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Quale 2006? |
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È iniziato da appena un mese il nuovo anno ed è logico
chiedersi come sarà per noi e per il mondo con cui interagiamo. Il panorama è –
come direbbero i metereologi – variabile, con perturbazioni costanti,
incertezze, possibilità di mutazioni a tutti i livelli geografici mondiali,
europei, italiani, meridionali, mediterranei. Medioriente - Cominciamo guardando al globo dove le nuvole
si addensano di più, dove la situazione in Iraq, Israele e Palestina sono
presenti temporali costanti con effetti tragici per le popolazioni, ma non
dimenticando che il mondo è persistentemente ferito da almeno 10 crisi più
cruente di cui non si parla quasi mai: guerre e malattie in Congo, la Cecenia e
Haiti distrutte da ondate di violenza, l’AIDS dilagante, gli scontri in India nord-orientale,
la emergenza umanitaria nel Sud Sudan dopo la fine della guerra, la violenza in
Colombia, miseria e signori della guerra in Somalia, sicurezza inesistente
nell’Uganda settentrionale e in Congo, crisi in Costa d’Avorio, secondo il
rapporto di “Medici senza frontiere”. Ma purtroppo l’elenco è limitato rispetto
alle crisi alimentari e sanitarie, alle politiche di controllo dei mercati
produttivi del Terzo e Quarto Mondo da parte delle multinazionali che “guidano”
la globalizzazione, ai sistemi dove ancora è lecita la pena di morte (anche in
democrazie avanzate), e così via. Borsa mondiale - Tutto questo è il bilancio estremamente
negativo di quella Borsa mondiale di capacità di regolamentazione,
pacificazione, armonizzazione delle Nazioni Unite da riformare più democraticamente,
che troppi interessi politici, strategici ed economici non vogliono. Pace,
sicurezza, sviluppo, vera globalizzazione di una crescita socio-economica per
tutti i popoli della Terra, libertà, fine delle guerre razziali e religiose,
limitazione degli armamenti per tutti (comprese le grandi potenze mondiali che
le hanno e le monopolizzano), disarmo nucleare altrettanto di tutti, fine dei
“muri di separazione” cosiddetta preventiva, sono ancora utopia. Senza una ONU
diversa, dotata di effettivi poteri, le speranze di un mondo nuovo e più
pacifico, più solidale, più progredito nella sua globalità. Unione Europea - E l’Europa Unita? L’eccessivo
allargamento all’Est sta provocando squilibri nell’economia dei Paesi
tradizionalmente membri, aggravando – per sottrazione di risorse – quelli delle
aree meno forti e soprattutto quelli che fondano la loro economia in una
prospettiva di sviluppo nel contesto euro-mediterraneo. Uno degli errori che sembra – a giudizio
esclusivo di chi scrive – sia stata la gestione dell’allargamento comunitario
da parte di Prodi, è il pensare ad un “impero europeo alla Carlo Magno”,
trascurando lo storico gioco strategico dell’economia europea nell’ambito
Mediterraneo con il Nord Africa e il Medio Oriente. Probabilmente l’economista
prof. Prodi non conosce la storia dell’Impero Romano e la grande intuizione
dell’Imperatore Adriano, che pose fine all’espansionismo romano per
concentrarsi sullo sviluppo interno, non meno che ad una politica sociale che –
per chi la conosce – è fra le più avanzate anche per i tempi moderni. L’Europa Unita di oggi è ben diversa da quella che i
cittadini europei vogliono: più sociale, meno burocratica, meno dettata da
normative superflue per non dire stupide, soprattutto più informata sulle
modalità pratiche, non meno che aliena dalle sue identità storiche. Il
fallimento sostanziale della sua Costituzione ne è un esempio. Una Europa Unita
più dei cittadini tramite i membri del suo Parlamento Europeo dotato di
maggiori poteri e meno soggetto allo strapotere delle decisioni della
Commissione e della euroburocrazia mastodontica ed aggravante i contributi
nazionali; una Europa Unita che sappia guardare più alla situazione
socio-economica interna, che non pensi ad ulteriori situazioni imperialistiche
in aree sostanzialmente e storicamente non europee (vedi il caso Turchia), che
riconsideri il ruolo di sviluppo e intermediazione anche politico-strategica
delle aree sensibili che si affacciano sul Mediterraneo, che sappia sviluppare
rapporti commerciali, culturali, interreligiosi, etnici (con dovuti controlli
di esodi clandestini e traffici umani, di armi e droga), che garantisca in
questo Bacino approvvigionamenti energetici, che agevoli l’interscambio
turistico, non sono che alcuni elementi di auspicio di un cambiamento di rotta.
Sul piano interno, poi, c’è ancora tanto buio. Gli
agglomerati politici di una parte e dell’altra parlano molto e indicano poco,
con estrema genericità, quali siano i loro progetti concreti, cosa intendono
fare soprattutto per il Mezzogiorno in un contesto nazionale, europeo,
euromediterraneo. Non ci importano le
affermazioni di principio, ma il cosa, il come, il quando. Dal mondiale al
territoriale è tempo di attesa. Disperarci? No. Adattarci? Comunque. Sperare
nel buon senso? Questo sì. L’augurio per lo sviluppo del 2006 e dei prossimi
anni a venire sta tutto qui. Futuro - Chi scrive non è un veggente e non può dire come
andranno le cose, non fa oroscopi televisivi e stampa fasulli, guarda soltanto
alle realtà e come ognuno di noi auspica che le cose vadano meglio con quel
briciolo di virtù teologale della speranza che però è legata agli uomini di
buona volontà e di buona volontà ce ne vuole tanta! I lettori di
Euromediterraneo scusino l’editorialista di questa lunga panoramica di ombre e
speranze, prospettive, ma questa era la riflessione personale di cui volevo
farvi partecipi, aperto a vostre altre diverse considerazioni.
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