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Gatta luna, la Nannarella |
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Nei giorni 18 e 19 febbraio u.
s. è andato in scena, presso il teatro della “Fondazione Filograna” di
Casarano, lo spettacolo teatrale “Nannarella” di e con Anna Mazzamauro e con la partecipazione degli attori Marco
Cavallaro e Filippo Gurrieri, che ne ha curato i movimenti coreografici e dei
musicisti Marco Camboni al contrabbasso e Marcello Fiorini alla fisarmonica che
ne ha curato gli arrangiamenti e le musiche originali. Assistere a questo
spettacolo è come viverlo di persona, accanto ad un’Anna Mazzamauro bravissima,
coinvolgente, emozionante, che va giù in platea e scherza con gli spettatori e
accanto anche ai suoi eccezionali compagni d’arte che contribuiscono, da veri
artisti quali sono, alla riuscita della serata. Due intensissime ore di
spettacolo, dove lei recita, canta,
balla, scherza e… commuove; tutto quanto davanti ad un pubblico incantato che
non finisce di applaudire. Uno spettacolo bellissimo, non facile, con le
musiche dal vivo che hanno dato quella rifinitura in più che ne fa la
differenza. Toccante il monologo finale sull’abissale solitudine della Magnani,
con il quale la signora Mazzamauro si congeda dal pubblico. Abbiamo avuto la
fortuna di conoscerla di persona durante le prove, e lei, gentilmente, ha
voluto concederci un’intervista che è diventata quasi un colloquio a due,
amichevole, confidenziale. Signora Mazzamauro, mi parli di “Nannarella”; quanto si rispecchia
nella figura di Anna Magnani, come mai ha deciso di portare a teatro questa
figura emblematica del cinema italiano? È difficile rispondere perché… se si risponde subito, si
fa la figura degli arroganti, dei presuntuosi, di chi si crede che….. “Come
osa tirar fuori la Magnani?”. Io ho
“osato”, affettuosamente, mantenendo le distanze quasi “epicamente”…scusa il
termine Brechtiano, parlando soprattutto di me. Ci sono delle analogie che
sono: la “romanità”, soprattutto, laddove noi romani siamo considerati
sornioni, ironici, autoironici, a volte violenti, incazzosi, poi ci addormentiamo
ma ci ricordiamo sempre tutto; e io ho definito la Magnani, visto che il testo
l’ho scritto io, “gatta malata”, “gatta luna”, per ricordare che era
soprattutto una “gattara” anche lei a suo modo; e le gattare, penso che tu lo
sappia, a Roma, sono quelle che danno
da mangiare ai gatti, ed è sinonimo di generosità si, ma anche di solitudine.
Dunque, la romanità, il “nome”; tutte quelle che come me, come lei si chiamano
“Anna”, sono chiamate affettuosamente, a Roma, “Nannarella”. Similitudini che posso
intuire, poiché non l’ho conosciuta, caratteriali: …queste violenze improvvise
per l’imbecillità che molto spesso ci contorna. Lei è molto passionale? Glielo si legge dagli occhi, dal portamento. Si, forse…, dicono…, non lo so!
Vedi, io non amo definirmi ma… è anche l’abitudine; intanto non si può fare
questo lavoro se non si è passionali per come lo intendo io; poi ci sono anche
gli imbecilli che dicono: “Adesso faccio un corso di recitazione e poi divento
attrice”. Beh, francamente ti dirò che in questo modo, con i capperi che
diventi attrice! Qualche anno fa lei ha vinto la “Maschera d’Argento”. Vuole dirmi
qualcosa in più? Si, è vero, l’ho vinta ma per
quell’altro spettacolo, quello di vent’anni fa, non per questo; questo, ripeto,
l’ho scritto io, “è mio!”. L’altro, non lo rinnego ma lo rifiuto nella memoria,
per cui non ne parliamo. Questo è più bello, credo! Non più bello
stilisticamente, ma perché mi appartiene, totalmente; me lo sono scritto, me lo
sono diretto, non per presunzione ma perché mi appartiene realmente, con la
“passionalità” che tu hai riconosciuto in me e che ormai è un tutt’uno. La cosa
bella è che, in questo spettacolo, io non imito assolutamente Anna Magnani. Lei pensa che il teatro stia vivendo una nuova età? O va ancora
riscoperto? Beh, senti, per quanto riguarda
noi, ti posso dire che facciamo sempre gli strapieni! “Che te devo dì”? Forse è
finito il momento del teatro imbecille, tant’è vero che il Ministero ha fatto
dei tagli spaventosi per evitare che tutti possano chiedere “rifornimenti de
sordi”. Spero che questo, sia il momento del teatro di “qualità”. In poche parole, cos’è per lei il teatro? Sono io”! Appena mi alzo, sono
già “teatro” e non so se fingo o se sono vera, e lo stesso accade in scena: non
so se fingo o se sono vera. Tu vedrai che nello spettacolo, non saprai mai se
sono io che parlo o lei, la Magnani, perché le ruote ingranano e vado… e
l’unico dolore è la separazione che c’è tra un giorno e l’altro, perché devono
passare delle ore, prima che io trasmetta questo “miracolo”… ma non mio, di chi
ama veramente il teatro, di chi “è” il teatro. È proprio sentirsi in una
dimensione di sogno; in quei momenti non esiste niente, se non quello che stai
facendo. Vedi, il palcoscenico, non è casuale che sia più in alto… È perché…perché
sei l’imperatore, in quel momento, con la corona in testa… entri e… sei
possente, perché le parole che dici, se convincono, hanno un potere
particolare, si insinuano nell’animo, danno emozioni. Ecco, io faccio teatro
per provare e dare emozioni, per provarle io personalmente. Per finire, cosa farà dopo “Nannarella”? Faccio un testo che non è stato
mai rappresentato al mondo, di Neil Simon, ed è l’ultimo che lui ha scritto;
una commedia stupenda. Io ne sto facendo l’adattamento e questo mi riempie di
gioia….. l’ho intitolato “Fantasma d’amore”.
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