi, quasi del tutto ignoti nel resto d’Italia.

Questa modesta testimonianza, serva da stimolo, per la riscoperta di un’italianità negata ed  una memoria cancellata, che chiedono prepotentemente di emergere dalle foibe ed essere lette, studiate, capite. Esistono opere di storici autorevoli, frutto di ricerche accurate, precise e rigorose, disponibili a chiunque desideri approfondire la conoscenza di questa verità. Il passato non va né  esaltato  né demonizzato; va guardato con distacco, attraverso  il serio obiettivo della storia. È la serena conoscenza del passato che si tramuta in coscienza del presente; perché gli avvenimenti non cessano di esistere solo perché vengono (a volte anche lungamente) ignorati.

 

 

 


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