|
|
Cataclismi e maremoti/ L’Europa è pronta? |
|
Siamo tutti scossi dai catastrofici
eventi che lo Tsunami ha causato recentemente nei Paesi che si affacciano
sull’Oceano Indiano. I morti accertati sono ben oltre centomila ed i senza
tetto, perlopiù popolazioni che
vivevano già in misere condizioni, sono diverse centinaia di migliaia. Tutti
noi abbiamo davanti agli occhi le immagini vivide di questa immane disgrazia, e
tutti noi ci chiediamo se, con un’opportuna rete di informazione, tale
catastrofe avrebbe potuto essere, se non evitata, decisamente ridotta nella sua
portata. Non voglio in questa sede filosofare
sul ciò che si poteva o doveva fare, quelle migliaia di morti, di profughi
senza più nulla di quei miseri beni che rappresentavano tutto il loro piccolo
mondo quotidiano, tutti quei bambini orfani per i quali non si prospetta un
futuro migliore del loro passato, sono lì a rammentarci quanto le forze della
natura siano ben più devastanti e distruttive di tutte le moderne tecnologie
poste al servizio preventivo della salvaguardia del genere umano. Eppure noi
tutti sappiamo che si sarebbe potuto fare molto di più, ma noi tutti abbiamo
scaricato gran parte delle responsabilità su governi e Paesi che per molti
versi non erano in grado di affrontare un simile evento per tempo. Quella che vogliamo porci in questa
sede è ben altra domanda: l’Europa dei Paesi civilizzati ed industrializzati,
delle tecnologie moderne ed all’avanguardia, della scienza dell’informazione,
sarebbe veramente pronta ed in grado di affrontare un evento simile qualora si
verificasse nel bacino del Mediterraneo? Analizziamo per sommi capi la sua
situazione geografica, geologica e demografica. Il bacino del Mediterraneo, un tempo
oceano ed ora divenuto un grande mare interno, non è come molti di noi già
sanno, un’area stabile ed i suoi fondali sono ampiamente interessati da una
attività tettonica abbastanza dinamica. La zolla africana, per effetto della
deriva continentale, si spinge verso nord ed al contatto con quella europea si
piega verso il basso e la sottoscorre per poi venire gradualmente riassorbita
dal mantello terrestre. Questo è più o meno quanto è successo nell’Oceano
Indiano a largo di Sumatra. Nulla quindi ci permette di pensare che un
terremoto di notevole intensità non possa un giorno verificarsi nella nostra
area mediterranea. Molti di noi hanno vissuto le angosce ed i luttuosi eventi
del terremoto di Messina, che rase al suolo la città nel secolo scorso. Ben più
di recente, appena l’anno passato, una frana sottomarina generata dal crollo di
una piccola parte dell’edificio vulcanico di Stromboli generò un’onda anomala,
di portata trascurabile se comparata con quelle dello Tsunami che ha distrutto
pochi giorni addietro vaste aree delle coste dell’Oceano Indiano dall’Indonesia
fino all’Africa Orientale, mise in allarme le popolazioni di pescatori che
vivono nelle aree immediatamente circostanti e la nostra Protezione Civile.
Forse non molti sanno che intorno al 1.500 prima di Cristo, un’eruzione di
estrema violenza nell’isola di Santorini nel Mar Egeo ed il conseguente crollo
di gran parte del suo edificio vulcanico generò un maremoto che in breve tempo
si propagò fin su delta del Nilo distruggendo gli abitati che situati nell’arcipelago
egeo e seminando morte e rovina sulle coste del Mediterraneo orientale. In quel
caso, oltre che allo Tsunami, contribuirono varie concause a far scomparire la
civiltà cretese ed a portare carestia e fame anche in Egitto. Si è parlato e si
parla spesso di questo evento in relazione al mito di Atlantide, il continente
scomparso che molti studiosi collocano proprio nell’isola di Santorini e per
quanto mi riguarda non posso esprimere una mia chiara opinione in merito, ma è
certo e storicamente riconosciuto che questa sembra essere stata la prima causa
di notevoli sconvolgimenti socio-demografici del bacino del Mediterraneo. Ci è stato detto da più parti che
eventi commensurabili con quello recentemente accaduto nell’Oceano Indiano,
abbiano scarse probabilità di verificarsi nel Mediterraneo, ma non ci è stato
detto che scarse probabilità non significano affatto impossibilità perché un
tale evento non accada anche qui da noi, appena fuori dalla porta di casa
nostra. Consideriamo l’aspetto demografico
del nostro mare e ci renderemo conto che nelle isole Egee, lungo le coste di
Grecia e Turchia, dell’isola di Creta, del Medio Oriente e dell’Africa
nord-orientale un notevole numero di persone vive lungo le coste e dal mare
trae beneficio e sopravvivenza. Non starò qui a fare stime numeriche di quante
siano queste popolazioni ma vi lascio immaginare che non si tratta di poche
centinaia di persone. Ed anche in questo caso, se escludiamo i villaggi
turistici, peraltro sempre affollati da gente in cerca di svago, riposo e di un
clima benefico, molti degli abitanti delle coste insulari e continentali del
Mediterraneo vivono in condizioni modeste, magari non di totale indigenza come
molte popolazioni colpite dal maremoto nel Sudest Asiatico, ma pur sempre
persone che sopravvivono alle frange della povertà o semi-povertà, ebbene
proprio loro potrebbero essere facili vittime di un evento catastrofico, magari
poco probabile come abbiamo appena detto, ma pur sempre possibile. Da ultimo diamo un’occhiata di
sfuggita alla cartina geografica del Mediterraneo e ci renderemo conto
immediatamente delle ridotte dimensioni di questo rispetto all’Oceano Indiano.
Se lì lo Tsunami si è propagato nell’arco di alcune ore da un continente
all’altro, nel nostro caso tale evento si estenderebbe da un punto all’altro
delle coste in brevissimo tempo, molto più ridotto che nell’Oceano Indiano. La presenza di vulcani quiescenti ad
alta attività esplosiva e di una intensa attività tettonica (ricordiamo i
recenti catastrofici terremoti verificatisi in Turchia negli ultimi anni) ci
pongono un inquietante quesito: saremmo noi in grado di proteggere in maniera
efficace le popolazioni a rischio che vivono lungo le coste del nostro
Mediterraneo? Se è pur vero che da noi le informazioni viaggiano a velocità ben
superiore che nel Sudest Asiatico, se è altrettanto vero che da noi vi è un
maggiore coordinamento ed una maggiore comprensione fra i vari governi, nel
tempo in cui tale macchina si mettesse in moto e fosse in grado di avvertire
capillarmente tutti coloro che sono a rischio non potrebbe tuttavia essere
troppo tardi per effettuare con successo una concreta opera di protezione
civile che possa evitare se non altro una pesante perdita di vite umane? Non voglio essere affatto pessimista
ma vorrei in questa sede far riflettere su ciò che molti di noi ignorano o
sottovalutano nella speranza che una maggiore presa di coscienza ci porti a
valutare rischi effettivi che, pur se poco probabili, incombono su di noi come
su tutti gli esseri umani che abitano questo pianeta vivente e sempre in
evoluzione che è la nostra Terra. *geologo
|
|
|