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Gli ultimi giorni di Pompei …. Che carambola, l'Italia |
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Che settimana ragazzi, che
putiferio. Una settimana tutta italiana, tutta da Strapaese. Inimmaginabile e
surreale per molti aspetti. Ed è così quando la realtà supera la fantasia ed i
sogni, quando travalica con forza le probabilità ed i calcoli e per un momento
ti fa trovare stordito e stupefatto. Una galleria impressionante di notizie, di
immagini, di resoconti, di dichiarazioni, una spericolata e velocissima corsa
dall’inferno al paradiso, andata e ritorno. Roba da vertigini allo stato puro.
Una settimana tutta nostra, intensa, focosa, meridionale, calda ed umorale.
Lacrime ed urla nel solco della tradizione del melodramma e della commedia
dell’arte. Non bastava lo sconcio e l’indecenza di Napoli, il cattivo e
maleodorante puzzo che ci ha investiti, che ha lasciato la Campania per
svolazzare in tutto il mondo e rendere così una impietosa immagine del
Belpaese, una orrenda effige da apporre al curriculum dei nostri governanti ma
che umilia ed offende tutti noi, che denigra fino all’inverosimile l’immagine
dell’Italia. Non bastava il giudizio devastante della stampa estera, dal New
York Times, al Wall Street Journal, al Financial Times, all’Economist. Tutti
concordi nel bocciare senza tanti giri di parole, senza la melliflua ipocrisia
di casa nostra, l’Italia tout court. Una certificazione del declino italiano.
Un declino della società nel suo complesso, un declino delle istituzioni, dei
suoi uomini, delle loro scelte, dei tanti atteggiamenti di attesa e di resa,
dei tanti cedimenti, presentato con la freddezza dei dati, dei numeri, delle
statistiche, oggi per noi impietose. Non bastava tutto ciò. Si è andati oltre
con noncuranza, quasi con lucidità. Si è voluto in un sol colpo presentare
l’anima profonda del nostro laicismo spinto in questi ultimi tempi fino alle
estreme conseguenze. Ed è venuto così fuori il rancore profondo verso la
Chiesa, verso i cattolici, verso il Papa, verso un contraltare di spiritualità
e di religiosità che è percepito come indebita ingerenza. Una barriera che si è
alzata all’Università La Sapienza di Roma da parte di una forte minoranza di
docenti e di studenti che in nome della ragione, del mondo laico, di vecchie
dispute storiche, filosofiche e teologiche che risalgono alla notte dei tempi,
ha posto il suo veto alla presenza del Pontefice all’inaugurazione dell’anno
accademico. Una barriera che ha lasciato solo passare un miserevole corteo di
sicura volgarità caratterizzato da storpiamenti ad arte delle parole ed
accostamenti ironici e blasfemi al mondo cattolico. Così si è voluto in nome e per conto della forza
di un pensiero unico che è sempre più liberticida. Una barriera che ha retto
contro il Papa e contro la Chiesa di Roma. E lo Stato, il governo, i suoi ministri,
le istituzioni universitarie hanno così chinato il capo, ossequiosi come
sempre. E con loro i maggiori quotidiani italiani che hanno gareggiato
nell’arzigogolare confusamente fra laicismo, libertà, religiosità,
tradizionalismo con interviste ed editoriali da perfetto equilibrismo pseudointellettuale.
Salvo, a cose fatte, rilasciare tutti quanti striminzite dichiarazioni e
tardivi distinguo. Un attacco alla figura del Pontefice che rimarrà una ferita
profonda. Poteva bastare come avvio dell’anno nuovo? Ma no, perché quando il
palazzo cede dalle fondamenta cadono in sequenza tutti i piani franando così
rovinosamente. E così è stato in una incredibile girandola di spettacolari
avvenimenti. A cominciare dagli arresti domiciliari per la Signora Sandra
Lonardo, Presidente del Consiglio regionale campano e moglie del Ministro di
Grazia e Giustizia Clemente Mastella, a sua volta, dopo poche ore, incriminato,
unitamente a quasi tutti i maggiorenti campani del suo partito.
Contemporaneamente, a seguire, il verdetto per Totò Cuffaro, Presidente della
Regione Sicilia, condannato a cinque anni, e l’iscrizione nel registro degli
indagati per il capo dell’opposizione Silvio Berlusconi reo di aver esercitato
pressioni per favorire alcune sue protette nell’ambito della RAI. A discendere
così, in un crescendo wagneriano, le dimissioni di Mastella e l’abbandono
dell’Udeur dalla compagine governativa. E dunque, fra rimproveri ed insulti,
fra distinguo e minacce, fra tentativi notturni di convincimenti e di promesse
più o meno larvate, ancora una volta è crisi politica. Un nuovo spettacolo
impietoso ed indecoroso con urla, schiamazzi ed improperi che dilaga al Senato.
Un clima da ultimi giorni di Pompei, un Paese nel pieno della confusione. Una
crisi politica che oggi è formalmente sancita dalle dimissioni di Romano Prodi
dopo un conteggio dei voti al Senato che di fatto lo hanno privato della
fiducia e della maggioranza. Si torna così nelle mani del Presidente della
Repubblica, si torna nel dilemma fra elezioni anticipate, governo
tecnico-istituzionale, reincarico. Ed è nuovamente incertezza. Due anni sono
stati così sprecati all’insegna di un ottuso convincimento ad andare avanti
nonostante un verdetto elettorale che pareggiava i due poli, nonostante le
palesi e quasi quotidiane difficoltà politiche che hanno attraversato il
centrosinistra sin dall’inizio, nonostante una graduale e progressiva sfiducia
dei cittadini. Al termine rimangono le difficoltà economiche delle famiglie
italiane, la frammentazione politica da oggi più acuta, l’indecisione verso le
riforme e l’ossequio verso i poteri forti, la spaccatura netta nella società
civile su questioni etiche e religiose, l’arretramento nella politica della
modernizzazione del paese e delle infrastrutture, la mancata sfida a vere
liberalizzazioni, l’accanimento nella tassazione. Da oggi si riparte come
sempre nella speranza di un radicale cambiamento di tutti e di tutto, di un
governo solido e responsabile, di un sistema politico e governativo che nel suo
insieme esprima efficienza, qualità, chiarezza, regole, sicurezza ed ordine.
Questo si chiede e da oggi a gran voce.
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