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Gli ultimi giorni di Pompei …. Che carambola, l'Italia
  
di Francesco CACCETTA

Gli ultimi giorni di Pompei

Che settimana ragazzi, che putiferio. Una settimana tutta italiana, tutta da Strapaese. Inimmaginabile e surreale per molti aspetti. Ed è così quando la realtà supera la fantasia ed i sogni, quando travalica con forza le probabilità ed i calcoli e per un momento ti fa trovare stordito e stupefatto. Una galleria impressionante di notizie, di immagini, di resoconti, di dichiarazioni, una spericolata e velocissima corsa dall’inferno al paradiso, andata e ritorno. Roba da vertigini allo stato puro. Una settimana tutta nostra, intensa, focosa, meridionale, calda ed umorale. Lacrime ed urla nel solco della tradizione del melodramma e della commedia dell’arte. Non bastava lo sconcio e l’indecenza di Napoli, il cattivo e maleodorante puzzo che ci ha investiti, che ha lasciato la Campania per svolazzare in tutto il mondo e rendere così una impietosa immagine del Belpaese, una orrenda effige da apporre al curriculum dei nostri governanti ma che umilia ed offende tutti noi, che denigra fino all’inverosimile l’immagine dell’Italia. Non bastava il giudizio devastante della stampa estera, dal New York Times, al Wall Street Journal, al Financial Times, all’Economist. Tutti concordi nel bocciare senza tanti giri di parole, senza la melliflua ipocrisia di casa nostra, l’Italia tout court. Una certificazione del declino italiano. Un declino della società nel suo complesso, un declino delle istituzioni, dei suoi uomini, delle loro scelte, dei tanti atteggiamenti di attesa e di resa, dei tanti cedimenti, presentato con la freddezza dei dati, dei numeri, delle statistiche, oggi per noi impietose. Non bastava tutto ciò. Si è andati oltre con noncuranza, quasi con lucidità. Si è voluto in un sol colpo presentare l’anima profonda del nostro laicismo spinto in questi ultimi tempi fino alle estreme conseguenze. Ed è venuto così fuori il rancore profondo verso la Chiesa, verso i cattolici, verso il Papa, verso un contraltare di spiritualità e di religiosità che è percepito come indebita ingerenza. Una barriera che si è alzata all’Università La Sapienza di Roma da parte di una forte minoranza di docenti e di studenti che in nome della ragione, del mondo laico, di vecchie dispute storiche, filosofiche e teologiche che risalgono alla notte dei tempi, ha posto il suo veto alla presenza del Pontefice all’inaugurazione dell’anno accademico. Una barriera che ha lasciato solo passare un miserevole corteo di sicura volgarità caratterizzato da storpiamenti ad arte delle parole ed accostamenti ironici e blasfemi al mondo cattolico. Così  si è voluto in nome e per conto della forza di un pensiero unico che è sempre più liberticida. Una barriera che ha retto contro il Papa e contro la Chiesa di Roma. E lo Stato, il governo, i suoi ministri, le istituzioni universitarie hanno così chinato il capo, ossequiosi come sempre. E con loro i maggiori quotidiani italiani che hanno gareggiato nell’arzigogolare confusamente fra laicismo, libertà, religiosità, tradizionalismo con interviste ed editoriali da perfetto equilibrismo pseudointellettuale. Salvo, a cose fatte, rilasciare tutti quanti striminzite dichiarazioni e tardivi distinguo. Un attacco alla figura del Pontefice che rimarrà una ferita profonda. Poteva bastare come avvio dell’anno nuovo? Ma no, perché quando il palazzo cede dalle fondamenta cadono in sequenza tutti i piani franando così rovinosamente. E così è stato in una incredibile girandola di spettacolari avvenimenti. A cominciare dagli arresti domiciliari per la Signora Sandra Lonardo, Presidente del Consiglio regionale campano e moglie del Ministro di Grazia e Giustizia Clemente Mastella, a sua volta, dopo poche ore, incriminato, unitamente a quasi tutti i maggiorenti campani del suo partito. Contemporaneamente, a seguire, il verdetto per Totò Cuffaro, Presidente della Regione Sicilia, condannato a cinque anni, e l’iscrizione nel registro degli indagati per il capo dell’opposizione Silvio Berlusconi reo di aver esercitato pressioni per favorire alcune sue protette nell’ambito della RAI. A discendere così, in un crescendo wagneriano, le dimissioni di Mastella e l’abbandono dell’Udeur dalla compagine governativa. E dunque, fra rimproveri ed insulti, fra distinguo e minacce, fra tentativi notturni di convincimenti e di promesse più o meno larvate, ancora una volta è crisi politica. Un nuovo spettacolo impietoso ed indecoroso con urla, schiamazzi ed improperi che dilaga al Senato. Un clima da ultimi giorni di Pompei, un Paese nel pieno della confusione. Una crisi politica che oggi è formalmente sancita dalle dimissioni di Romano Prodi dopo un conteggio dei voti al Senato che di fatto lo hanno privato della fiducia e della maggioranza. Si torna così nelle mani del Presidente della Repubblica, si torna nel dilemma fra elezioni anticipate, governo tecnico-istituzionale, reincarico. Ed è nuovamente incertezza. Due anni sono stati così sprecati all’insegna di un ottuso convincimento ad andare avanti nonostante un verdetto elettorale che pareggiava i due poli, nonostante le palesi e quasi quotidiane difficoltà politiche che hanno attraversato il centrosinistra sin dall’inizio, nonostante una graduale e progressiva sfiducia dei cittadini. Al termine rimangono le difficoltà economiche delle famiglie italiane, la frammentazione politica da oggi più acuta, l’indecisione verso le riforme e l’ossequio verso i poteri forti, la spaccatura netta nella società civile su questioni etiche e religiose, l’arretramento nella politica della modernizzazione del paese e delle infrastrutture, la mancata sfida a vere liberalizzazioni, l’accanimento nella tassazione. Da oggi si riparte come sempre nella speranza di un radicale cambiamento di tutti e di tutto, di un governo solido e responsabile, di un sistema politico e governativo che nel suo insieme esprima efficienza, qualità, chiarezza, regole, sicurezza ed ordine. Questo si chiede e da oggi a gran voce.

 

 

 


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