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"Non ti muovere", il libro di Margaret Mazzantini, Premio Strega 2002 |
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È come una macchina da guerra,
viaggia senza sosta, rumorosa e potente. “Non ti muovere” di Margaret
Mazzantini, Premio Strega 2002, ha davvero l’esuberanza di uno strumento di
battaglia, dove passa lascia un segno e, con l’incontenibile e ansiosa forza
dei pensieri, colpisce il lettore nel profondo. Una giornata di pioggia, un
motorino che non rispetta lo stop, un padre in crisi con il proprio passato:
Angela, figlia del primario dell’ospedale, dopo l’incidente viene ricoverata e
operata, mentre il padre, Timoteo, non può far altro che aspettare, in attesa
che la porta della sala operatoria finalmente si apra e possa ricevere notizie della
ragazza. Proprio in quel momento, quando
si trova solo ad affrontare un momento tanto terribile, mentre la moglie è in
viaggio su un aereo partito da Londra, trova il coraggio di confessarsi, mette
a nudo la sua anima lasciando emergere un passato oscuro e inquietante. Durante questo monologo con se
stesso, che assume la connotazione di un dialogo con la figlia Angela, Timoteo,
per la prima volta, guarda alla sua vita con sincerità autentica: in questa
condizione di smarrimento, di rimorso e angosciosa attesa, lo sguardo del
medico affonda nel suo io più profondo e, con la meticolosità di un
chirurgo che affronta una delicata operazione, sviscera la verità sulla propria
coscienza, stana il male e l’egoismo che in lui, per quindici anni, hanno
prevaricato l’amore. L’uomo rivela così, con un tono
amaro e talvolta di rimpianto, la storia di un amore extraconiugale con una
donna brutta, povera e sottomessa, Italia, che per lui costituisce una sorta di
lucida ossessione, un’“abitudine” irrinunciabile. Ma questo non gli impedirà di
proseguire la sua vita conformista e borghese di sempre: il lavoro di un certo
prestigio, la moglie bella e di successo, la casa, le vacanze, infine la
piccola Angela. Alla fine Italia è perdente: muore a causa di un aborto e il vile
dottore rientra negli schemi di una vita squisitamente “normale”. È così la
legge: i grandi, i ricchi, gli stimati uomini e donne perbene (se perbene è
solo il titolo professionale davanti al nome, la mega busta paga, le cene con
amici rispettabilissimi e altrettanto insulsi) hanno sempre la meglio sui
pezzenti, sulle donne trasandate e dal trucco un po’ volgare come Italia. “Non ti muovere” è la risposta
all’impotenza di ogni uomo davanti al proprio futuro, è la confessione pura e
semplice dei propri errori, dei sensi di colpa: Timoteo, dietro l’apparenza di
un uomo come tanti, un uomo perbene, appunto, nasconde la verità di un sopruso,
la verità dolorosa di un cuore avvolto dalla meschinità. Italia è un altro personaggio
ben architettato, la figura femminile forse più autentica proprio perché
inserita nel misero squallore di una casa di periferia, tra abiti e oggetti che
hanno odore di malinconia. È una donna che attende solo una dimostrazione vera
d’amore, un gesto affettuoso, che in realtà non le verrà mai completamente
concesso. È una donna che non reagisce, si dona ma non chiede mai nulla per sé.
Un personaggio, quindi, che nella sua debolezza è molto più forte dell’altra
donna del protagonista, la moglie Elsa, il ritratto di una Barbie bellezza-successo-famiglia,
una perfezione comunque incrinata dal tacito tradimento del marito. Nel dramma di una figlia in
pericolo, la Mazzantini riesce, con grande sensibilità e maestria, a descrivere
la definitiva rottura della maschera di Timoteo, che quindi mette a nudo
l’ipocrisia e il rimorso non solo di se stesso ma anche di ogni individuo che,
per convenienza e convenzioni, fa mostra di un’identità non sua. “Non ti muovere”, il grido di un
padre disperato alla ragazza in coma farmacologico, è forse l’espressione più
vera di un’umanità non ancora del tutto corrotta. Di fronte a una figlia, di
fronte al volto di una quindicenne che lotta fra la vita e la morte, Timoteo
non può nascondersi né tentare di giustificarsi. Se ancora è concesso, rimane
solo il tentativo di un nuovo percorso d’amore.
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