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Povera Betlemme! |
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Sì, povera Betlemme dimenticata,
rinnegata, divenuta luogo di contestazioni e lotte fra popoli e fedi.
Dimenticata da una società edonistica che sembra voler ignorare ciò vi avvenne
due millenni or sono e sopire l’insegnamento che da essa scaturisce. Rinnegata
nella suggestiva tradizione plurisecolare della rievocazione del Presepio sulle
orme di Francesco il Poverello di Assisi con il primo Presepe vivente a Greccio
e poi divenuto caratteristico delle feste natalizie nelle famiglie e nelle
comunità anche civili. Oggi ne prende sempre più il
posto l’Albero di Natale, ricco addobbo ma senza alcun significato natalizio
nelle sue origini nordeuropee di festeggiamento della fine dei raccolti e dei
lavori agricoli. O peggio ancora il fatto che in diverse città, da Chicago a
Saragozza fra le prime, si è posto il divieto a rievocazioni della Natività
“per non offendere i non cristiani durante lo shopping natalizio”. Ma quale
shopping “natalizio” se non ci credono? Ma perché non rispettare anche e
soprattutto i sentimenti della maggioranza della popolazione che è cristiana? I
grandi magazzini stanno eliminando la vendita dei personaggi e delle
ambientazioni dei Presepi “perché non si vendono più”. Non si vendono per
l’alto e immotivato prezzo imposto a produzioni industriali in serie ed a
bassissimo costo. È vero tuttavia che purtroppo in
tante case anche con bambini non si fa più il Presepio, perdendo così un
simbolo di alto valore umano ed educativo, un richiamo simbolico a tanta
povertà dei nascituri in gran parte del mondo. Non è un riandare ai “bei tempi
passati” quando i nonni, genitori, zie
e zii, fratelli e sorelle costruivano il Presepe, quando insieme, davanti ad
esso, con i bambini estatici e con occhi sgranati, si festeggiava il Natale.
Era una cosa bella e commovente, carica di buoni sentimenti e grande umanità,
una cosa che stimolava ad azioni di fraterno aiuto ai più bisognevoli, a
cominciare dai fanciulli del terzo mondo ed oggi a quelli della stessa Betlemme
colpita da lotte fratricide fra Palestinesi e Israeliani, con famiglie,
parentele e amicizie divise da muri, reticolati, posti di blocco, penurie di
cibi e assistenza. Anche per tanti di noi, come per
troppi responsabili di quei luoghi e di quel territorio, sembra non avere senso
il messaggio del cielo sopra Betlemme “Pace in terra agli uomini di buona
volontà”. Facciamo pure l’Albero di
Natale, ma non abbandoniamo la tradizione del Presepio nelle nostre case,
patrimonio della nostra identità e della nostra tradizione famigliare più
genuina, almeno come simbolo di auspicio per una pace ritrovata fra i popoli,
fra le comunità, non sottovalutando anche il valore civile di tanta parte delle
nostre popolazioni, pur nel rispetto degli “ospiti” stranieri di altre fedi,
chiamati anch’essi a rispettare i simboli della nostra. Sarebbe questo il modo per
sentirci maggiormente tutti più uniti al di là
delle differenze di usi e costumi, pur senza rinnegare la nostra
identità storica. E facciamo anche l’Albero di Natale che faccia da sfondo al
Presepio. Non diventino le nostre case simili agli alloggiamenti della Betlemme
di 2000 e più anni fa dove per una donna partoriente, Maria, per il Nascituro e
per Giuseppe “non c’era più posto”. Sarebbe una cosa triste e contraria a ciò
che invece vogliamo festeggiare.
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