|
|
SILENZIO ASSORDANTE! |
|
Il nostro grido di allarme è
caduto nel vuoto e nel disinteresse di amministratori e politici. Il problema
degli agenti inquinanti sparsi sul Salento dal carbone e dalle centrali
termoelettriche sembra non interessare chi dovrebbe prendere decisioni ed
iniziative a tutela dell’ambiente e, quindi, della salute dei cittadini e della
salvaguardia del territorio. Credo sia il caso di mutuare una
frase di Oriana Fallaci che, anche se pronunciata in altro contesto, trovo sia
adatta anche a questa situazione: ”Vi
sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un
obbligo, un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale
non ci si può sottrarre.”. Ed è il momento di parlare dei danni provocati
dall’inquinamento del polo energetico di Brindisi (il più grande d’Italia),
delle analisi effettuate da laboratori, pneumologi, oncologi e da commissioni
di studio che, consapevoli della gravità del rischio, hanno lavorato e lavorano
per monitorare la situazione e, guardando in faccia la realtà, cercare e
proporre vie di uscita. Sin dal momento dell’avvio del programma della centrale
di Cerano, che si è andata ad affiancare alle altre due centrali elettriche di
Brindisi, insigni specialisti diedero subito corpo e concretezza alle
situazioni di grave rischio che si sarebbero venute a creare: tra questi il il
Prof. Franco Rubino, insigne pneumologo di Brindisi, che espresse nel 1983
delle “Considerazioni sulle centrali a carbone nel brindisino”, analizzando e
riportando gli effetti dell’inquinamento che sarebbe stato prodotto dalle
centrali, in base alle conoscenze ed agli studi effettuati. Egli descrive,
dapprima, i prodotti della combustione e anche semplicemente della movimentazione
del carbone, dipingendo un quadro chiaro dei problemi polmonari cui sarebbe
andata incontro la popolazione a causa dei fumi emessi dalla ciminiere e delle
loro trasformazioni in acidi per effetto della luce e del contatto con
l’umidità, malattie acute e croniche dell’apparato respiratorio e non solo, ma
indicando anche le conseguenze derivanti dalle emissioni di polveri fini (come
quelle che inquinano le aree urbane a causa di traffico e riscaldamenti
domestici) e di metalli estremamente tossici (arsenico, mercurio, berillio,
cadmio e selenio) contenuti nel carbone in percentuali variabili che provocano
gravi danni sia direttamente, sia unitamente ai gas nocivi che vengono emessi. Esistono studi ed analisi
statistiche epidemiologiche sulla situazione delle patologie polmonari condotti
dal Multilab, organismo della Camera di Commercio di Lecce, che ha analizzato,
per un periodo seppur breve di soli quattro mesi (dic. 2001-marzo 2002)
campioni di arie e di acque piovane in 20 comuni della parte nord della provincia
di Lecce per determinare lo stato dell’ambiente considerando sia il polo
industriale di Brindisi sia di Taranto, abbinandone i risultati ad indagine
presso i medici di famiglia e riscontrando una consistente rilevanza di
patologie polmonari anche su base allergica, ma una ancor più grande incidenza
di fenomeni irritativi di vario genere ed entità, giungendo anche ad importanti
osservazioni sull’incremento di patologie tumorali polmonari in soggetti non
fumatori, unitamente ad altri tipi di tumori quali leucemie e linfomi: dati da
analizzare con prudenza, ma che non possono non dare da pensare. A ciò si aggiunga un particolare
estremamente importante, la presenza di radioattività (studi americani recenti,
ma dati già conosciuti, vedasi “L’Unità” del 23/7/1979): il carbone, come del
resto tutti i terreni e le rocce, contiene tracce di Uranio e di Torio, tracce
variabili come quantità, a seconda della miniera di estrazione, che da
infinitesimali a possono diventare anche tali da considerare il carbone addirittura
quasi come uranio grezzo (una miniera del New Mexico). Ma anche considerando le
percentuali infinitesimali, su notevoli quantità di carbone bruciato (stiamo
arrivando a 11 milioni di tonnellate all’anno) queste si sommano nelle ceneri
residue ed emesse, cumulando i valori di radioattività rendendoli non più
trascurabili, tant’è vero che vari studi, in vari tempi, dimostrano che le
emissioni radioattive di una centrale a carbone sono più consistenti di una
centrale nucleare di pari potenza: e persistiamo nel definire i nostri paesi e
città Comuni “DENUCLEARIZZATI”! La soluzione ora è a portata di
mano con la conversione delle centrali da carbone a gas naturale,
trasformazione che l’Enel sembra disposta ad effettuare qualora venga reso
disponibile il gas ed esprimendosi a favore della realizzazione del
rigassificatore (Repubblica Bari del 29/11/05): invece del silenzio oggi è
necessario agire e nel più breve tempo possibile, perché se c’è la possibilità
di affrontare il problema carbone, viste le gravi conseguenze sopra descritte,
questa azione diventa un imperativo categorico per chi ha avuto un mandato dai
cittadini, imperativo al quale non ci si può sottrarre. Noi cittadini abbiamo
diritto di vedere l’azione ed oggi che i mezzi sussistono non bisogna caracollare,
bisogna correre. *Presidente
Associazione Kalejdos Salento
|
|
|