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La Torre di Belloluogo
Magnifica costruzione che racconta la storia di cavalieri, dame, sogni e vendette

  
di Valentina VANTAGGIATO

LA TRECENTESCA TORRE DI BELLOLUOGO

Ci sono luoghi che parlano di storie passate e vissute intensamente. Ci sono luoghi che raccontano la vita di persone diverse ma accomunate da un unico destino. Ci sono luoghi che parlano dei tempi andati svelandoci come vivevano i nostri avi, cosa dicevano, come agivano.

L’epoca medievale, con i suoi circa mille anni di storia, ha lasciato anche a noi salentini importanti testimonianze che ancora oggi possiamo ammirare nei nostri paesi, nelle nostre campagne. Tipico esempio di quei secoli è la Torre di Belloluogo che si erge isolata in un latifondo leccese. Il gioiello medievale fu la residenza prediletta di Maria d’Enghien, contessa di Lecce e regina di Napoli tra la fine del 1300 e l’inizio del 1400. La sovrana amava trascorrere lunghi periodi in questo sito, soprattutto in estate.

La Torre di Belloluogo fu eretta probabilmente dai normanni. Tutto intorno, vi sono ancora i resti di quello che veniva definito “il giardino delle delizie”, legato alla figura della d’Enghien. Alla torre si accede da un antico portale impreziosito da un tondo con l’effigie del Patrono S. Oronzo. Al suo interno, alcuni affreschi di matrice tardo giottesca, quali la “Crocifissione” e le “Storie della vita di Maria Maddalena”, arricchiscono le pareti di una cappella.

La torre è circondata da un fossato dove vi sono numerose grotte. Questi luoghi rappresentavano altresì il nido d’amore del coraggioso capitano leccese Carlo Maremonti. Costui, molti secoli addietro, ebbe la meglio durante un combattimento contro l’esercito del duca d’Andria e inflisse agli avversari una dura sconfitta. Una leggenda narra che, proprio per vendicarsi dell’umiliazione subita, i bravi del duca uccisero la moglie e il figlio del Maremonti nella torre, insieme a tutti coloro che si trovavano all’interno. Il dolore del cavaliere fu indescrivibile. Quando scoprì l’agghiacciante verità montò a cavallo e, delirante, si recò da colui che aveva ordinato l’esecuzione. La sua vendetta fu sanguinosa e crudele. Carlo Maremonti non tornò mai più a Lecce e, secondo alcune voci, si ritirò in un convento alla ricerca di quella pace che lo aveva abbandonato dopo la morte dei suoi cari. Oltre alla sua storia, si tramandano alcuni versi in vernacolo salentino che parlano di lui:

 

Spariu, niente se sippe, mai turnau,         Sparì, non se ne seppe più niente, non tornò mai,

a’ ddunca sciu, cce fice è nu misteru. dove andò, quello che fece è un mistero.

Se disse a nu cunventu e nu se trau;       Si disse in un convento e non si trovò;

ca cumbattia cu muera, forse è veru. che combatteva per morire, forse è vero.

 

La torre è di proprietà comunale, ma l’intera area, purtroppo, è quasi totalmente abbandonata. Qualcosa, tuttavia, sembra stia cambiando in meglio. Il 10 novembre scorso, difatti, l’Assessore alla Cultura della Città di Lecce, l’On. Adriana Poli Bortone, ha organizzato al castello Carlo V di Lecce un incontro sul tema “Torre di Belloluogo – I giardini di Bello loco: dalla ricerca storica ad un parco per la città”, occasione per parlare dell’area in questione storicamente rilevante e per riqualificarla, restituendole l’antico splendore. La zona, infatti, sarà destinata a parco urbano.

La Torre di Belloluogo racchiude in sé un po’ di quel mondo medievale che ha dato tanto anche al Salento. Se ci si reca a visitare quei luoghi si respirerà un’atmosfera arcaica che riporta indietro nel tempo. Non sarà difficile immaginare Maria d’Enghien che, nei suoi soggiorni estivi alla torre, passeggiava nel giardino circostante sotto il sole del sud e tra i profumi delle essenze autoctone presenti.

La torre racconta storie di cavalieri, di dame, di sogni e vendette. Parla la lingua dei popoli che l’hanno vista sorgere e poi regredire non di certo per sua volontà. È stata dimenticata per secoli, ma è giunto il momento, speriamo, del riscatto. Non per altro il suo nome, “Belloluogo”, contempla la sua bellezza e l’importanza che il sito aveva in tempi lontani.

 

 

 


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