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L'Italia che verrà
  
di Francesco CACCETTA

Forse mai come in questi tempi la politica italiana è al centro del dibattito quotidiano sui mezzi di informazione, nel mondo

Forse mai come in questi tempi la politica italiana vive una intensa stagione di confronto e di incontro, di scontro e di aggregazione, di fermento programmatico, di ricerca dei mezzi per lo sviluppo, di lancio di nuovi progetti per costruire un ennesimo futuro. Forse mai come oggi la politica italiana è al centro del dibattito quotidiano: sui mezzi di informazione, nel mondo del lavoro, dell’impresa, in quello della scuola e della sanità, nella società nel suo complesso. Ed è dei giorni scorsi l’ennesima analisi del settimanale inglese Economist sul sistema Italia, sulla salute dell’economia italiana, sulle aspettative della politica, sulle cose realizzate, su quelle promesse, su quelle mai avviate, sullo sfondo culturale e sociale che determina le scelte della politica, sulle rivoluzioni annunciate ma mai seriamente e convintamene portate a compimento, sul governo Berlusconi, sul lavoro svolto dalla maggioranza in questi ultimi cinque anni, ma anche sulle aspettative di un ipotetico futuro governo Prodi e sulla sua reale capacità di cambiamento.

Un’analisi estremamente documentata che ha diviso nuovamente la classe politica, che ha sollevato critiche questa volta da entrambi gli schieramenti. Una politica dunque che non si ferma ma che marcia spedita soprattutto oggi, alla scadenza naturale della legislatura e alla vigilia di elezioni politiche che si preannunciano veramente decisive. Per molti motivi indubbiamente, per ciò che da sempre significano le elezioni ed i risultati che ne derivano. Ma questa volta per qualcosa di ancora più importante perché sono in ballo molte cose: il futuro assetto politico dell’Italia, la nuova gestione del potere, gli equilibri dei partiti, l’economia reale, il disegno sociale e culturale, la nuova etica del Paese. È in gioco insomma la fisionomia dell’Italia che verrà. Perché oggi è chiaro che si contrappongono due scuole ideali diverse, due mondi culturali, due visioni della società, che in questi anni hanno indubbiamente accentuato le loro differenze, che hanno rimarcato la loro identità.

Saranno elezioni importanti per tutti. Sarà un risultato decisivo per Silvio Berlusconi, per l’uomo politico principalmente, per tutto quello che ha significato nel corso di questi anni la sua discesa nell’agone politico, per la sua figura di leader di un partito nato dal nulla, per l’uomo dell’impresa che ha voluto portare la sua formazione di derivazione dal mondo del lavoro nei palazzi di Roma, nelle stanze del potere contrapponendola così, in maniera a volte troppo acuta, a quella dei cosiddetti funzionari di partito, al mondo politico tout court fatto di mediazioni, di regole istituzionali, di tradizione, di apparati, di convenzioni, di forti idealità, di movimento sull’asse del mandato elettorale. Trovando in questo un ottimo compagno di strada nel pragmatismo e nel realismo a volte esagerato e provocatorio dei leghisti di Umberto Bossi. Ed ancora elezioni importanti per il destino di tutto un centro politico che oggi è ancor di più in fibrillazione ed al bivio del non ritorno: verso la trasformazione in un Partito Popolare di ispirazione europea, se vincitore risulterà Berlusconi, oppure verso una nuova disgregazione finalizzata ad una rifondazione che vedrà riunirsi tutti gli eredi della Democrazia Cristiana nel caso della vittoria di Prodi. Un centro che pagherà così, in un modo o nell’altro un prezzo politico altissimo.

Elezioni importanti anche per il centrosinistra e dal cui esito capiremo se nascerà veramente il Partito Democratico che riunirà le forze del riformismo socialista, popolare e cattolico per un progetto politico non solo italiano o se si acuirà un radicalismo antiamericano, smaccatamente laicista ed anticlericale. Ed ancora se invece saremo costretti ad una parità politica ed alla eventualità di una grande coalizione come insegna la recente esperienza tedesca. Verrà guardata con più attenzione e senza condizionamenti la politica del centrodestra e si riuscirà a guardare con occhi più sereni la sua complessiva azione di governo, la portata delle sue numerose riforme, l’incisività delle trasformazioni a volte anche dolorose attuate, oppure prevarranno i dubbi e le perplessità del vecchio tema del conflitto di interesse, i giudizi sulle cosiddette leggi ad personam.

Prevarrà quella forma di rifiuto quasi antropologico del berlusconismo o si sarà pronti ad accettare un nuovo contratto elettorale di programma, a rilanciare la scommessa del cambiamento liberale? Vinceranno le ragioni della moderazione e della riflessione politica o quelle del cambiamento radicale, vinceranno le motivazioni economiche contingenti o la scelta di campo sarà più ideale, più politica? Quale sarà l’importanza che verrà riservata al delicatissimo nodo del rapporto con il mondo cattolico, con la Chiesa dottrinale e con le sue richieste in tema di matrimoni gay, di PACS, di fecondazione assistita, di scuole private, di pillola abortiva, di applicazione della legge 194, di impiego dei volontari per la vita, di politica per le famiglie regolari? Avremo dunque una nuova questione cattolica? Quale sarà il disegno strategico nei rapporti con l’Europa, con il mondo occidentale, con l’America? Quale enfasi avrà il tema dell’identità occidentale, il problema dell’immigrazione, il multiculturalismo, il disegno futuro delle città europee, l’allargamento dell’Europa stessa? Vinceranno allora i temi economici e finanziari, gli interessi delle categorie, delle nuove corporazioni, vinceranno le paure economiche nella speranza di un cambiamento che dia velocità all’Italia o verrà guardata nella sua complessità l’offerta politica e dunque più oculata risulterà la scelta di campo? Da questo snodo nascerà l’Italia che verrà e dalla chiarezza del mondo politico ripartirà l’Italia del domani.

 

 

 


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