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Cataclismi e maremoti/ L’Europa è pronta?
  
di Emanuele MARZOCCA*

E l’Europa è pronta

Siamo tutti scossi dai catastrofici eventi che lo Tsunami ha causato recentemente nei Paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano. I morti accertati sono ben oltre centomila ed i senza tetto, perlopiù  popolazioni che vivevano già in misere condizioni, sono diverse centinaia di migliaia. Tutti noi abbiamo davanti agli occhi le immagini vivide di questa immane disgrazia, e tutti noi ci chiediamo se, con un’opportuna rete di informazione, tale catastrofe avrebbe potuto essere, se non evitata, decisamente ridotta nella sua portata.

Non voglio in questa sede filosofare sul ciò che si poteva o doveva fare, quelle migliaia di morti, di profughi senza più nulla di quei miseri beni che rappresentavano tutto il loro piccolo mondo quotidiano, tutti quei bambini orfani per i quali non si prospetta un futuro migliore del loro passato, sono lì a rammentarci quanto le forze della natura siano ben più devastanti e distruttive di tutte le moderne tecnologie poste al servizio preventivo della salvaguardia del genere umano. Eppure noi tutti sappiamo che si sarebbe potuto fare molto di più, ma noi tutti abbiamo scaricato gran parte delle responsabilità su governi e Paesi che per molti versi non erano in grado di affrontare un simile evento per tempo.

Quella che vogliamo porci in questa sede è ben altra domanda: l’Europa dei Paesi civilizzati ed industrializzati, delle tecnologie moderne ed all’avanguardia, della scienza dell’informazione, sarebbe veramente pronta ed in grado di affrontare un evento simile qualora si verificasse nel bacino del Mediterraneo? Analizziamo per sommi capi la sua situazione geografica, geologica e demografica.

Il bacino del Mediterraneo, un tempo oceano ed ora divenuto un grande mare interno, non è come molti di noi già sanno, un’area stabile ed i suoi fondali sono ampiamente interessati da una attività tettonica abbastanza dinamica. La zolla africana, per effetto della deriva continentale, si spinge verso nord ed al contatto con quella europea si piega verso il basso e la sottoscorre per poi venire gradualmente riassorbita dal mantello terrestre. Questo è più o meno quanto è successo nell’Oceano Indiano a largo di Sumatra. Nulla quindi ci permette di pensare che un terremoto di notevole intensità non possa un giorno verificarsi nella nostra area mediterranea. Molti di noi hanno vissuto le angosce ed i luttuosi eventi del terremoto di Messina, che rase al suolo la città nel secolo scorso. Ben più di recente, appena l’anno passato, una frana sottomarina generata dal crollo di una piccola parte dell’edificio vulcanico di Stromboli generò un’onda anomala, di portata trascurabile se comparata con quelle dello Tsunami che ha distrutto pochi giorni addietro vaste aree delle coste dell’Oceano Indiano dall’Indonesia fino all’Africa Orientale, mise in allarme le popolazioni di pescatori che vivono nelle aree immediatamente circostanti e la nostra Protezione Civile. Forse non molti sanno che intorno al 1.500 prima di Cristo, un’eruzione di estrema violenza nell’isola di Santorini nel Mar Egeo ed il conseguente crollo di gran parte del suo edificio vulcanico generò un maremoto che in breve tempo si propagò fin su delta del Nilo distruggendo gli abitati che situati nell’arcipelago egeo e seminando morte e rovina sulle coste del Mediterraneo orientale. In quel caso, oltre che allo Tsunami, contribuirono varie concause a far scomparire la civiltà cretese ed a portare carestia e fame anche in Egitto. Si è parlato e si parla spesso di questo evento in relazione al mito di Atlantide, il continente scomparso che molti studiosi collocano proprio nell’isola di Santorini e per quanto mi riguarda non posso esprimere una mia chiara opinione in merito, ma è certo e storicamente riconosciuto che questa sembra essere stata la prima causa di notevoli sconvolgimenti socio-demografici del bacino del Mediterraneo.

Ci è stato detto da più parti che eventi commensurabili con quello recentemente accaduto nell’Oceano Indiano, abbiano scarse probabilità di verificarsi nel Mediterraneo, ma non ci è stato detto che scarse probabilità non significano affatto impossibilità perché un tale evento non accada anche qui da noi, appena fuori dalla porta di casa nostra.

Consideriamo l’aspetto demografico del nostro mare e ci renderemo conto che nelle isole Egee, lungo le coste di Grecia e Turchia, dell’isola di Creta, del Medio Oriente e dell’Africa nord-orientale un notevole numero di persone vive lungo le coste e dal mare trae beneficio e sopravvivenza. Non starò qui a fare stime numeriche di quante siano queste popolazioni ma vi lascio immaginare che non si tratta di poche centinaia di persone. Ed anche in questo caso, se escludiamo i villaggi turistici, peraltro sempre affollati da gente in cerca di svago, riposo e di un clima benefico, molti degli abitanti delle coste insulari e continentali del Mediterraneo vivono in condizioni modeste, magari non di totale indigenza come molte popolazioni colpite dal maremoto nel Sudest Asiatico, ma pur sempre persone che sopravvivono alle frange della povertà o semi-povertà, ebbene proprio loro potrebbero essere facili vittime di un evento catastrofico, magari poco probabile come abbiamo appena detto, ma pur sempre possibile.

Da ultimo diamo un’occhiata di sfuggita alla cartina geografica del Mediterraneo e ci renderemo conto immediatamente delle ridotte dimensioni di questo rispetto all’Oceano Indiano. Se lì lo Tsunami si è propagato nell’arco di alcune ore da un continente all’altro, nel nostro caso tale evento si estenderebbe da un punto all’altro delle coste in brevissimo tempo, molto più ridotto che nell’Oceano Indiano.

La presenza di vulcani quiescenti ad alta attività esplosiva e di una intensa attività tettonica (ricordiamo i recenti catastrofici terremoti verificatisi in Turchia negli ultimi anni) ci pongono un inquietante quesito: saremmo noi in grado di proteggere in maniera efficace le popolazioni a rischio che vivono lungo le coste del nostro Mediterraneo? Se è pur vero che da noi le informazioni viaggiano a velocità ben superiore che nel Sudest Asiatico, se è altrettanto vero che da noi vi è un maggiore coordinamento ed una maggiore comprensione fra i vari governi, nel tempo in cui tale macchina si mettesse in moto e fosse in grado di avvertire capillarmente tutti coloro che sono a rischio non potrebbe tuttavia essere troppo tardi per effettuare con successo una concreta opera di protezione civile che possa evitare se non altro una pesante perdita di vite umane?

Non voglio essere affatto pessimista ma vorrei in questa sede far riflettere su ciò che molti di noi ignorano o sottovalutano nella speranza che una maggiore presa di coscienza ci porti a valutare rischi effettivi che, pur se poco probabili, incombono su di noi come su tutti gli esseri umani che abitano questo pianeta vivente e sempre in evoluzione che è la nostra Terra.

 

*geologo

 

 


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