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La Mafia punta al potere
NO alla cultura socio-mafiosa / L'intervista   
di Gabriele VERGALLO

Luigi Budano, l’Associazione contro la cultura socio-mafiosa è una realtà che lei ha creato qualche anno fa nel Salento, ci di

Presidente Budano, l’Associazione Contro la Cultura Socio-Mafiosa è una realtà che lei ha creato qualche anno fa nel Salento, quali sono i suoi scopi e  i suoi progetti in essere?

È nata dallo spunto che è venuto dalla mia stessa esperienza di vita personale, dalla mia lotta alla mafia. Una lotta che ho vissuto da protagonista. Tutto iniziò nel 1990 a Milano con il processo Wall Street affidato al giudice Armando Spadaro. Volli da subito schierarmi dalla parte di chi la mafia la contrastava, ne avevo fin sopra i capelli delle intimidazioni, anche quelle psicologiche, che la mafia mi riservava con attenzione perché imprenditore. Ma il senso vero dell’associazione è nel suo aspetto culturale, perché lo scopo è quello di voler incidere sulla cultura e sulle coscienze del nostro territorio, luogo che una volta sembrava essere il paradiso ma che invece già da vent’anni è terreno fertile per l’attecchire della mafia. Bisogna intervenire proprio sul piano culturale per abbattere il racket, il pizzo, e tutto ciò che ne consegue. E poi, essendo la nostra cultura molto simile a quella siciliana, campana e calabrese, i rischi, vedendo i destini altrui, risultano altissimi; va detto però che abbiamo un vantaggio rispetto alle altre realtà del sud e noi dobbiamo sfruttarlo per evitare di riempire i nostri quotidiani con fatti di cronaca nera.

L’Associazione conta diverse centinaia di iscritti e numerosi sono anche gli assistiti, ed avete molti contatti con il mondo produttivo e del commercio. Si può fare un primo bilancio sulla questione mafiosa nel Salento?

Abbiamo presentato alla Prefettura di Lecce una relazione dal titolo “Lavoro nero, lavoro parallelo”, questo documento illustrava le diverse forme del pizzo e che ha dato molti spunti ad altrettante iniziative della Guardia di Finanza. In questa relazione addirittura denunciavamo un fenomeno spesso ignorato: l’esistenza del malaffare  anche negli ambienti vicini ed interni ad alcune istituzioni locali. Alla luce di alcune indagini deduco che la magistratura oggi dà molto rilievo anche a questi aspetti. Inoltre abbiamo 160 assistiti, fra chi ha già denunciato e chi è in prevenzione, che sono vittime dell’usura, altro fenomeno che da molti viene visto come un qualcosa di ordinario, quasi normale. Rileviamo che sono altissimi i casi che non sono denunciati. Nonostante tutte queste orribili realtà qualcuno paradossalmente insiste nell’affermare che il Salento non è terra di mafia. Io invece ripeto che la mafia e la cultura mafiosa puntano al potere, quello vero; ed è proprio per questo, con il fine di spegnere questi focolai, che io chiedo l’impegno di tutti i politici, di tutti i professionisti e di tutte le istituzioni. Ma vorrei, anche per non sembrare un catastrofista, rendere noto che grazie al nostro lavoro di collaborazione con alcune istituzioni siamo riusciti a realizzare risultati benaugurati come l’istituzione di discipline che studiano i fenomeni mafiosi presso l’Università di Lecce. Ciò significa che i professionisti del futuro conosceranno realmente la mafia e magari la speranza di sconfiggerla potrà prendere corpo.

Quindi la mafia si combatte con la cultura?

Rispondo dicendo che quando fui costretto, con una pistola alla tempia, a cedere i miei beni, ai miei aguzzini promisi che avrei continuato a combatterli con la mia penna. Quindi la malavita si combatte prevalentemente  con la cultura e con il risveglio delle coscienze, con i grandi esempi e con forti simboli.

Recentemente si è letto sui giornali locali che lei si presentava dimissionario dalla sua carica di presidente dell’associazione. Ci spieghi i motivi che hanno determinato questa sua decisione. Cosa è accaduto?

Mi hanno isolato da tutto e da tutti, lasciandomi alla mercé di ogni intimidazione e di ogni minaccia. La mia azienda, che ha sempre lavorato con una certa regolarità, non lavora più da due anni, e non credo di essere più sfortunato di tanti altri imprenditori. Qualcuno, per il ruolo che rappresento e la battaglia che conduco, avrebbe dovuto supportarmi. Invece ho sentito un assordante silenzio. Mi hanno chiuso ogni porta. Nonostante tutto questo ho continuato, con l’associazione, ad incitare gli assistiti affinché denunciassero. Ma non posso nascondere che il tentativo di ledere la mia dignità, colpendo il mio lavoro e minando la serenità della mia famiglia, è in atto. Quindi la conseguenza più immediata non poteva che essere un mio ritiro dall’associazione.

Sempre dalla stampa locale si è appreso qualcosa di nuovo: Luigi Budano, presidente dimissionario, è stato contattato dalle Istituzioni, in particolare dalla Provincia di Lecce con l’invito a non abbandonare. C’è qualche progetto in cantiere?

La Provincia mi ha contattato nella persona dell’assessore Carlo Madaro che mi ha voluto gratificare con le sue parole dicendomi che l’associazione è patrimonio di tutti e che il mio impegno personale è necessario alla comunità. Sono affermazioni che mi toccano e che mi inorgogliscono. L’assessore, in linea di massima, mi ha dato disponibilità per progettare interventi congiunti fra ente Provincia ed associazione. Il primo progetto che presenteremo all’attenzione della Provincia è il “Nuovo Ambulatorio Antiusura”, questo è un intervento indirizzato verso una  proposta importante e innovativa: la gestione dei fondi di prevenzione della Legge 108 in affidamento ed in  amministrazione istituzionale eseguita dai vari comuni. Peraltro ogni comune della provincia potrebbe istituire un proprio confido a cui potrebbero attingere i cittadini in gravi difficoltà. Sono le istituzioni, Stato compreso, che devono garantire le risposte alle difficoltà emergenti a causa della mafia e della cultura socio – mafiosa.

Concludendo, pare di vedere un’Associazione libera dai vincoli con la politica. Conferma?

Se si riferisce alla mia candidatura alle ultime regionali con la lista di Alleanza Nazionale le rispondo che si tratta di un’esperienza in cui l’associazione non era coinvolta. Ma oggi come allora confermo di essere uno di voi contro la cultura socio-mafiosa.         

 

 


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