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La politica che non c'è |
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In Italia la politica sembra
essere defunta. Non la fa chi è al governo, perso tra colpi di maggioranza,
lodi e decreti salva manager ritirati all’ultimo. I senatori della maggioranza
hanno acquisito le sembianze di avidi turisti giunti nella capitale grazie a
precari tour operator per anziani. Schifani li ha richiamati prontamente
all’ordine, poco prima che l’aula di Palazzo Madama istituzionalizzasse la
figura del pianista, il parlamentare che vota anche per i colleghi dalle dita
stanche. La politica è tornata ad essere quella delle famigerate leggi ad
personam, delle immunità per le alte cariche, delle incomprensioni a livello
europeo, dei distinguo e delle rettifiche. In Italia non fa politica
nemmeno l’opposizione, che, uscita con le ossa rotte dalle urne, fatica a
rialzarsi definitivamente. Tra un governo ombra, insaporito di acido
immobilismo, e una voglia ansiosa di riempire le piazze in cerca di consensi,
che al momento del voto puntualmente si volatilizzano. Veltroni parla e ammira
Obama, suo modello e alter ego statunitense. Forse ignora che Obama, in caso di
sconfitta elettorale, sparirebbe dalla scena politica americana, dandosi a
miglior vita. Nel nostro paese, invece, le rese dei conti vengono rinviate sine
die. Ne dà una prova il Partito Democratico, che nonostante la sonora sconfitta
di aprile non ha ancora messo alla porta i responsabili. Quanto meno sarebbe
utile conoscere le loro generalità. Il palco del Circo Massimo
ospitava intelligentemente uno studente, un insegnante e un immigrato, ma
ospitava anche l’entourage politico presente lì da decenni. Se il ricambio non
avviene dopo le batoste, quando allora?
La piazza non era riempita in
onore di Veltroni o in onore del Partito Democratico, o, peggio, in onore
dell’Italia dei Valori e Di Pietro, il quale dopo essersi scannato con il PD in
pubblica piazza, ne sfrutta la piazza a scopi propagandistici. La piazza era riempita da gente
mossa da una profonda rabbia e una montante inquietudine. Cittadini semplici
con la paura di veder i risparmi svanire a causa di una crisi finanziaria che
arriva da oltreoceano, genitori di figli che verranno penalizzati da una
riforma frettolosa della scuola e delle università, anziani a rischio
sopravvivenza, precari che al di là dei proclami elettoralistici vedono i loro
problemi irrisolti. La stragrande maggioranza dei manifestanti presenti al Circo Massimo era cosciente di
quanto sia facile riempire le piazze in periodi di opposizione e quanto sia
difficile governare e cambiare davvero la realtà dei fatti quando se ne ha la
possibilità. Non tutti ne sono capaci, forse anche coloro i quali erano alla
guida del paese fino ai primi mesi di quest’anno. Entrare nel merito dei
contenuti di Veltroni è puro esercizio di retorica. Belle parole, programmi
chiari e progetti decisi. Ma con quale obiettivo? Gli elettori di
centrosinistra hanno ben note le difficoltà di governo che incontra la loro
compagine politica. Dopo una sconfitta si dovrebbe voltare pagina, attraverso un
sommovimento di quell’establishment che giocoforza si è reso artefice della
débacle. Ma per farlo serve onestà e coraggio. E nessun politico italiano
attualmente è fornito di queste qualità. La moltitudine di Roma avrà
ricordato a chi è al governo che in democrazia c’è sempre qualcuno che la pensa
diversamente e che forse, ma si!, ha spirito critico e che una maggioranza
parlamentare non è un lasciapassare assoluto per fare e disfare. Non contano i numeri, i due milioni e mezzo
secondo gli organizzatori, o i duecentomila che sono passati da Gasparri a
timbrare il cartellino. Conta la sostanza. Conta la
paura della gente normale, che continua a vedere irrisolti i propri problemi da
una classe politica stanca e arroccata ai propri vertici, capace di parlare di
futuro ma incapace di fare il possibile per renderlo vivibile.
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