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Fatti e misfatti d'Italia, a che punto siamo! |
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Al di là di quelle che possono
essere le parole, le frasi ad effetto, gli slogan, le enfatizzazioni
concettuali, che vengono utilizzate per marcare ed evidenziare il percorso
politico, per ammonire ed indicare le strategie, gli obiettivi ed i risultati
della propria parte politica, non vi è dubbio che nella agenda politica
italiana molti nodi sono ancora da sciogliere, molti argomenti cruciali sono
ancora all’ordine del giorno, molti aspetti devono ancora essere chiariti,
molte insidie sono ancora presenti con un detonatore sempre pronto alla
deflagrazione. Molta chiarezza deve essere ancora fatta. Al di là di ciò che lasciano intravedere i meeting, le
feste di partito, gli incontri ed i dibattiti che animano da sempre l’estate
italiana, al di là del bilancio politico dei primi cento giorni di governo,
rimangono infatti in tutta evidenza ed anzi vengono rafforzate alcune questioni
di fondo che agitano, in maniera non certo indolore, la politica italiana e che
rendono così sempre più intenso e preoccupante lo scontro ideale e dialettico
fra le due componenti di questo nostro sempre più imperfetto e fragile
bipolarismo. Uno scontro non certo indolore e scevro da ripercussioni negative
per il Paese nella sua globalità, con un ouput che diventa frenante per la
dinamicità che la politica può e deve dare. Problemi attuali pressanti che
derivano innanzitutto dal delicatissimo momento economico, dall’andamento del
mercato italiano rispetto a quello europeo o mondiale, dagli impegni presi con
i partner europei, dalle scelte che una finanziaria seria e lungimirante deve
contenere, dalle insidie che provengono da un Medio Oriente a forte instabilità
politica ed ancora insanguinato per i continui focolai terroristici esistenti in
Afghanistan ed in Iraq, dal futuro di una fragilissima tregua nel conflitto
israelo-libanese e dunque da una politica estera che impone scelte immediate in
un contesto europeo e mondiale ancora non del tutto chiaro e definito. Ma anche
quelli che derivano dal ristretto margine che il centro sinistra presenta al
Senato per quella vittoria zoppa che ha contraddistinto le ultime elezioni e
che di fatto rende più difficile il cammino legislativo della maggioranza con
un fin troppo facile ricorso al voto di fiducia, con una estenuante ricerca del
consenso su ogni singola disposizione parlamentare e di governo. Problemi quotidiani, centrali e
specifici verso i quali bisogna rispondere con la determinazione, il coraggio e
la chiarezza dovuti. Di fronte ai quali si avverte pienamente il bisogno di
indirizzi non solo programmatici ma eminentemente pratici ed operativi che
provengano innanzitutto dall’area governativa ma che nel contempo offrano la
possibilità all’opposizione di contrapporre le ragioni ed il modello alternativo,
alimentando così una utile dialettica parlamentare e politica, fisiologica e
proficua per tutti. Ma il panorama politico di questi mesi ripropone altre
questioni che fino ad oggi non trovano soluzioni possibili sempre in balia di
altalenanti accelerazioni e di improvvise decelerazioni. Problemi sollevati da
più parti ed evidenziati a più riprese che riguardano la nazione intera ed il
sistema politico nella sua interezza. Ed in primo luogo allora la
richiesta sempre più pressante del ritorno al dialogo, al riconoscimento
reciproco che deriva dalle parole del Capo dello Stato. Un ritorno o forse
l’avvio per la prima volta di un dialogo costruttivo, sano, senza infingimenti,
chiaro, fra i leader, fra i partiti, fra governo ed opposizione, nel segno del
rispetto reciproco e della piena legittimazione. Un dialogo necessario ed utile
a maggior ragione dopo il dato elettorale che ha consegnato un Paese spaccato a
metà, ma che non ha trovato fino ad oggi terreno fertile da un lato per la
mancanza di un equilibrato coinvolgimento della minoranza nelle cariche
istituzionali e per la dichiarata volontà di rigettare completamente gran parte
del dettato legislativo che è derivato dalla passata stagione di governo del
centro destra, dall’altro per il mancato riconoscimento da parte di Berlusconi
della vittoria elettorale dei partiti dell’Unione. E gli inizi dei lavori
parlamentari e governativi indirizzano verso questo percorso. Basti pensare alla immediata revisione della legge Moratti, alla messa
in discussione della Legge Biagi sul lavoro, della Bossi Fini
sull’immigrazione, della riforma della Giustizia, all’ipotesi di conferimento
della cittadinanza italiana agli immigrati dopo cinque anni, alla revisione
annunciata della legge Gasparri o quella sul conflitto d’interessi che è
attualmente al centro del dibattito all’interno della maggioranza od ancora la
possibilità di rivedere la legge sulla fecondazione assistita o le linee guida
della legge 40. Temi politici che sono stati i pilastri su cui ha poggiato l’azione
del precedente governo. Ma ancor di più le difficoltà che oggettivamente
incontrano i principali e più significativi partiti di ambedue le coalizioni
nel configurare la possibilità di dare vita finalmente a grandi contenitori che
si riconoscano nelle più grandi famiglie europee ed occidentali del partito
democratico e di quello popolare. Un percorso non solo ideale ma anche
interpretativo ed organizzativo che sembra sin dall’inizio fin troppo
accidentato, con facili entusiasmi e con altrettante immediate distinzioni fin
troppo negative. Un problema indubbiamente aperto
su cui bisognerà continuare a riflettere ed a spendere più di una energia. Un
processo politico che alla lunga, con il concorso ed il convincimento di tutti,
riuscirà forse a dare quella agibilità politica che oggi indubbiamente manca e
a rendere più omogenee ed affini le coalizioni nel loro interno, ponendo così
fine a quei sogni e a quei progetti non certo sopiti di restaurazione di un
centro politico onnivoro che oggi sono presenti nelle menti politiche forse di
molti. Per ultimo, ma non certo per importanza, il problema di leadership
presente oggi nel centrodestra e la fibrillazione del tutto evidente che agita
gli ex partiti di governo che sembrano non riuscire a trovare un comune denominatore
politico con troppi silenzi e troppi distinguo, con troppe fughe in avanti, con
progetti di larghe intese o di irrobustimento della maggioranza, che non
aiutano ad offrire una chiarezza politica, ad evidenziare un progetto
alternativo, a rappresentare degnamente quell’altra metà d’Italia destinata altrimenti ad essere orfana di un
riferimento politico sicuro.
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