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Povera Betlemme!
  
di Carlo SAVINI

POVERA BETLEMME

Sì, povera Betlemme dimenticata, rinnegata, divenuta luogo di contestazioni e lotte fra popoli e fedi. Dimenticata da una società edonistica che sembra voler ignorare ciò vi avvenne due millenni or sono e sopire l’insegnamento che da essa scaturisce. Rinnegata nella suggestiva tradizione plurisecolare della rievocazione del Presepio sulle orme di Francesco il Poverello di Assisi con il primo Presepe vivente a Greccio e poi divenuto caratteristico delle feste natalizie nelle famiglie e nelle comunità anche civili.

Oggi ne prende sempre più il posto l’Albero di Natale, ricco addobbo ma senza alcun significato natalizio nelle sue origini nordeuropee di festeggiamento della fine dei raccolti e dei lavori agricoli. O peggio ancora il fatto che in diverse città, da Chicago a Saragozza fra le prime, si è posto il divieto a rievocazioni della Natività “per non offendere i non cristiani durante lo shopping natalizio”. Ma quale shopping “natalizio” se non ci credono? Ma perché non rispettare anche e soprattutto i sentimenti della maggioranza della popolazione che è cristiana? I grandi magazzini stanno eliminando la vendita dei personaggi e delle ambientazioni dei Presepi “perché non si vendono più”. Non si vendono per l’alto e immotivato prezzo imposto a produzioni industriali in serie ed a bassissimo costo.

È vero tuttavia che purtroppo in tante case anche con bambini non si fa più il Presepio, perdendo così un simbolo di alto valore umano ed educativo, un richiamo simbolico a tanta povertà dei nascituri in gran parte del mondo. Non è un riandare ai “bei tempi passati”  quando i nonni, genitori, zie e zii, fratelli e sorelle costruivano il Presepe, quando insieme, davanti ad esso, con i bambini estatici e con occhi sgranati, si festeggiava il Natale. Era una cosa bella e commovente, carica di buoni sentimenti e grande umanità, una cosa che stimolava ad azioni di fraterno aiuto ai più bisognevoli, a cominciare dai fanciulli del terzo mondo ed oggi a quelli della stessa Betlemme colpita da lotte fratricide fra Palestinesi e Israeliani, con famiglie, parentele e amicizie divise da muri, reticolati, posti di blocco, penurie di cibi e assistenza.

Anche per tanti di noi, come per troppi responsabili di quei luoghi e di quel territorio, sembra non avere senso il messaggio del cielo sopra Betlemme “Pace in terra agli uomini di buona volontà”.

Facciamo pure l’Albero di Natale, ma non abbandoniamo la tradizione del Presepio nelle nostre case, patrimonio della nostra identità e della nostra tradizione famigliare più genuina, almeno come simbolo di auspicio per una pace ritrovata fra i popoli, fra le comunità, non sottovalutando anche il valore civile di tanta parte delle nostre popolazioni, pur nel rispetto degli “ospiti” stranieri di altre fedi, chiamati anch’essi a rispettare i simboli della nostra.

Sarebbe questo il modo per sentirci maggiormente tutti più uniti al di là  delle differenze di usi e costumi, pur senza rinnegare la nostra identità storica. E facciamo anche l’Albero di Natale che faccia da sfondo al Presepio. Non diventino le nostre case simili agli alloggiamenti della Betlemme di 2000 e più anni fa dove per una donna partoriente, Maria, per il Nascituro e per Giuseppe “non c’era più posto”. Sarebbe una cosa triste e contraria a ciò che invece vogliamo festeggiare.

 

 

 


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