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La politica che non c'è
  
di Lucio LUSSI

LA POLITICA CHE NON C’E’

In Italia la politica sembra essere defunta. Non la fa chi è al governo, perso tra colpi di maggioranza, lodi e decreti salva manager ritirati all’ultimo. I senatori della maggioranza hanno acquisito le sembianze di avidi turisti giunti nella capitale grazie a precari tour operator per anziani. Schifani li ha richiamati prontamente all’ordine, poco prima che l’aula di Palazzo Madama istituzionalizzasse la figura del pianista, il parlamentare che vota anche per i colleghi dalle dita stanche. La politica è tornata ad essere quella delle famigerate leggi ad personam, delle immunità per le alte cariche, delle incomprensioni a livello europeo, dei distinguo e delle rettifiche.

In Italia non fa politica nemmeno l’opposizione, che, uscita con le ossa rotte dalle urne, fatica a rialzarsi definitivamente. Tra un governo ombra, insaporito di acido immobilismo, e una voglia ansiosa di riempire le piazze in cerca di consensi, che al momento del voto puntualmente si volatilizzano. Veltroni parla e ammira Obama, suo modello e alter ego statunitense. Forse ignora che Obama, in caso di sconfitta elettorale, sparirebbe dalla scena politica americana, dandosi a miglior vita. Nel nostro paese, invece, le rese dei conti vengono rinviate sine die. Ne dà una prova il Partito Democratico, che nonostante la sonora sconfitta di aprile non ha ancora messo alla porta i responsabili. Quanto meno sarebbe utile conoscere le loro generalità.

Il palco del Circo Massimo ospitava intelligentemente uno studente, un insegnante e un immigrato, ma ospitava anche l’entourage politico presente lì da decenni. Se il ricambio non avviene dopo le batoste, quando allora?  

La piazza non era riempita in onore di Veltroni o in onore del Partito Democratico, o, peggio, in onore dell’Italia dei Valori e Di Pietro, il quale dopo essersi scannato con il PD in pubblica piazza, ne sfrutta la piazza a scopi propagandistici.

La piazza era riempita da gente mossa da una profonda rabbia e una montante inquietudine. Cittadini semplici con la paura di veder i risparmi svanire a causa di una crisi finanziaria che arriva da oltreoceano, genitori di figli che verranno penalizzati da una riforma frettolosa della scuola e delle università, anziani a rischio sopravvivenza, precari che al di là dei proclami elettoralistici vedono i loro problemi irrisolti. La stragrande maggioranza dei manifestanti  presenti al Circo Massimo era cosciente di quanto sia facile riempire le piazze in periodi di opposizione e quanto sia difficile governare e cambiare davvero la realtà dei fatti quando se ne ha la possibilità. Non tutti ne sono capaci, forse anche coloro i quali erano alla guida del paese fino ai primi mesi di quest’anno. Entrare nel merito dei contenuti di Veltroni è puro esercizio di retorica. Belle parole, programmi chiari e progetti decisi. Ma con quale obiettivo? Gli elettori di centrosinistra hanno ben note le difficoltà di governo che incontra la loro compagine politica. Dopo una sconfitta si dovrebbe voltare pagina, attraverso un sommovimento di quell’establishment che giocoforza si è reso artefice della débacle. Ma per farlo serve onestà e coraggio. E nessun politico italiano attualmente è fornito di queste qualità.

La moltitudine di Roma avrà ricordato a chi è al governo che in democrazia c’è sempre qualcuno che la pensa diversamente e che forse, ma si!, ha spirito critico e che una maggioranza parlamentare non è un lasciapassare assoluto per fare e disfare.  Non contano i numeri, i due milioni e mezzo secondo gli organizzatori, o i duecentomila che sono passati da Gasparri a timbrare il cartellino.

Conta la sostanza. Conta la paura della gente normale, che continua a vedere irrisolti i propri problemi da una classe politica stanca e arroccata ai propri vertici, capace di parlare di futuro ma incapace di fare il possibile per renderlo vivibile.

 

 


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