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"La morte domesticata"
I reperti di Grotta Cappuccini in esposizione a Galatone “raccontano” un capitolo affascinante della presistoria   
di Luigi TRAVERSO

La vita quotidiana di una comunità salentina alla fine del III° Millennio a

La vita quotidiana di una comunità salentina alla fine del III°  Millennio a.C.

 

“La morte domesticata”, è questo il titolo della mostra, inaugurata il 16 Luglio e visitabile fino al 30 Settembre, presso un’ala del Palazzo baronale di Galatone.

Si tratta di un evento culturale di notevole significato per l’importanza del contesto, la grotta dei Cappuccini, una cavità carsica del territorio galateo frequentata come luogo di sepoltura - oltre 300 le inumazioni individuate - per varie generazioni tra il 2500 e il 2000 a.C circa.

Scoperta casualmente in occasione di lavori di scavo di un pozzo nero in via S. Nicolò di Pergoleto, la grotta è stata accuratamente indagata tra il 1981 ed il 1988 dal Prof. Giuliano Cremonesi, uno dei “pionieri” della ricerca archeologica preistorica nel Salento.

I corredi funerari esposti per la prima volta nella città di provenienza, sono costituiti da vasi in ceramica d’impasto (argilla non depurata) modellati a mano, oggetti di uso quotidiano (affilatoi in pietra) e di ornamento personale (pendagli di vario materiale; vaghi di collana).

Le ceramiche sono decorate da bande orizzontali con motivi geometrici incisi sull’argilla cruda prima della cottura o con “pastiglie” di argilla applicate sulla superficie esterna del vaso.

Le forme ceramiche (bicchieri e boccali) e il tipo di decorazione, sono quelle tipici della “cultura” di Laterza- Cellino, una civiltà agro-pastorale, fiorita nella nostra regione tra III e II millennio a.C.

I reperti esposti in una sala luminosa con un apparato didascalico semplice ma efficace, raccontano molte cose sulla società di quel tempo: ad esempio, il bastone in arenaria, una sorta di scettro che denotava un capo tribù od un personaggio autorevole del villaggio, indica l’emergere di individui che si distinguono dagli altri per ricchezza e prestigio sociale.

Si colgono così i “segni” di quelle trasformazioni che porteranno in seguito al formarsi di una vera e propria gerarchia ed articolazione sociale.

Che il Salento non fosse una regione marginale ed isolata, emerge dal fatto che nei corredi  appaiono oggetti importati dal nord Italia, dove fioriva nello stesso periodo la civiltà delle “Terremare”, oltre a quelli provenienti dal bacino orientale del Mediterraneo.

Tra i reperti più singolari e curiosi, un bottone in osso di tipo “Montgomery”, che pur non avendo naturalmente nulla a che fare col generale inglese, ha sorprendentemente una forma molto simile a quella dei cappotti che portano il suo nome.

I pendenti su canino di cervo, su dente si squalo, o su conchiglia documentano la presenza in quell’epoca di animali terrestri e marini ormai estinti e quindi di un clima completamente diverso.

Pur trovandoci in un periodo compreso tra l’età del Rame e quella del Bronzo, i metalli sono ancora estremamente rari ed usati per oggetti di pregio che distinguevano le sepolture di personaggi “di rango”.

Dalla grotta dei Cappuccini, che venne frequentata per più secoli, provengono appena cinque pugnali, una lametta ed un frammento di spillone in metallo.

In assenza di informazioni sugli abitati, praticamente sconosciuti, è quasi esclusivamente il corredo funerario a “parlarci” di queste antichissime popolazioni.

Il rapporto dell’uomo con la morte e l’ideologia che sta alla base dei rituali funerari, diventa così l’aspetto che si può meglio ricostruire attraverso la ricerca archeologica. La grotta, tuttavia, non fu soltanto un luogo di sepoltura, ma anche un luogo di culto funerario degli antenati. Essa veniva, infatti, riaperta in occasione di nuove inumazioni durante le quali si effettuavano rituali ed offerte ai defunti e si riallacciavano e tenevano vivi quei rapporti con gli antenati fondamentali per la coesione  società del tempo.

Questo familiarizzarsi con la morte - di qui il titolo della mostra - era anche un modo per rendere meno doloroso il distacco prodotto dalla perdita di un familiare e di un membro della società.

Con la mostra ritorna finalmente nella città salentina dopo oltre vent’anni dal suo rinvenimento, un tassello importantissimo della Preistoria della Puglia; si spera, così, che i corredi di Grotta Cappuccini possano costituire il primo nucleo di un’esposizione permanente e magari, chissà, di un museo civico che illustri la storia del territorio. 

 

 

 


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