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Il sito archeologico sotterraneo "Excubitorium"

  
di Roberta AIELLO

Excubitorium

I “vigili del fuoco” dell’Impero romano

L’Escubitorio “excubitorium” era una caserma dove i vigili del fuoco dell’antica Roma esercitavano la loro mansione. Il vocabolo viene dal latino “ex-cubare”, cioè dormire fuori, vigilare, fare la guardia. Esso si trova nel cuore di Trastevere, nell’attuale Piazza Sonnino, nei pressi di Piazza Mastai, ad otto metri di profondità rispetto al livello stradale attuale; fu rinvenuto nel 1866, durante il corso di scavi intrapresi per il recupero di opere d’arte ma è solo nel 1966 che si è proceduto al restauro fino al 1986, anno in cui vennero ultimati. Un tempo, a Roma, esistevano le “cohortes vigilum” che operavano sia come le nostre attuali forze d’ordine notturne che come vigili del fuoco. Creati nel 6 d.C da Ottaviano Augusto, erano strutturati su sette “coorti”, una ogni due “regiones” in cui era divisa Roma, mantenendo per ogni “coorte” uno “statio” (comando) in una “regione” e un “excubitorium” nell’altra. Il loro motto era: “Ubi dolor ibi vigiles” (dove c’è il dolore ci sono i vigili). L’imperatore Claudio fece poi porre di distaccamento una “coorte” a Ostia e una a Puteoli (Pozzuoli), che erano i due porti d’importanza capitale per l’approvvigionamento della città. I “vigilum” avevano particolari impegni tra cui: l’addetto alla pompa antincendio, il “siphonarius” aiutato dall’“aquarius”, poi v’era l’incaricato alle stoffe imbevute di sostanze ignifughe, “centonae”, infine l’“uncinarius” ed il “falciarius”, muniti di ganci  e roncole per la demolizione e lo sgombero di materiali già aggrediti dalle fiamme.

A Roma l’incendio ed i crolli erano una vera e propria consuetudine e molte erano le cause che alimentavano ed innescavano gli incendi: il legno era, infatti, parecchio adoperato nelle costruzioni, inoltre, negli alloggi, ardevano i camini a legna e le strade erano illuminate dalle torce. D’altra parte, l’impossibilità di trasportare l’acqua ai piani superiori dei grandi fabbricati, le “insulae”, per mancanza di colonne montanti, faceva diventare molto difficile riuscire a spegnere un incendio con il solo aiuto di orci e catini. La I delle sette “Cohortes Vigilum” si estendeva dall’attuale Piazza SS. Apostoli a Via del Corso, la III era sul Vicinale, la IV sull’Aventino, la V sul Celio e la VII, l’Excubitorium si trovava in “Transtiberius” (Trastevere). Chi ci va in visita oggi, all’interno trova un grande atrio con al centro i resti di una fontana di forma esagonale; al centro di una parete vi è una nicchia (larario) dove un tempo c’era la statua di una piccola divinità protettiva, il Genio della Caserma (Genius Excubitorii).

Di tutti gli affreschi preesistenti, rimangono quelli sulla sommità delle pareti: fasce di colore rosso ed un motivo architettonico di colonne sorreggenti architravi, con ghirlande e gracili figure su fondo bianco. Da vecchie riproduzioni sono visibili due tritoni, uno tiene un grande tridente ed una fiaccola spenta, simboleggiante il fuoco domato, l’altro ha una fiaccola accesa ed indica il mare, cioè l’acqua per spegnere il fuoco. Nella stanza situata ad ovest, con il pavimento in cocciopesto, interrotto al centro da un chiusino, vi era un bagno; accanto c’è un androne ed un locale con un dolio (sorta di vaso) interrato, affacciato su un’area priva di lastricato. Durante lo scavo furono raccolti diversi voti fittili, tutti uguali, raffiguranti il busto di una donna con capo velato, un busto di Alessandro Severo (ora conservato in Vaticano) e una fiaccola in bronzo, scomponibile in quattro parti con un contenitore per l’olio a forma di fiamma (ora di proprietà del Comune di Roma).

Grazie a trascrizioni edite subito dopo il rinvenimento, si è risaliti alla presenza di incisioni (scomparse quasi del tutto ma fortunatamente trascritte) tracciate dai militi sulle pareti, nei momenti di riposo. Una di queste incisioni parla di “sebaciaria”: un servizio notturno di vigilanza della città alla luce di torce di sego (sebum); esso inizia con auguri di ogni bene agli Imperatori (da Caracalla a Gordiano II), seguivano voti e omaggi agli Dei. Una frase dice: “feci le sebaciarie nel mese di…e per tutto il mese di…”; un’altra precisa: “Lassus sum. Sucessorem date” (sono stanco, datemi il cambio). Senz’altro doveva trattarsi di incarichi speciali e faticosi, espletati accanto a quelli di “pompiere”; quindi, oltre che agli incendi, il corpo dei “vigilum” doveva provvedere alla protezione contro scassinatori e furfanti, in una Roma dove sempre più frequenti erano le ruberie.

 

 

 


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