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La Torre di Belloluogo |
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Ci sono luoghi che parlano di
storie passate e vissute intensamente. Ci sono luoghi che raccontano la vita di
persone diverse ma accomunate da un unico destino. Ci sono luoghi che parlano
dei tempi andati svelandoci come vivevano i nostri avi, cosa dicevano, come
agivano. L’epoca medievale, con i suoi
circa mille anni di storia, ha lasciato anche a noi salentini importanti
testimonianze che ancora oggi possiamo ammirare nei nostri paesi, nelle nostre
campagne. Tipico esempio di quei secoli è la Torre di Belloluogo che si erge
isolata in un latifondo leccese. Il gioiello medievale fu la residenza
prediletta di Maria d’Enghien, contessa di Lecce e regina di Napoli tra la fine
del 1300 e l’inizio del 1400. La sovrana amava trascorrere lunghi periodi in
questo sito, soprattutto in estate. La Torre di Belloluogo fu eretta
probabilmente dai normanni. Tutto intorno, vi sono ancora i resti di quello che
veniva definito “il giardino delle delizie”, legato alla figura della
d’Enghien. Alla torre si accede da un antico portale impreziosito da un tondo
con l’effigie del Patrono S. Oronzo. Al suo interno, alcuni affreschi di
matrice tardo giottesca, quali la “Crocifissione” e le “Storie della vita di
Maria Maddalena”, arricchiscono le pareti di una cappella. La torre è circondata da un
fossato dove vi sono numerose grotte. Questi luoghi rappresentavano altresì il
nido d’amore del coraggioso capitano leccese Carlo Maremonti. Costui, molti
secoli addietro, ebbe la meglio durante un combattimento contro l’esercito del
duca d’Andria e inflisse agli avversari una dura sconfitta. Una leggenda narra
che, proprio per vendicarsi dell’umiliazione subita, i bravi del duca uccisero
la moglie e il figlio del Maremonti nella torre, insieme a tutti coloro che si
trovavano all’interno. Il dolore del cavaliere fu indescrivibile. Quando scoprì
l’agghiacciante verità montò a cavallo e, delirante, si recò da colui che aveva
ordinato l’esecuzione. La sua vendetta fu sanguinosa e crudele. Carlo Maremonti
non tornò mai più a Lecce e, secondo alcune voci, si ritirò in un convento alla
ricerca di quella pace che lo aveva abbandonato dopo la morte dei suoi cari.
Oltre alla sua storia, si tramandano alcuni versi in vernacolo salentino che
parlano di lui: Spariu, niente se sippe, mai turnau, Sparì,
non se ne seppe più niente, non tornò mai, a’ ddunca sciu, cce fice è nu misteru. dove
andò, quello che fece è un mistero. Se disse a nu cunventu e nu se trau; Si disse
in un convento e non si trovò; ca cumbattia cu muera, forse è veru. che combatteva per
morire, forse è vero. La torre è di proprietà
comunale, ma l’intera area, purtroppo, è quasi totalmente abbandonata.
Qualcosa, tuttavia, sembra stia cambiando in meglio. Il 10 novembre scorso, difatti, l’Assessore alla Cultura della Città di
Lecce, l’On. Adriana Poli Bortone, ha organizzato al castello Carlo V di Lecce
un incontro sul tema “Torre di Belloluogo – I giardini di Bello loco: dalla
ricerca storica ad un parco per la città”, occasione per parlare dell’area in
questione storicamente rilevante e per riqualificarla, restituendole l’antico
splendore. La zona, infatti, sarà destinata a parco urbano. La
Torre di Belloluogo racchiude in sé un po’ di quel mondo medievale che ha dato
tanto anche al Salento. Se ci si reca a visitare quei luoghi si respirerà
un’atmosfera arcaica che riporta indietro nel tempo. Non sarà difficile
immaginare Maria d’Enghien che, nei suoi soggiorni estivi alla torre, passeggiava
nel giardino circostante sotto il sole del sud e tra i profumi delle essenze
autoctone presenti. La
torre racconta storie di cavalieri, di dame, di sogni e vendette. Parla la
lingua dei popoli che l’hanno vista sorgere e poi regredire non di certo per
sua volontà. È stata dimenticata per secoli, ma è giunto il momento, speriamo,
del riscatto. Non per altro il suo nome, “Belloluogo”, contempla la sua
bellezza e l’importanza che il sito aveva in tempi lontani.
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