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Lettera dal Collegio 33 |
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Caro Onorevole Sardelli, non mi azzardo a chiamarla Luciano come una
moltitudine di miei concittadini che come me non la conosce usa fare. Vengo al motivo di questa lettera. Ho letto in
questi anni trascorsi molto sul suo conto: mi interessa ricordare che lei è
stato socialista, che le piace
definirsi riformista e che è
considerato un intellettuale, poiché legge molto e addirittura scrive libri.
Bene, allora non si schermirà davanti al libro che vorrei consigliarle di
leggere e di cui, tra qualche rigo, citerò un lungo brano. Mi è venuto in mente
proprio conoscendo quei cenni biografici che ho ricordato prima. Le spiego in
breve; lo sa chi è stato ad adottare per primo (e per se stesso) l’espressione
“socialista riformista”? È stato un
brav’uomo, si chiamava Bissolati e la storia che segue ce l’ha raccontata un
altro brav’uomo, Giovanni Spadolini, il quale non era comunista, non era un
magistrato, non era un clandestino, e quindi non aveva evidentemente nessun
motivo per complottare contro di lei o contro qualunque altro inquilino del
Condominio delle Libertà. “Credente nel
metodo democratico e parlamentare…Tanto credente nel metodo parlamentare da
presentarsi nelle elezioni politiche del 1895, in pieno clima crispino,
all’indomani della feroce repressione governativa dei moti della Sicilia e
della Lunigiana. Uomo tutto d’un pezzo: nel suo collegio di Pescarolo era
uscito con una maggioranza di voti attribuitigli per errore. E Bissolati,
dichiarando di non accettare il mandato conferitogli, proclamò la necessità
della correzione. Che sembrava una risposta anticipata ai vari ministri della
malavita.” (GLI UOMINI CHE FECERO L’ITALIA-Volume secondo, Longanesi 1992,
pagg.198-199) Ora, io
appartengo a quella schiatta di persone umane che confidano in una giustizia
terrena, in una risultanza di pesi e contrappesi democratici, forse volàno di
dignità umana ed etica sociale: la conosco come uomo e politico garbato: solo a
fine legislatura le chiedo di insegnare a noi elettori, ai suoi figli, ai suoi
famigli paonazzi quanto sia meno disonorata una sconfitta a fronte di un titolo
elettivo sottratto non al molto Onorevole Faggiano ma alla volontà
maggioritaria del Collegio 33.
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